giovedì 27 agosto 2009

In ricordo di Mariuccia Degasperi

Mi sia concesso, in poche righe, esprimere il dolore ed il cordoglio per un’amica scomparsa, tentando di tributarle, dalle pagine di questo giornale, un estremo omaggio di commiato.

Mi riferisco a Mariuccia Degasperi, colonna e paradigma d’un certo modo di vivere l’impegno politico e la fede personale.


La conobbi grazie alla militanza comune in quella che allora era la Democrazia Cristiana.

Ed amo ricordarla come una sorta di paradigmatica incarnazione di quello che io ho reputato sempre il sano spirito della D.C. Non certo quello ridicolizzato e massacrato che a volte ci viene propinato, né quello tramaccione e corrotto che ha infangato una storia di gran lunga più gloriosa che negativa; bensì quello verace, popolare, sincero, che Mariuccia incarnava.


Di questo spirito popolare – democristiano amo ricordare due caratteri di cui ella era latrice: la mitezza e l’identità.


La mitezza, per il suo carattere affabile gentile, che le garantiva una grande facilità di rapporti umani ed un’istintiva attitudine a fidarsi di lei. Di ciò ha dato per testimonianza anche nell’impegno parrocchiale a Ravina.


L’identità, perché Mariuccia nel proprio impegno politico esprimeva lo spirito identitario cattolico, sottolineando ad ogni piè sospinto la dimensione pure pubblicistica e non meramente individuale e privata della fede.

E ciò è ancora più encomiabile in quanto la Degasperi non ricoprì mai, durante la sua pluridecennale militanza all’ombra dello scudo crociato, incarichi di primo piano, bensì fu un’essenziale presenza che agiva nella discrezione, nella penombra che avvolge ingrata coloro che spesso reggono e faticano forse più di molti di coloro stanno sotto le luci della ribalta.

Mariuccia fu per anni, com’è noto, segretaria particolare dell’assessore Giuseppina Bassetti, coadiuvandola nella visione e nella realizzazione di politiche sociali realmente “rivoluzionarie” e attente alla persona umana, con il tatto e la sensibilità proprie del mondo muliebre.

E poi, valente collaboratrice di alti funzionari.


Cara Mariuccia, certi che la tua presenza non ci ha lasciato, lasciami esclamare che continuerò a sentirti vicina, lottando per quegli ideali che tanto ci hanno affratellati, e che non passeranno.


Arrivederci, amica mia!

Cons. Pino Morandini

Quanto ho fatto per le OSS... (risposta ad una lettrice disattenta)

Egregio Direttore
Purtroppo è tristemente vero l’antico adagio che sancisce che quanto più ci si batte, ci si impegna per una cosa, tanto più si verrà disprezzati, e gli sforzi profusi saranno misconosciuti, se non serviranno addirittura ad attirare del dileggio.


E’ Ho letto infatti con estremo rammarico le accuse, per la verità nemmeno troppo velate (“gioco pre-elettorale”), che mi sono state rivolte da Manuela Turchetti ed un gruppo di OSS per una mia presunta immobilità nei confronti delle problematiche delle RSA, nella fattispecie della vicenda dei corsi Oss, predisposti a tutt’oggi in modo assai poco razionale. Mi limito a ricordare le mie iniziative sul punto:

a) presentazione di una mozione (3/2/9) sottoscritta anche dai miei colleghi del gruppo che impegnava la Giunta provinciale ad organizzare i corsi per la qualifica di Oss “in modo tale da rendere compatibile al personale delle Case di riposo non in possesso di detta qualifica la prestazione del proprio lavoro con la frequenza dei corsi”; sollecitava un aggiustamento in senso flessibile di detti corsi e proponeva di ridurre il loro forte carico d’orario, assai più pesante che nel resto d’Italia;

b) deposito di un’interrogazione a risposta immediata (20/2/09) e discussione della medesima in Consiglio provinciale (25/2/09) nella quale l’Assessore competente nel rispondere alla stessa, dichiarava l’impegno ad articolare i corsi in quattro anni anziché in due “per conciliare meglio l’impegno formativo con gli impegni di lavoro, recuperando il personale ausiliario che può potenzialmente diventare operatore socio-sanitario”; e prevedeva che “l’esperienza lavorativa maturata presso le RSA sia riconosciuta in termini di crediti formativi, fino al riconoscimento del totale delle ore previste per il tirocinio (settecento)”;

c) deposito di un’interrogazione ( 9/6/2009) nella quale si chiede conto all’Assessore competente della mancata attuazione del dispositivo della mozione (3/2/9) a distanza di svariate settimane dalla sua approvazione, e lo si sollecita a provvedere in tempi rapidissimi per porre rimedio a questo grave ritardo.

