mercoledì 4 novembre 2009

Cosa si sta aspettando a ripristinare il riscaldamento presso l’istituto Ivo Carneri di Civezzano?

“ Cosa si sta aspettando a ripristinare il riscaldamento presso l’istituto Ivo Carneri di Civezzano?”



Le temperature hanno fatto registrare, com’era prevedibile, una leggera flessione e subito, all’istituto superiore Ivo Carneri di Civezzano, neonato centro di formazione professionale (Cpf) per animatori turistico sportivi è stato il black out, col prevedibile risultato di aule fredde e di studenti, giustamente, sul piede di guerra.

Nonostante la prima avvisaglia risalga a ben due settimane fa, i tecnici della Trentino calore non sono ancora riusciti a far luce sul guasto degli impianti, verosimilmente una perdita d’acqua.

Dal momento però che detto guasto interessa ben due piani dell’istituto, e dato che questi ospitano oltre 200 studenti, è chiaro come il tutto si aggravi giorno dopo giorno.

Anche perché, a quanto è dato sapere, le previsioni indicano per i prossimi giorni un ulteriore abbassamento delle temperature che porterà con sé, in particolare sulle cime montane, le prime precipitazioni nevose.

E’ pertanto chiaro come non ci sia tempo da perdere e chi in Provincia segue la materia, dovrebbe attivarsi quanto prima per far sì che all’istituto di Civezzano come del resto anche nelle altre scuole del Trentino siano garantite condizioni di agibilità e sicurezza nelle aule.

Diversamente, risulta evidente che si configurerebbe come abuso il voler trattenere in aula studenti nonostante le precarie condizioni dell’istituto, condizioni che peraltro sono fissate per legge e che quindi non rientrano in aspettative accessorie, ma in necessità da adempiere con la più stretta osservanza.





Ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:



1) se è a conoscenza della situazione descritta in premessa;

2) in caso affermativo, come giustifica ben due settimane di disagi per gli studenti dell’Istituto Ivo Carneri di Civezzano, costretti in aula nonostante pesanti guasti all’impianto di riscaldamento;

3) se non crede urgente attivarsi per garantire ai suddetti studenti condizioni di agibilità per le aule della loro scuola;

4) entro quali termini crede che il guasto in parola risulterà sanato.

venerdì 30 ottobre 2009

“E’ proprio necessario che la Siae faccia le pulci alle feste degli ultranovantenni?”

“E’ proprio necessario che la Siae faccia le pulci alle feste degli ultranovantenni?”



D’accordo che c’è la crisi che urge , per arginare sprechi ed evasione fiscale, occorre vigilare con rinnovata attenzione sul rispetto delle regole, ma c’è un limite a tutto; e quel limite, con l’incursione al Circolo Pensionati ed Anziani di Predazzo, la Siae – acronimo che sta per Società Italiana Autori Editori - l’ha ampiamente superato.

Il tutto si è verificato recentemente (7 ottobre 2009, presso il Circolo Pensionati ed Anziani di Predazzo, nella tradizionale festa degli ultranovantenni, una ventina di presenti – vale a dire meno della metà del totale di quanto risultano iscritti al circolo – dopo una merenda, hanno pensato bene di intonare alcune canzoni di montagna, accompagnati dalla fisarmonica di un socio del circolo, anziano pure lui, senza aver prima avvertito e pagato i diritti alla Siae, i cui membri si sono subito attivati con la richiesta di riscossione di una tassa, che ammonta a circa 40 euro.

Posto che ha già dell’opinabile il considerare illegittimo un intrattenimento del tipo in questione, tanto più con appena venti persone presenti, numero decisamente contenuto ed esiguo il fatto ha del paradossale se si considera che la festa multata è quella degli ultranovantenni di un circolo anziani.

Tanto più che il fatto che i quasi centenari si ritrovino a fare festa insieme, rappresenta una di quelle poche occasioni in cui costoro possono festeggiare in compagnia di coetanei.

