venerdì 23 ottobre 2009

Va rivista la deliberazione giuntale n.2220 sugli istituti professionali e si deve perseguire un reale rilancio dell’istruzione professionale trentina

“Va rivista la deliberazione giuntale n. 2220 sugli istituti professionali e si deve perseguire un reale rilancio dell’istruzione professionale trentina”

Con l’approvazione della delibera n. 2220 dell’11 ottobre 2009, la Giunta ha inteso operare un rinnovamento del quadro dell’offerta formativa scolastica trentina.
Trattasi, almeno negli intenti, di una semplificazione della gamma di proposte didattiche, semplificazione che, in effetti, andrebbe a tutto vantaggio degli studenti, che, conseguita la licenza delle scuole medie, troverebbero davanti a loro un ventaglio più chiaro e meno dispersivo di possibilità formative sulle quali investire in vista o di ulteriori studi, in quel caso universitari, oppure di un lavoro.
Ebbene, se questo voleva essere lo spirito della delibera, spirito che peraltro anima l’intera revisione delle offerte didattiche in corso in Italia, occorre sottolineare come sia stato frainteso ed equivocato.
Soprattutto perché gli istituti professionali statali presenti in Trentino verrebbero letteralmente smantellati e suddivisi tra scuole di formazione tecnica e scuole di formazione professionale, scuole che tuttavia non rappresentano, né una né l’altra, una precisa corrispondenza con gli istituti che andrebbero a rimpiazzare sul quadro dell’offerta formativa.
La non corrispondenza tra gli istituti professionali statali e le altre realtà scolastiche è riscontrabile su due livelli.
Anzitutto, è bene ricordare come, mentre le scuole di formazione tecnica offrono a chi le frequenta un insieme di competenze di carattere più teorico, e quelle di formazione professionale, invece, un insieme di competenze più pratiche, gli istituti professionali statali rappresentano una feconda sintesi tra queste due proposte.
Non solo: gli istituti professionali statali rappresentano la sola possibilità per gli studenti trentini interessati alla formazione professionale, di provare ad accedere all’università. Questo perché solo gli istituti professionali statali, di durata quinquennale, rilasciano, come suggerisce la stessa qualifica di “statale”, diplomi riconosciuti dallo Stato come requisiti idonei per l’accesso al mondo universitario.
Di più: questi istituti rivestono un ruolo significativo anche nel contenimento del fenomeno dell’abbandono scolastico, spesso frequente tra quei giovani non intravedono, ad esempio, nella formazione liceale, una reale garanzia per un futuro nel mondo del lavoro.
Oltre alla maldestra conversione degli istituti professionali statali in scuole di formazione professionale e di formazione tecnica - conversione che, a dir il vero, assomiglia più ad una soppressione -, merita di essere sottolineato un altro aspetto di non secondaria rilevanza, ossia l’assenza di corrispettivi di indirizzi, tra l’offerta didattica presente e quella che si verrebbe a configurare.
Un esempio su tutti è quello degli Istituti sociali, che non troverebbero, nel quadro del rinnovamento in corso, alcun corrispettivo formativo.
Il che non rappresenterebbe solo un pesante impoverimento dell’offerta didattica per gli studenti trentini che, conseguita la licenza media, si affacceranno al mondo dell’istruzione media-superiore, ma anche un problema per quei giovani che, per ragioni familiari o altro, fossero iscritti ad un istituto sociale di un’altra realtà, per esempio quella del Veneto o della Lombardia.
Costoro, infatti, se decidessero di trasferirsi coi genitori in Trentino, si troverebbero del tutto impossibilitati a proseguire i loro studi, studi che invece potrebbero continuare praticamente in ogni altra regione d’Italia. Si tratterebbe pertanto di un pesante impoverimento per la scuola trentina, impoverimento che sarebbe bene scongiurare senza per questo paralizzare riforme che pure sono necessarie in vista di una quanto mai auspicata semplificazione del quadro della formazione didattica.
Detta semplificazione, tuttavia, dovrebbe tener conto dell’attuale realtà scolastica trentina senza andare ad impoverire l’offerta formativa presente, a scapito prima di tutto di quei giovani che, senza escludere a priori la possibilità di iscriversi in futuro all’università, preferiscono concentrarsi in primo luogo sulla formazione professionale.
La deliberazione in questione, con le riflessioni ed il dibattito che ha sollevato, induce a porre l’attenzione sull’intero sistema delle scuole professionali esistenti sul territorio provinciale.
Trattasi di un sistema importante nel nostro assetto autonomistico e scolastico che, anche in virtù della particolare potestà legislativa riconosciuta alla Provincia Autonoma di Trento, ha configurato negli anni gli istituti professionali come una realtà utile per molti studenti , anche e soprattutto al fine del loro inserimento nel mondo del lavoro
Peraltro, a distanza di anni dalla loro istituzione, proprio ai fini di un loro miglioramento e promozione, pare quanto meno necessaria una verifica in ordine agli istituti professionali. Non certo con atteggiamenti preconcetti, ma semplicemente perché l’”usura del tempo” richiede un loro rilancio.
Affinché questo si renda davvero possibile, occorre procedere ad una verifica circa i metodi, gli strumenti, i contenuti della formazione professionale.





Ciò premesso il Consiglio della Provincia Autonoma di Trento impegna la Giunta a:

1) bloccare la delibera n.2220 in vista di una più serena e organica revisione del quadro dell’offerta didattica che tenga più conto della realtà presente, senza per questo escludere la possibilità, o meglio l’opportunità, di una semplificazione del quadro formativo delle scuole superiori attualmente presente in Trentino;

2) disporre una verifica sul sistema dell’istruzione professionale esistente in provincia in Trento, in particolare quanto ai programmi, al fine attuali ed all’altezza dei tempi rispetto alla nuova situazione economica che si sta profilando.

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