Il 21/4/09 il Consiglio provinciale, da me richiesto di inserire il problema nel suo ordine del giorno, discuteva ed approvava all’unanimità la mozione di cui alla lettera a), modificandola in parte, con il seguente dispositivo: “il Consiglio provinciale impegna la Giunta:

1) a dare disposizioni”affinché i corsi per la qualifica di OSS siano organizzati in modo tale da rendere compatibile al personale delle case di riposo non in possesso di detta qualifica la prestazione del proprio lavoro con la frequenza dei menzionati corsi;

2) a sollecitare in senso flessibile detti corsi;

3) ad introdurre nel solco di quello che già sta facendo la Giunta provinciale, e previa verifica dell’effettivo interesse della disponibilità alla frequenza da parte degli ausiliari ulteriori elementi di flessibilità nell’organizzazione dei corsi (compreso il riconoscimento dell’esperienza lavorativa assistenziale maturata presso le RSA ovvero presso strutture sanitarie quale credito formativo per le ore previste per il tirocinio)”

Anche nella scorsa legislatura avevo seguito il problema ed altri allo stesso connessi, sia presentando almeno una dozzina di interrogazioni (n. 1, n. 2, n. 4, n. 74, n. 98, n.143, n.222, n. 243, n. 1679, n. 1912, n. 2070, n. 2643, n. 3484) ,
sia depositando alcune mozioni, due delle quali approvate all’unanimità dal Consiglio provinciale.

Una (n.582) impegnava la Giunta a non dover dar corso al licenziamento del numeroso e competente personale ausiliario impegnato da più di tre anni nelle RSA e non avente la qualifica di OSS ad individuare percorsi di preparazione ed aggiornamento adeguati e compatibili con la svolgimento del propri lavoro; l’altra ad aumentare il personale dell’assistenza agli ospiti delle RSA, arrivando se possibile a garantire un operatore ogni due ospiti.


Dall’approvazione dei documenti succitati la palla è ora nelle mani della Giunta provinciale che, nella persona dell’Assessore competente, è tenuta ad adoperarsi in tempi rapidi per attuare i provvedimenti opportuni per rendere agevole al personale già in servizio presso le case di riposo del Trentino, il conseguimento del diploma di Oss.


Mi pare davvero che quanto era nelle possibilità di un Consigliere sia stato compiuto.

Ricevere in cambio cristallina (e pure un po’ frettolosa, pregiudiziale e disinformata) ingratitudine..è un segno dei tempi.

Che fa riflettere e mi lascia amareggiato sì, ma sereno.

Pino Morandini

Risposta a "Tracce"

Egr. Direttore di “Tracce”,

Le scrivo anche a nome del Presidente del Movimento per la Vita italiano, on. Carlo Casini, che condivide la riflessione che le sottopongo.

Da tempo sono un affezionato lettore della Sua rivista, che ho potuto apprezzare in lunghi anni di “amicizia” che mi legano alla testata da Lei diretta. E’ per tale motivo che devo confessare d’essere rimasto da alcune riflessioni comparse nel numero del mese scorso, maggio 2009.

Al mio orecchio di fedele lettore, talune osservazioni sono apparse infatti come una stonatura nei confronti della linea editoriale fedele e guardiana dell’ortodossia di Santa romana Chiesa, che ho apprezzato e ritenuto peculiare nella rivista del Movimento di Comunione e Liberazione.

Mi riferisco, in particolare, all’altrimenti interessantissimo report sulla giornata trascorsa a Strasburgo con l’on. Mauro, Vicepresidente del Parlamento Europeo, ed al servizio sul conferimento della laurea honoris causa al Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, da parte della Notre Dame University.


Nel primo caso ho trovato ambigue talune affermazioni dell’on. Mauro riportate nell’articolo.

In particolare laddove egli, riferendosi ad un’esperienza personale dolorosa, rivela di aver cambiato del tutto l’approccio nei confronti delle questioni legate alla bioetica dopo l’incontro con Cristo, passando così da un approccio “ideologico”, ad un altro, più “libero”.


Ora, ritengo davvero encomiabile e di grande valore la testimonianza di chi riesce a giungere ad un incontro con il Trascendente fattosi carne, attraverso un dramma quale quello velatamente scolpito dall’articolista. Ma l’on. Mauro scorda, a parer mio, di chiarire in qual senso è mutato il suo affrontare tali temi, dando così luogo a perigliose variabili interpretative.


Credo che, inteso rettamente, il pensiero del Vicepresidente del Parlamento Europeo, era volto a chiarire come, attraverso le forche caudine di quella che per noi cristiani da strumento di morte diviene fonte della vita, un approccio “dogmatico” e “teorico”, s’è fatto carne, giungendo a porre nella realtà umana ed a scoprire il grande senso di verità e di salvezza posto dalle posizioni cattoliche in tema di bioetica.


Le quali posizioni, sinceramente, è riduttivo definire come meramente confessionali.


Si riferiscono infatti alla ragione umana, al fondamento dello Stato. Il quale, se non mira a tutelare e realizzare i diritti di ogni essere umano, non si risolve che in un’espressione di forza bruta priva di giustificazione. Come d’altronde afferma lo stesso on. Mauro, allorquando sentenzia giustamente che l’Europa “deve servire all’uomo. O si parte da lì, o si stravolge tutto”.


Dunque, o ci si trova dinanzi ad una contraddizione che su questo punto permea il Mauro – pensiero, oppure ciò che era solo accennato, non è che da intendersi come sopra accennato.
Parlare embrioni non è ideologia o fondamentalismo, è parlare di bambini e di madri. E’ cultura della ragione e dell’uomo. Quella negata da coloro che, realmente incendiati da furori ideologici, mirano invece a negarla. Senza portare altro che ragioni moraleggianti o compassionevoli a sostegno del loro argomentare.