Ci vuole un bel coraggio, infatti, a segnalare come illecita l’intonazione di brani da parte di persone così anziane, per giunta in una di quelle poche occasioni nelle quali costoro possono festeggiare in presenza di coetanei.



Tutto ciò premesso si interroga il Presidente della Giunta provinciale:



1) se non giudica paradossale ed inopportuno che la Siae abbia, come si dice in questi casi, battuto cassa al Circolo Pensionati ed Anziani di Predazzo, presumendo l’illegittimità di un momento conviviale, musica compresa, di un circolo anziani all’interno dello stesso;

2) se non ritenga di intervenire presso la Dirigenza della SIAE per evidenziare l’assurdità di simili provvedimenti sanzionatori;

3) come intende attivarsi per evitare che le futuro si verifichino analoghi spiacevoli episodi, del tipo in questione, magari ancora a danno di circoli anziani o affini, i cui intrattenimenti sono equiparati, nel caso di specie, ai grandi concerti;

4) sulla sorta di quale normativa – e probabilmente di quale sua formalistica interpretazione – è stata irrogata al Circolo Pensionati ed Anziani di Predazzo la sanzione pecuniaria SIAE che qui si contesta.

Come mai la piazzola per l’elisoccorso a Tione risulta in stato di abbandono?”

Come mai la piazzola per l’elisoccorso a Tione risulta in stato di abbandono?”



Anche quelle volte nelle quali, dopo disguidi e ritardi, opere e strutture vengono finalmente realizzate, non è detto che entrino immediatamente operative; talvolta, infatti, rimangono in uno stato di abbandono, anche se si tratta di strutture di grande rilevanza strategica.

E’ il caso, ad esempio, della piazzola studiata e realizzata per consentire all’ospedale di Tione di avvalersi di un prezioso servizio di elisoccorso diurno e notturno.

Servizio che, com’è evidente, rappresenterebbe un gran vantaggio, in particolare per quanto concerne la rapidità dei soccorsi che, nelle eventualità più urgenti, potrebbero avvalersi di un soccorso aereo.

Ora, si dà il caso che detta piazzola non risulti, allo stato, ancora operativa.

E questo non solo penalizza l’ospedale di Tione, che risulta provvisto di un servizio che del quale, però, non può beneficiare, ma rappresenta anche un grande spreco.

Perché la piazzola per l’elisoccorso, opera iniziata ancora nell’autunno del 2007, è costata oltre un milione di euro.

E mentre ancora s’attende di vederla finalmente operativa, detta opera, in completo stato di abbandono, risulta del tutto esposta a processi di deterioramento che potrebbero comprometterne l’efficienza.

Col rischio, del tutto paradossale, che nel momento in cui fosse possibile rendere la piazzola finalmente operativa, ci si potrebbe trovare nelle condizioni di doverla revisionare, con aggiunta ulteriore di finanze ed investimenti.

Per evitare che questo accada, è bene che le istituzioni competenti provvedano con immediatezza per inaugurare un’opera, quale è la piazzola in oggetto, di estrema rilevanza strategica, e che ha richiesto ingenti risorse finanziarie per essere realizzate.





Tutto ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:



1) se è a conoscenza della situazione descritta in premessa;

2) in caso affermativo, attraverso quali canali si sta impegnando per far sì che la piazzola realizzata presso l’elisoccorso realizzata per l’ospedale di Tione divenga finalmente operativa;

3) entro quali termini reputa che detta piazzola sarà utilizzata.

venerdì 23 ottobre 2009

Va rivista la deliberazione giuntale n.2220 sugli istituti professionali e si deve perseguire un reale rilancio dell’istruzione professionale trentina

“Va rivista la deliberazione giuntale n. 2220 sugli istituti professionali e si deve perseguire un reale rilancio dell’istruzione professionale trentina”