Del resto, che si tratti, parlando della vita umana nascente, della grande questione sociale del terzo millennio, è lo stesso magistero della Chiesa ad affermarlo. Nell’Enciclica “Evangelium Vitae” di Giovanni Paolo II, al par. 5, si legge:”Come un secolo fa ad essere oppressa nei suoi fondamentali diritti era la classe operaia, e la Chiesa con grande coraggio ne prese le difese, proclamando i sacrosanti diritti della persona del lavoratore, così ora, quando un’altra categoria di persone è oppressa nel diritto fondamentale alla vita, la Chiesa sente di dover dare voce con immutato coraggio a chi non ha voce.

Il suo è sempre il grido evangelico in difesa dei poveri del mondo, di quanti sono minacciati, disprezzati e oppressi nei loro diritti umani. A essere calpestata nel diritto fondamentale alla vita è oggi una grande moltitudine di esseri umani deboli e indifesi, come sono, in particolare, i bambini non ancora nati”.


Mi ha lasciato, analogamente assai stupefatto pure il servizio sul contegno tenuto dagli studenti del Movimento nell’Università di Notre Dame in occasione del contestato (pure dal sottoscritto) conferimento della laurea al Presidente statunitense Obama.


Il quale, è bene rammentarlo, a tre giorni dal suo insediamento, con gli States in ginocchio a causa della crisi, ha ben pensato di porre tra i suoi primi atti lo sblocco immediato dei finanziamenti (congelati durante l’era Bush) a favore di tutt’una serie di organizzazioni che perseguono il controllo delle nascite (e già qui…) in varie modalità.

Tra cui, ovviamente, l’abortismo di massa.

Del resto, il “buon” Barack ha un sacco di idee “simpatiche” in mente, tra cui l’aborto a nascita parziale (un massacro da macellai, ad esser generosi), il Freedom of choice Act, eccetera, eccetera…

Dinanzi dunque al conferimento da parte di una delle più prestigiose istituzioni accademiche cattoliche del mondo, di una laurea a questo fenomeno dell’antiumanesimo, il CLU locale non ha ritenuto congruo assumere alcuna posizione. Rimandando, all’incontro con Cristo come fulcro della vita e centro di tutto.

Nulla questio.


Ritengo che quello evidenziato da CLU sia indubbiamente, e ci mancherebbe altro, il fulcro della vita di ogni cristiano: il Verbo fatto carne, morto e risorto.


Soltanto che in tali frangenti, a mio avviso, sarebbe stata più opportuna una disclosure. E non certo per porre in essere una sorta di “teologia della liberazione” che miri ad anteporre dei sacrosanti ideali propri della dottrina cattolica e della ragione umana a ciò che è il proprium del cristianesimo, ossia il kerygma della morte e resurrezione di Cristo e l’incontro con Dio fatto uomo. Comprendo molte delle ragioni degli studenti della Notre Dame University che hanno voluto evitare che si arrivasse a fare del cristianesimo un’etica od una morale avulsa dal cuore propulsore appena ricordato, rendendolo una sorta di “ideologia massonica” ottocentesca, profondamente anticristiana.


Ma da cristiano, in virtù della Grazia che promana verso la nostra misera condizione umana, non posso esimermi dal prendere posizione sulle questioni “politiche” (in senso lato) e pubbliche. Specie se mi riguardano da vicino e mi involvono direttamente.


E ciò non certo usando come alabarda dei dogmi confessionali, bensì operando rettamente con la ragione, facendo risaltare ciò che è proprio dell’uomo, ossia la razionalità ed il dialogo, per l’affermazione della dignità umana. Di quell’uomo, che, come ricorda la Genesi, fu fatto ad “immagine e somiglianza” del Creatore, e che la rivoluzione cristiana ha portato ad essere il centro ed il fine di tutto.


Onestamente, non prendere posizione dinanzi ad un ateneo cattolico che loda un presidente spesso dimentico (in maniera oltretutto irrazionale e contraddittoria…) della tutela dei diritti d’ogni essere umano, e che contrabbanda ciò sotto l’aura magniloquente della sua bella presenza e del suo innegabile carisma, che assomiglia all’anticristo di Soloviev, mi pare quanto meno stupefacente.

Ed esprime una posizione su cui, umilmente, da cattolico, da uomo, da essere razionale, non posso essere d’accordo.

Cordiali Saluti.

dott. Pino Morandini
-Vice presidente Movimento per la Vita italiano -

RISPOSTA AL COMITATO DI BIOETICA AZIENDALE

Il parere del Comitato aziendale di bioetica, risalente al 23 febbraio e riportato nel numero di giugno del periodico d’informazione “Apss notizie”, presenta delle osservazioni assai discutibili, tanto sul versante formale quanto su quello sostanziale.

L’intervento del Comitato, incentrato sul tema della cosiddetta “contraccezione d’emergenza”, non convince soprattutto laddove, pur riconosciuto il fondamento dell’obiezione di coscienza, asserisce che, fornite le doverose informazioni alla donna che manifestasse la volontà di ricorrere alla contraccezione d’emergenza, il medico sarebbe costretto a provvedere “affinché la stessa possa accedere alla prescrizione in maniera tempestiva”.


Per comprendere la portata, coercitiva e tragica, di una simile affermazione, occorre tornare a sottolineare l’importanza dell’obiezione di coscienza, che ha una storia millenaria, e che trova fondamento già nel rifiuto di Socrate di ubbidire ad un ordine dei Trenta, e nell’altrettanto nobile “disobbedienza” di Antigone dinnanzi all’editto di Creonte, così disumano e repressivo nei confronti della sepoltura del fratello.


Ma al di là delle radici storiche, l’obiezione di coscienza preserva a tutt’oggi una sua rilevanza. Essa è infatti prevista sia dalla legge 194/’78 (art.9) sia dal recente Codice di deontologia medica ( 16/12/2006) che, nel suo articolo 22, sottolinea la legittimità del comportamento di un medico che rifiutasse di prestare la propria opera nel caso in cui gli venissero richieste prestazioni in contrasto con la propria coscienza. Analogamente il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) il quale, con parere del 28/5/2004, ha riconosciuto al medico l’obiezione di coscienza anche di fronte alla richiesta di prescrizione o di somministrazione di farmaci attinenti alla cosiddetta “contraccezione d’emergenza”
Nel caso dell’obiezione di coscienza sollevata dinnanzi alla richiesta della cosiddetta” contraccezione di emergenza”, inoltre, questa trova fondamento anche nel mandato di Ippocrate, che come sappiamo stigmatizza ogni comportamento che sia lesivo del diritto alla vita e della salute del paziente.

E la contraccezione d’emergenza, come attestato dalla ricerca scientifica, si configura, allorquando è avvenuto il concepimento, come un atto ostile alla vita del nascituro, anche se concepito da poche ore. Sono infatti fattispecie assai diverse , da un lato quella del consenso informato, concernente l’obbligatorietà di un’informazione clinicamente corretta e compiuta che qualsiasi medico deve offrire, e, dall’altro, quella rappresentata da indicazione ed indirizzi espliciti al ricorso alla stessa.


Nell’ipotesi, infatti, in cui la fecondazione sia avvenuta – con il conseguente concepimento di un essere umano – non si verserebbe più nel campo della contraccezione. Il farmaco assunto interverrebbe infatti nei confronti dei quell’essere umano, violandone il fondamentale diritto alla vita.

Eluana....

Eluana è morta. A furor di stampa, con la violenza cieca di un potere applicato non in quanto giustificato razionalmente, bensì solo per il mero fatto della propria superiorità ed esistenza.

E' morta di arresto cardiaco, immersa nella fame e nella sete, consacrando con questa sevizie il massimo dell'ipocrisia e della barbarie.

La notte della ragione impera sullo Stivale.

Sia chiaro, non si tratta di dare giudizi sulla famiglia, ci mancherebbe. Ad essi, specie al padre, visto che la madre ha preferito starsene nell'ombra, va il mio rispetto.

Però, c'è tutta una serie di “però”, di perplessità non eludibili, che si riferiscono al fatto che un conto è la solidarietà umana e la vicinanza che andrebbe (e che invece non è stata) rivolta ai soggetti coinvolti in questi drammi. Un altro conto è accettare che uno Stato laico legittimi la decisione di compiere un omicidio solamente perché...

Ed il perché non detto, almeno apertamente.

La notte della ragione, come già detto, offusca gli animi.

Come invece dovrebbero insegnare millenni di pensiero razionale, chi si contraddice nel medesimo istante, sul medesimo punto, non dice nulla. E la sentenza che, si dice (in realtà non è proprio così, basterebbe leggere il dispositivo...), ha autorizzato la soppressione di Eluana, è il classico esempio di contraddizione continua, punto su punto. Dunque, è un quid che razionalmente, non dice nulla. Ed applicarla significa solamente, appellarsi al mero fatto, alla constatazione che il giudice è l'unico che possa applicare autoritativamente la norma. E, se non sostenuta da legittimazione razionale, tale applicazione non è che espressione di forza bruta.

E ciò che è accaduto alla clinica “La Quiete” di Udine ne è un esempio.

Siamo in uno Stato in cui il tutore non può fare testamento, non può compiere donazioni, in quanto questi considerati dalla sapienza giuridica “atti personalissimi”, pertinenti cioè alla sfera più intima e personale del soggetto. Però, ora, il tutore può decidere, in base a delle estemporanee dichiarazioni, scegliendo quali considerare e quali no in base alla sua personale convinzione, che è giusto interrompere non solo i trattamenti medici, bensì pure l'alimentazione. Mah...

Non torno sulle contraddizioni continue della sentenza. Mi preme solo sottolineare due aspetti decisamente inquietanti.

Il primo concerne il fatto che la sentenza autorizzava la decisione del padre – tutore (quanto razionalmente lo si può vedere da ciò che ho esposto or ora) a condizione dell'avvenuto accertamento della permanenza dello stato vegetativo permanente. Bene, stanti così le cose, la sentenza non è stata applicata: è infatti impossibile, date le attuali cognizioni della scienza medica, accertare l'eventuale permanenza dello stato vegetativo...

Come se non bastassero le altre astruse fantasie giuridiche (si legga pure la demolizione delle stesse ad opera del prof. Mantovani) vergate in quell'atto del Tribunale di Milano, mi preme ricordare che un'eventuale legge sul testamento biologico, di certo non avrebbe autorizzato la morte di Eluana...