Con l’approvazione della delibera n. 2220 dell’11 ottobre 2009, la Giunta ha inteso operare un rinnovamento del quadro dell’offerta formativa scolastica trentina.
Trattasi, almeno negli intenti, di una semplificazione della gamma di proposte didattiche, semplificazione che, in effetti, andrebbe a tutto vantaggio degli studenti, che, conseguita la licenza delle scuole medie, troverebbero davanti a loro un ventaglio più chiaro e meno dispersivo di possibilità formative sulle quali investire in vista o di ulteriori studi, in quel caso universitari, oppure di un lavoro.
Ebbene, se questo voleva essere lo spirito della delibera, spirito che peraltro anima l’intera revisione delle offerte didattiche in corso in Italia, occorre sottolineare come sia stato frainteso ed equivocato.
Soprattutto perché gli istituti professionali statali presenti in Trentino verrebbero letteralmente smantellati e suddivisi tra scuole di formazione tecnica e scuole di formazione professionale, scuole che tuttavia non rappresentano, né una né l’altra, una precisa corrispondenza con gli istituti che andrebbero a rimpiazzare sul quadro dell’offerta formativa.
La non corrispondenza tra gli istituti professionali statali e le altre realtà scolastiche è riscontrabile su due livelli.
Anzitutto, è bene ricordare come, mentre le scuole di formazione tecnica offrono a chi le frequenta un insieme di competenze di carattere più teorico, e quelle di formazione professionale, invece, un insieme di competenze più pratiche, gli istituti professionali statali rappresentano una feconda sintesi tra queste due proposte.
Non solo: gli istituti professionali statali rappresentano la sola possibilità per gli studenti trentini interessati alla formazione professionale, di provare ad accedere all’università. Questo perché solo gli istituti professionali statali, di durata quinquennale, rilasciano, come suggerisce la stessa qualifica di “statale”, diplomi riconosciuti dallo Stato come requisiti idonei per l’accesso al mondo universitario.
Di più: questi istituti rivestono un ruolo significativo anche nel contenimento del fenomeno dell’abbandono scolastico, spesso frequente tra quei giovani non intravedono, ad esempio, nella formazione liceale, una reale garanzia per un futuro nel mondo del lavoro.
Oltre alla maldestra conversione degli istituti professionali statali in scuole di formazione professionale e di formazione tecnica - conversione che, a dir il vero, assomiglia più ad una soppressione -, merita di essere sottolineato un altro aspetto di non secondaria rilevanza, ossia l’assenza di corrispettivi di indirizzi, tra l’offerta didattica presente e quella che si verrebbe a configurare.
Un esempio su tutti è quello degli Istituti sociali, che non troverebbero, nel quadro del rinnovamento in corso, alcun corrispettivo formativo.
Il che non rappresenterebbe solo un pesante impoverimento dell’offerta didattica per gli studenti trentini che, conseguita la licenza media, si affacceranno al mondo dell’istruzione media-superiore, ma anche un problema per quei giovani che, per ragioni familiari o altro, fossero iscritti ad un istituto sociale di un’altra realtà, per esempio quella del Veneto o della Lombardia.
Costoro, infatti, se decidessero di trasferirsi coi genitori in Trentino, si troverebbero del tutto impossibilitati a proseguire i loro studi, studi che invece potrebbero continuare praticamente in ogni altra regione d’Italia. Si tratterebbe pertanto di un pesante impoverimento per la scuola trentina, impoverimento che sarebbe bene scongiurare senza per questo paralizzare riforme che pure sono necessarie in vista di una quanto mai auspicata semplificazione del quadro della formazione didattica.
Detta semplificazione, tuttavia, dovrebbe tener conto dell’attuale realtà scolastica trentina senza andare ad impoverire l’offerta formativa presente, a scapito prima di tutto di quei giovani che, senza escludere a priori la possibilità di iscriversi in futuro all’università, preferiscono concentrarsi in primo luogo sulla formazione professionale.
La deliberazione in questione, con le riflessioni ed il dibattito che ha sollevato, induce a porre l’attenzione sull’intero sistema delle scuole professionali esistenti sul territorio provinciale.
Trattasi di un sistema importante nel nostro assetto autonomistico e scolastico che, anche in virtù della particolare potestà legislativa riconosciuta alla Provincia Autonoma di Trento, ha configurato negli anni gli istituti professionali come una realtà utile per molti studenti , anche e soprattutto al fine del loro inserimento nel mondo del lavoro
Peraltro, a distanza di anni dalla loro istituzione, proprio ai fini di un loro miglioramento e promozione, pare quanto meno necessaria una verifica in ordine agli istituti professionali. Non certo con atteggiamenti preconcetti, ma semplicemente perché l’”usura del tempo” richiede un loro rilancio.
Affinché questo si renda davvero possibile, occorre procedere ad una verifica circa i metodi, gli strumenti, i contenuti della formazione professionale.