E mi astengo dal sottolineare ancora una volta quanto il testamento biologico sia insostenibile razionalmente e cozzi in maniera insanabile con la libertà del soggetto di autodeterminarsi a livello terapeutico. Ma, si sa, nella notte della ragione, tutto è possibile...

Personalmente, dopo approfondite riflessioni, credo che in queste materie, qualsiasi scelta legislativa, qualsiasi mano umana, non faccia che danni...

Ciò che mi preoccupa, ora, è la sorte delle migliaia di “Eluane” presenti. Giacché, checchè se ne dica, è stata autorizzata non l'esecuzione di una volontà seria, attuale, consapevole del paziente di interrompere l'alimentazione, bensì è stata autorizzata una scelta proveniente da altri.

Alla faccia della tanto sbandierata autodeterminazione!!

Ed è stata solo l'orgia ideologico – mass mediatica a convincere molti del contrario, ossia che la volontà fosse quella di Eluana, quando è evidente che non potrebbe essere così!!!

Il dramma è che il retropensiero nascosto dietro ciò è che si sostiene che...tali vite non sono degne di essere vissute. Sono non- vite. In virtù di quale confessione assolutista, non è difficile crederlo: sono vite improduttive nella società dominata dalla selvaggia ideologia economico - utilitaristica che viviamo. Sono inoltre vite da sottrarre alla vista, dal momento che rammentano che esiste la sofferenza e che pure la morte fa parte dell'esistenza umana.

Anziché una nuova frontiera di premura socio – assistenziale verso questi casi (e, soprattutto, vero le loro famiglie) che, si voglia o no, hanno in sé pure il “lato oscuro” delle “magnifiche sorti e progressive” di leopardiana memoria...si preferisce eliminarli.

Sono vite scartate dal ciclo produttivo. E, se questo non è fondamentalismo...(e lo è) è comunque un pensiero con certi baffetti da Adolf che mettono i brividi.

Che ci si deve aspettare, ora?!?!

Che taluni possano avere il diritto potestativo di riconoscere su quali vite si possa agire con effetto ablativo e su quali invece no?

E' più che la notte della ragione. E' l'ennesima riedizione della Shoah. D'altronde, il miliardo ed oltre di bimbi abortiti sono molto esperti in materia...

Spiace inoltre, che il presidente Napolitano, sinora esemplare per correttezza istituzionale, si sia arrogato una decisione (palesemente in contrasto con la Costituzione) che, più che pilatesca, arrossa il Quirinale del sangue della Englaro. Un altro decreto sulla sicurezza, sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, sarebbe stato firmato. Certo, perché ne vanno di mezzo gli uomini, i tanto sbandierati ed ancor più spesso vilipesi, diritti umani. Che, è bene ricordarlo, sono a fondamento della nostra Costituzione.

Napolitano ha detto “no”, arbitrariamente ed ingiustificatamente, come del resto sottolineato addirittura da molti ex presidenti della Consulta dell’on. Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita italiano.

Ha detto “no”.

Ma io non ci sto. Non ci starò mai.




Pino Morandini

Vice-Presidente

Movimento per la Vita Italiano

A Proposito del Festival dell'Economia....

Pare che il “Festival dell’Economia” che s’è svolto negli scorsi giorni stia solleticando e non poco il dibattito, anche fra gli attori della politica. Mi riferisco in particolare alla diatriba più o meno dissimulata intercorsa su queste pagine fra Santini e Lunelli.

Innanzitutto credo che dinanzi alla tragedia occorsa ad un collega ed ai suoi compagni di viaggio, tutte queste quisquilie per le quali ci pigliamo tanto per i capelli non finiscano che per rivelarsi davvero che poca cosa.

E colgo l’occasione per rinnovare le mie più sentite condoglianze alle famiglie colpite da una così tragica sciagura.

Tuttavia, non posso esimermi dal notare come ci sia troppe volte da parte della maggioranza un atteggiamento pavloviano che mira a screditare ed ad inoltrare critiche verso chiunque provi a mettere in discussione le scelte della stessa.
Apriti cielo quando, poi, viene gridato, semplicemente che “Il Re è Nudo”, ossia sottolineato ciò che è sotto gli occhi di tutti.

Credo che il Festival trentino, sia davvero un evento che sta assumendo sempre più importanza, pure a livello nazionale. E che continuerà in questa sua personale escalation di rilevanza quanto più esso saprà mantenere un’equidistanza: non come “imprinting” politico, bensì come necessario strumento affinché i lavori in esso presentati possano dirsi realmente fecondi. Sia chiaro, in senso più vicino alla retorica classica che a certe assemblee ove ognuno blatera il proprio monologo (senza minimamente prestare attenzione a ciò che affermano gli altri), dopodiché ci si saluta ed amici come prima.

Sono del parere che seminari e confronti come quelli che vanno di scena nella nostra città in occasione della succitata manifestazione possano essere una reale fucina di cultura soltanto ove le voci che ivi trovano espressione diano luogo ad una “costruttiva polifonia”. Ossia che l’ascoltatore e gli interlocutori stessi possano sentire le voci più disparate (ovviamente, qualificate e preparate, s’intende) e divergenti fra di loro attorno al tema in discussione. E che in questo confronto fra coloro che sostengono le varie posizioni possano carpire i punti di forza dell’una o dell’altra ricostruzione e così poi eventualmente forgiare essi stessi una loro propria e, perché no, personale convinzione. Senza contare che tutto ciò servirà in prima battuta, ai relatori stessi.

E’ per questo che ritengo la maggioranza dovrebbe prestare l’orecchio a ciò che è stato scritto recentemente da Santini su “L’Adige”. Nonostante la staffilata del Consigliere dell’Upt, infatti, era palese a chiunque avesse letto le sue parole che nello scrivere non era certo sua intenzione levarsi a paladino del proprio partito (il Pdl). Bensì di questa necessaria e fisiologica diversità d’opinioni.

Senza, ovviamente, tentare di assimilare a quella nostrana situazioni politiche molto diverse da essa, e, di conseguenza, dare agli economisti un “colore” che sia la trasposizione sul piano locale della compagine politica cui fanno riferimento nella patria d’origine.

Concordo da questo punto di vista con Santini.

Per non parlare del fatto che tali manifestazioni sono finanziate con contributi pubblici. E, per evitare distorsioni fin troppo frequenti, sarebbe bene che la succitata “polifonia” ci fosse davvero… Si corre il rischio, altrimenti, che chi governa si costruisca una bella cassa di risonanza acritica che non fa altro che portare acqua al proprio mulino.

O, comunque, a cementarne il substrato ideologico.

E’ doveroso rispetto per i cittadini questo, e per i soldi pubblici.


Per quanto concerne invece il richiamo alle radici “trentine” del “Festival dell’Economia”, che tanto hanno fatto irritare il collega dell’UpT, non vedo che male ci sarebbe, fra le tante personalità di rilievo e di alta qualificazione che popolano la kermesse, a tentare di mostrare anche i talenti fioriti in questa terra.


Il primo criterio discretivo dovrebbe essere la qualificazione e l’altissima preparazione professionale. Ma se a ciò s’unisse la “trentinità”, non vedo dove sarebbe il male…


E, soprattutto, ove sia la lesa maestà nei confronti dell’operato della Giunta che il collega simpaticamente, rimarca.



Pino Morandini

Interrogazione “ Quante sperimentazioni con la RU486?”

Lo scorso 19 giugno il Ministero del Welfare italiano ha fatto pervenire al Comitato tecnico scientifico dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) nuova documentazione sulla piccola abortiva RU486.

Sembra infatti che, a dispetto della cifra ufficiale, ferma a 16 decessi, siano addirittura 29, nel mondo, le donne morte in seguito all’assunzione della RU486, da tempo in fase di uso e sperimentazione anche in Trentino.

Ma la morte è solo la più grave di tutta una serie di conseguenze imputabili all’uso della RU486.

Infatti, come denunciarono già nel lontano 1991 Janice G. Raymond, Renate Klein e Lynette J. Dumble, tre femministe dichiaratamente abortiste, la RU486 – sorvolando sul fatto che si tratta comunque di una pillola che sopprime il nascituro – implica pesantissime ripercussioni sulla salute delle donne, così riassumibili: dolore o crampi nel 93,2% dei casi, nausea nel 66,6%, debolezza nel 54,7%, cefalea nel 46,2%, vertigini nel 44,2% e perdite di sangue prolungate fino a richiedere una trasfusione nello 0,16% dei casi.

Donna Harrison, ricercatrice e ginecologa di Berrien Center, in Michigan, insieme ad una collega, ha pubblicato su The Annals of Pharmacotherapy uno studio nel quale ha identificato ben 637 casi di effetti collaterali nell’uso della RU486.

La pericolosità di detta pillola è stata riscontrata persino in un Paese come la Cina, notoriamente non rispettoso dei diritti umani. Nell’ottobre 2001 è stata disposta un’inversione di rotta rispetto all’iniziale liberalizzazione, inversione di rotta consistente nel divieto di venderla in farmacia e di assumerla solamente in ospedali selezionati e sotto stretto controllo medico.

Addirittura, nel dicembre 2005, un editoriale del New England Journal of Medicine, “bibbia” mondiale della scienza, denunciava una percentuale di mortalità con il metodo chimico, quello della RU486, ben 10 volte più alta di quella rilevata con il metodo chirurgico.

Persino Severino Antinori, indiscusso guru della fecondazione certo non tacciabile di oscurantismo, ha pubblicamente ammesso che la RU486 “provoca dolori, emorragie, infezioni, malattie. Con esiti mortali”.

Dinnanzi a simili constatazioni non si può non riconoscere come la RU486 rappresenti un vero e proprio pericolo.

Per cercare di smentirlo, non più tardi di qualche mese fa qualche organo di informazione locale divulgò servizi nei quali si attestavano, per il Trentino, centinaia di sperimentazioni andate a buon fine, senza alcuna delle gravi ripercussioni che la RU486 spesso implica.

Il punto è che non vennero resi noti nei dettagli l’entità e il grado di rappresentatività di questo campione.

In un documento elaborato dalla Società Medico Scientifica Interdisciplinare Promed Galileo e sottoscritto anche dall’European Medical Association, quasi a frenare i facili entusiasmi di chi minimizza le conseguenze della RU486, si denuncia proprio “la bassa qualità degli studi, spesso caratterizzati per l’assenza di randomizzazione e la contraddittorietà dei risultati, che rendono difficoltosa l’interpretazione dell’accettabilità del metodo”.