Ciò premesso il Consiglio della Provincia Autonoma di Trento impegna la Giunta a:

1) bloccare la delibera n.2220 in vista di una più serena e organica revisione del quadro dell’offerta didattica che tenga più conto della realtà presente, senza per questo escludere la possibilità, o meglio l’opportunità, di una semplificazione del quadro formativo delle scuole superiori attualmente presente in Trentino;

2) disporre una verifica sul sistema dell’istruzione professionale esistente in provincia in Trento, in particolare quanto ai programmi, al fine attuali ed all’altezza dei tempi rispetto alla nuova situazione economica che si sta profilando.

interrogazione sui vigili del fuoco di Rovereto

“In base a quali presupposti giuridici si sono inviate presso il Comando dei vigili del fuoco di Rovereto delle raccomandate allegate alle quali comparivano dei moduli destinati ai dipendenti comunali del servizio antincendio interessati ad accedere al ruolo di dipendente provinciale del Corpo permanente?”

Stamane presso il Comando dei vigili del fuoco di Rovereto è arrivata una raccomandata a firma di un funzionario della Provincia ed indirizzata ai dipendenti comunali addetti al servizio antincendio.
Allegato a detta raccomanda, nel cui testo si facevano espliciti richiami ad un discusso emendamento presentato alla Legge finanziaria del 2009, compariva copia di un modulo che i citati dipendenti potrebbero compilare se interessati ad accedere al ruolo di dipendenti provinciali del Corpo permanente.
Ora, al di là della curiosa modalità di comunicazione – una raccomandata recante la firma non del Presidente della Giunta o di un Assessore, bensì di un funzionario della Provincia – non è possibile tacere l’incredibile anomalia della modulistica allegata, che consentirebbe un abuso.
Infatti, allo stato, per accedere al Corpo permanente sono prima di tutto richiesti degli specifici requisiti tecnici, e poi, tra i candidati riconosciuti idonei, è previsto un concorso, dopo il superamento del quale si accedere alla carica di dipendente provinciale presso detto corpo.
Ebbene, con la modulistica indirizzata ai dipendenti comunali addetti al servizio antincendio, di questi passaggi obbligati, non c’è traccia.
Al contrario, detta modulistica alimenta il fondato sospetto che si voglia palesemente calpestare norme di principio che da anni regolano l’accesso al Corpo permanente.
Ragion per cui urge che l’Assessore faccia quanto prima chiarezza, perché in gioco c’è la credibilità delle istituzioni e la trasparenza di accesso alle cariche provinciali, trasparenza già duramente messa in discussione da precedenti che sarebbe bene non replicare.

Tutto ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:
1) se è a conoscenza della raccomandata giunta stamane al Comando dei vigili del fuoco di Rovereto;
2) in caso affermativo, se può spiegare nel dettaglio quale fosse lo scopo di quella raccomandata;
3) sulla base di quali presupposti giuridici a detta raccomandata è stata allegata una modulistica che consentirebbe, in barba a requisiti tecnici e procedimenti concorsuali, ai dipendenti del servizio antincendio l’accesso al titolo di dipendente provinciale presso il Corpo permanente;

“Quanto costa ogni anno ai trentini l’Ufficio stampa della Giunta provinciale?”

“Quanto costa ogni anno ai trentini l’Ufficio stampa della Giunta provinciale?”

Per rispondere all’interrogazione n. 518, con la quale si avanzavano richieste di chiarimento in ordine a quanto aumenti il costo dell’Ufficio stampa della Giunta provinciale , il Presidente della Provincia è ricorso ad un giro di parole che non può che accrescere il sospetto che chi amministra il Trentino faccia spesso le acrobazie per lasciare i cittadini all’oscuro circa la rendicontazione dell’uso di soldi pubblici.
Con la citata interrogazione si chiedeva esplicitamente “a quanto è ammontata, per il 2008, la spesa dell’Ufficio stampa” , domanda che a chiunque lascerebbe pensare, com’era nelle intenzioni di chi la rivolgeva, ad una richiesta sui costi totali, per lo scorso anno, dell’organismo in parola.
Per un singolare equivoco, invece, detta richiesta è stata scambiata per una richiesta non già dei costi propri dell’Ufficio stampa, bensì della spesa sostenuta da questo ente.
E’ indubbio che si sia trattato di un equivoco anche perché, mentre nella citata interrogazione, si faceva riferimento ad un pesante aumento di bilancio – 800 mila euro – che andava a sommarsi a quello disposto pochi mesi prima in virtù della Lp. 12 17/2008, il Presidente della Giunta, replicandovi, ha comunicato “che la spesa complessiva dell’Ufficio Stampa nell’anno 2008 risulta essere pari a € 916.170,60”.
Ed è del tutto chiaro che la pur astrale cifra di un milione di euro non corrisponde al costo dell’Ufficio stampa, ma semmai rappresenta il totale di spesa sostenuta da detto organsimo.
Ora, anche trascurando lo scandaloso ritardo con la quale è pervenuta la risposta – l’interrogazione n.518 risulta depositata ancora in giugno, mentre la replica è di metà ottobre: quattro mesi per vergare meno di venti righe - risulta difficile nascondere meraviglia per l’abilità con la quale il Presidente della Giunta, per ragioni non chiare, abbia schivato i veri punti della questione.
Anzi, ha fatto più: è arrivato a sostenere che l’aumento di € 800.000 di finanziamenti all’Ufficio stampa non sarebbe, com’è evidente essere, una vertiginosa crescita di spesa, bensì “un semplice adeguamento”.
Peccato che la Giunta, quando dispone questi “semplici adeguamenti”, dimentichi adeguamenti (in questi casi normativi, ma con ricadute finanziarie) ben più urgenti, come quelli in materia di ICEF, di pensioni di guerra, di indennità di accompagnamento, ecc.
Tornando all’Ufficio stampa, si rappresenta quindi necessario- tanto più dinnanzi a risposte così evasive e sibilline - insistere con le domande, in modo da far chiarezza, sulla questione; perché l’Ufficio stampa della Giunta è un servizio pubblico, e pertanto pubblico deve essere anche nei suoi bilanci e nelle sue spese complessive.

Tutto ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:

1) quante unità di personale sono attualmente impiegate presso l’Ufficio stampa della Giunta;

2) quali sono le loro singole mansioni;

3) in base a quali modalità sono state assunte;


4) a quanto ammontano le spese complessive sostenute dalla Provincia per la gestione ed il funzionamento dell’Ufficio stampa della Giunta per gli anni 1998, 1999, 2000, 2001, 2002, 2003, 2004, 2005, 2006, 2007, 2008.

“Cosa si intende fare per risolvere l’annosa questione dell’acquedotto di Località Cornelle del Comune di Fiavé?”