Aspetto di non secondaria rilevanza, infine, concerne il fatto che il ricorso alla RU486 determina violazione della legge 194/78 sull’interruzione volontaria della gravidanza.

Infatti, la legge 194 sancisce espressamente la necessità che l’aborto procurato si consumi all’interno di strutture pubbliche, mentre una donna che assume la pillola abortiva - che produce i propri effetti, culminanti con l’espulsione del feto, entro un arco di tempo che talvolta giunge a due settimane - non viene però trattenuta in ospedale fino al momento in cui è certificata l’interruzione di gravidanza, ma vi ritorna solamente dopo, per eseguire dei controlli.

Sarebbe interessante che su questo punto, come su tutti i precedenti richiamati, chi difende la RU486 lo facesse a viso aperto, argomentando le proprie ragioni, non già trincerandosi dietro a slogan oramai superati.


Tutto ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:


  1. a quante donne, in totale, è stata somministrata la RU486 all’interno della provincia di Trento;
  2. l’età media di queste persone;
  3. se non reputa, alla luce degli elementi ricordati in premessa, che si tratti di una pillola avente fin troppe controindicazioni, comportando rischi per la salute della donna fino a 10 volte superiori rispetto a quelli dell’aborto chirurgico;
  4. come valuta la mancata osservanza della Legge 194/78, che si riscontra con la somministrazione della RU486 senza che la donna intenzionata ad abortire venga trattenuta in ospedale fino alla certificazione dell’avvenuta espulsione del feto.
  5. se non considera violata la citata l. 194/78 anche nel suo principio ispiratore – quello di socializzare il dramma dell’aborto affinché la donna non si trovi sola in quella situazione – atteso che la diffusione e l’utilizzo della RU486 ricacciano la donna nella solitudine, a decidere da sola del rapporto tra lei e suo figlio;
  6. se non reputa opportuno, dinnanzi all’iniziativa del Ministero del welfare dello scorso 19 giugno, chiedere, per il Trentino, una temporanea sospensione dell’utilizzo e della somministrazione della pillola abortiva in attesa che venga fatta luce sui quasi trenta decessi che potrebbero essere riconducibili ad essa.


A norma di regolamento si chiede risposta scritta.

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA n. 586 “Aumenti ai manager pubblici: perchè?”

Nonostante la crisi economica in corso a livello planetario, che sta colpendo duramente anche i cittadini trentini, la Giunta persiste in iniziative che, con la sobrietà che il periodo imporrebbe, hanno poco a che vedere; fra queste si segnala l’aumento di stipendio, disposto con delibera 1661 e in controtendenza rispetto a decisioni prese dalla Giunta medesima nel novembre 2007, a “persone di elevata e riconosciuta professionalità”.

Si interroga il Presidente della Giunta per sapere quali ragioni soggiacciono a detta iniziativa, in cosa consista l’”elevata e riconosciuta professionalità” visto e considerato che l’iniziativa in parola pare non determinare alcun aumento dell’occupazione, ed invece incrementa remunerazioni a cittadini già aventi redditi decisamente superiori alla media.

Interrogazione n. 565 “ Non c’erano alternative alla chiusura trimestrale della strada tra Susà e San Vito?”

Salvo cambiamenti di programma, saranno tre i mesi di disagi che gli abitanti di Pergine dovranno subire a causa della limitazione al traffico che prevede il senso unico in discesa sulla strada nel tratto tra Susà e San Vito, costringendo gli abitanti del luogo ad un percorso alternativo, quello che da San Vito supera rio Spini e poi scende lungo il versante, fino a raggiungere la strada provinciale del Lago di Caldonazzo in località Valcanover, da dove si può raggiungere Pergine o Calceranica.

Si tratta con ogni evidenza di una soluzione, ancorché temporanea, estremamente penalizzante per gli abitanti della zona e non solo.

Penalizza soprattutto il disagio trimestrale arrecato dai lavori, e viene da domandarsi se non vi fossero alternative tali da facilitare, per chi fosse in transito della zona, la percorrenza della succitata strada.

Tutto ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:

  1. quali alternative sono state valutate prima di disporre la chiusura trimestrale della strada da Pergine a Susà;
  2. se non vi fosse modo di frazionare l’intervento del cantiere disposto sulla succitata strada in modo da alleggerire i disagi degli automobilisti in transito nella zona;


A norma di regolamento si chiede risposta scritta.

Perché,dopo due anni, non c’è ancora il regolamento di esecuzione della L.p. 17/2007, che aprirebbe al nido “Scarabocchio" il convenzionamento?

Un caso clamoroso di mancanza di regolamento in materia di asili-nido, è quello della L.p. 17/2007 che, superando quanto prescritto in precedenza dalla L.p. 4/2002 , all’articolo 4 prevede espressamente il convenzionamento, oltre che per le strutture private in generale, anche con i nidi interaziendali.

Peccato che il dettato di questa Legge, in vigore oramai da due anni, sia rimasto lettere morta, essendo a tutt’oggi disatteso e sprovvisto di regolamento di esecuzione.