La vicenda degli abitanti di Dasindo, ultima frazione del Comune di Lomaso da oltre tre mesi oggetto di pesanti disservizi idrici, culminati, lo scorso fine settimana, in oltre dieci ore di assenza di acqua dai rubinetti, purtroppo non è isolata.
Anzi, pare che, sempre rimanendo in tema di disservizi di ordine idrico, Trentino vi siano situazioni addirittura peggiori.
E’ il caso, ad esempio, dell’acquedotto di Località Cornelle del Comune di Fiavé.
Trattasi di un guasto che si trascina da anni e che ha visto parentesi grottesche, come quella della scorsa settimana, quando sono stati chiamati i Vigili del fuoco di Trento, i quali hanno trasportato l’acqua con delle botti.
Ad aggravare questa vicenda si è aggiunta una disputa a livello comunale che sta rallentando la risoluzione di un disagio cui sarebbe a dir poco urgente porre rimedio, sia per la durata, lunghissima, del medesimo, sia per la sua natura.
E’ superfluo qui rammentare che la carenza d’acqua non è solamente segnale d’una allarmante deficienza in termini di servizi, bensì rappresenta un vero e proprio pericolo, dati i numerosi utilizzi cui questa potrebbe rispondere: da quelli più strettamente legati alla persona ai casi di principi di incendio o di emergenze varie.
Ragion per cui si sollecita l’Assessore provinciale competente per materia a far luce e ad intervenire sulla vicenda dell’acquedotto di Cornelle, vicenda che si trascina da troppo tempo e cui urge porre tempestivo rimedio.
Ciò premesso si interroga l’Assessore di merito per sapere:

1) se è a conoscenza della situazione descritta in premessa;
2) in caso affermativo, come spiega che da oltre tre anni non si sia riusciti a darvi soluzione;
3) se non giudica grottesca oltre che allarmante, detta situazione alla quale, per porvi temporaneo rimedio, si è recentemente giunti a contattare i Vigili del Fuoco di Trento affinché portassero loro l’acqua, mediante botti;
4) come intende attivarsi per risolvere l’annosa questione dell’acquedotto di Località Cornelle;
5) entro quali termini ritiene che si potrà risolvere positivamente detto problema, insoluto da oltre tre anni.

Risposta a Casanova, a proposito di un certo schematismo ecologista...

Caro de Battaglia,
leggo dal suo interessante “diario” un interevento di Casanova, prigioniero degli schematismi “razzisti” nel rappresentare la realtà politica.

La sua argomentazione è la seguente: il centrodestra (di cui sono parte, non essendo in alcun modo parte di una “destra”) caricaturale cui si fa riferimento, anche se a livello locale difende l’ambiente, non può essere un soggetto con il quale gli ambientalisti debbono avere a che fare, perché la cultura ambientalista c’è solo a sinistra. Anche se la sinistra sostiene l’inceneritore, non si può, per postulato, sostenere il centrodestra…e solo a pensarlo…fa schifo.

Ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate…

Come candidato a sindaco per il centrodestra alle ultime elezioni amministrative, ma, da sempre, nel mio attivismo socio – politico, mi sono battuto per la difesa dell’essere umano, degli animali, dell’ambiente sia che lo si voglia chiamare “creato”, sia che si lasci il campo ad un più politicamente corretto “ecosistema”. Ahimé, spesso nella coalizione che governa ormai da tre legislature con un sistema di potere difficilmente scalzabile, ho visto e sto vedendo forti disattenzioni sia verso la persona che verso il creato.

Per l’inceneritore, poi, avendo a lungo studiato il problema, ho personalmente prospettato un’alternativa reale, che considero ecologica ed economica. Ma chi governa il Comune ha fatto orecchie da mercante. E l’amministrazione, non mi pare di centro – destra!!