A fare le spese di tutto ciò sono strutture di primo livello, come il nido interaziendale “Scarabocchio”, che ospita circa trenta bimbi – e quindi utilizzato da numerose famiglie che vede impiegato personale particolarmente qualificato.

L’assenza, a distanza di oltre due anni dall’approvazione del provvedimento legislativo, del suo regolamento di esecuzione – che, com’è notorio, ne consente la pratica attuazione e senza il quale la legge rimane sulla carta – ha dello scandaloso, tanto più quando, come in questo caso, i ritardi gravano su servizi di primaria importanza, quali sono quelli di assistenza all’infanzia.

Si rileva, tra l’altro, come il nido in questione (“Scarabocchio”), per quanto privato, eroghi il proprio servizio con le medesime modalità e rappresentando gli stessi requisiti previsti per gli asili-nido pubblici: così è nel rapporto numerico tra educatrici e bambini e per i correlati requisiti professionali, previsti dall’art. 6 del testo coordinato della deliberazione della giunta provinciale n. 1892 dell’1-8-2003, previsto dalla L.p. n. 4/2002; nel contenuto del progetto educativo riguardante tutte le strategie operative e i riferimenti seguiti nel quotidiano lavoro dei nidi; nel servizio di cucina; negli spazi, i quali rispondono ai requisiti previsti dagli artt. 1,2,3,4,5 e 6 del “B.1 Requisiti strutturali e criteri per la realizzazione” del succitato testo coordinato; nel dimensionamento, conforme ai requisiti definiti dal testo coordinato della delibera della giunta provinciale n. 1892 dell’1-8-2003, previsto dalla L.p. 4/2002; nella presenza della pedagogista per almeno 20 ore mensili.

Al punto che “Città Futura” ha ottenuto l’accreditamento per la gestione del servizio da parte della Provincia (V. lettera PAT 8/6/2006 e determinazione del dirigente). Ed il nido interaziendale “Scarabocchio”, gestito da “Città futura”, è certificato secondo la norma UNI EN ISO 9001 2000 e la norma UNI 11034.

Non solo.

Esso configura, nel panorama concernente i servizi all’infanzia, una pregevole ed utile novità, in quanto articola la propria attività anche come nido interaziendale. E ciò costituisce un’ulteriore risorsa, in quanto le aziende ci mettono anche del loro.

Ciò nonostante il suo bilancio risente pesantemente del mancato convenzionamento, causato dalla mancanza del regolamento di esecuzione.

Tutto ciò premesso, si interroga l’Assessore competente per sapere:

  1. per quali ragioni, a distanza ormai di due anni, manca ancora il regolamento di esecuzione di cui in premessa, condizione indispensabile per il convenzionamento tra ente pubblico e nido “Scarabocchio”, assolutamente necessario affinché lo stesso possa proseguire il proprio prezioso servizio;
  2. se non giudica assai grave un simile ritardo;
  3. se non ritenga utile attivarsi immediatamente per porre rimedio a detto ritardo;
  4. entro quale termine il succitato regolamento sarà disponibile.


A norma di regolamento si chiede risposta scritta.

INTERROGAZIONE n. 562 “Buffet faraonici per “Egitto mai visto: paga mamma Provincia”?

Presso il Castello del Buonconsiglio, lo scorso 30 maggio, è stata inaugurata una mostra sull’antico Egitto dal titolo “Egitto mai visto”, che durerà fino al prossimo 8 novembre.

Trattasi di una esposizione di materiale poco noto proveniente dagli scavi condotti da Ernesto Schiapparelli fra il 1905 ed il 1920, conservato al museo Egizio di Torino, e di parte della collezione egizia del Castello del Buonconsiglio.

Fin qui nulla di male, anzi, ben vengano le iniziative culturali.

Anche se, a parere di qualche prezioso esperto in storia ed arte egizia, non si tratta di una mostra di particolare spessore.


Il punto è che, per organizzare questo pur interessante evento, non si sarebbe letteralmente badato a spese.
Soprattutto, al costo della mostra, sarebbero state aggiunte spese, per così dire, non propriamente necessarie e pertinenti.

Pensiamo agli assai generosi buffet organizzati sia al Castello Sforzesco di Milano, sia qua a Trento rispettivamente il 29 ed il 30 maggio scorsi.


Inoltre, sempre in riferimento a questa iniziativa, quattro persone, a spese della Provincia, si sarebbero recate due settimane in Egitto.


Per questo sarebbe doveroso, soprattutto per un dovere di trasparenza verso i cittadini che stanno vivendo una stagione economicamente difficile, fare chiarezza sui costi complessivi dell’iniziativa in questione.



Tutto ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:

  1. se quattro persone, nell’ambito della preparazione a “Egitto mai visto”, hanno realmente soggiornato due settimane nell’omonimo Paese africano e con quali costi;
  2. in base a quali criteri sono state scelte queste quattro persone;
  3. quanto è costato il loro viaggio;
  4. quali compensi sono andati a costoro;
  5. se è vero che la Provincia Autonoma di Trento ha finanziato, ed eventualmente in che misura, il buffet tenutosi al Castello Sforzesco di Milano e quello organizzato in quel di Trento;
  6. quanto sono costati i menzionati buffet;
  7. a quanto ammonta, complessivamente, la spesa di “Egitto mai visto”.

A norma di regolamento si richiede risposta scritta.