Certo, nella caricatura della situazione politica che la livorosa penna del mio interlocutore ha vergato, vi entrano aspetti e questioni diversissime tra di loro. Personalmente, ad esempio, considero assai importanti la salvaguardia della fauna e quella dell’ecosistema in tutte le sue forme, in modo che gli insediamenti umani possano integrarsi armonicamente con l’ambiente, come dovrebbe essere…

Ma ritengo che fulcro di tutto debba essere l’essere umano. Ad esempio, sperperare risorse pubbliche nel progetto “Life Ursus” è una prassi che si commenta da sola, specie poi quando, da parte della Giunta, ci si sente rispondere spesso che dindini per gli esseri umani…non ce ne sono.

A volte, poi, è accaduto che un certo conservatorismo ambientalista si opponesse ad una strada di fondovalle – oggi unanimemente lodata - e lasciasse ingolfarsi i paesi di smog e le strade d’incidenti mortali, causando effetti ben più deleteri di quelli d’una strisca d’asfalto. Il che più che conservatore in senso stretto è francamente pazzesco.

Ciò che mi preme più di tutto, tuttavia, è porre in luce come non si possa lasciare uccidere gli esseri umani per salvare uno scoiattolo, come paventerebbe invece il mio interlocutore. Credo che la via da seguire sia quella di tutelare entrambi, in un’armonica convivenza. Che poi ciò sia proprio della sinistra con il suo industrialismo feroce o della destra con il suo capitalismo, almeno storicamente, è una favoletta cui è francamente impossibile credere, a meno che non si contempli accanto a ciò una visione antropologica svalutativa dell’essere umano.

E che sia così mi pare è sotto gli occhi di tutti.

D’altronde, rifiutare coloro che in Trentino difendono l’ambiente soltanto perché gli stessi partiti nel resto d’Italia si comportano diversamente, non ha alcun senso. In primo luogo perché tale ragionamento potrebbe esser agevolmente ribaltato in danno alla sinistra, ma soprattutto perché se si ha a cuore l’ambiente, bisognerebbe cercare di dare una mano a chi realmente lo tutela, non a chi lo tutelerebbe secondo un ordine cosmico personale e del tutto avluso dalla realtà.

Ma, si sa, è un vetusto problema della sinistra, ben espresso dal marxista Marc Bloch: “Se i fatti contrastano con le teorie, peggio per i fatti”.

Pino Morandini

mercoledì 14 ottobre 2009

A proposito del povero Dante in trincea

Il povero Alighieri nella piazza che da lui stesso prende il nome ne ha viste di ogni genere. Tra guerre mondiali, sommosse, gestioni disastrose della Provincia insediata a due passi da lì, il toscanaccio con la manona puntata a nord ne sa una più di Bertoldo.

Sarà per questo che è stato messo in castigo?

Infatti che una trama di sacchi di sabbia, impalcature e scandali metallici è sorta, sotto forma d’installazione ed a spese del contribuente, tutt’intorno alla statua del poeta ed ai gironi infernali ivi richiamati.

Dante è in trincea, e noi paghiamo, insomma.

Sono passati circa novant’anni da quando gli ultimi trentini scontarono l’orrore ammassati nelle trincee, ed il contribuente, al solito, pagava..

Del resto, oggi come allora, il mondo è scosso da crisi globali che, con accenti drammatici spettrali vagano per i continenti.

La disoccupazione sale, la povertà cresce, i redditi medio – bassi sono falcidiati, bombardati da tutt’una congerie di fattori, le strutture socio – assistenziali reclamano più sostegno e mancano di personale, la previdenza sociale è sottoposta a cesoie e….udite, udite… una parte del gettito fiscale raccolto nella nostra Provincia serve per rinchiudere un monumento fra impalcature e sacchi di sabbia.

Un altro bel giro nell’assurdo, insomma. Ma, forse che tutto quel fiorire di trinceramenti attorno all’immortale figura dell’Alighieri non serva a celare al suo udito le abissali topiche che va compiendo l’amministrazione provinciale?

Chissà cosa avrebbe da dire in proposito, il nostro.

Intanto, lo sperpero continua nell’indifferenza dei molti che, in vario modo, hanno sostenuto e sostengono questa coalizione che governa Trento ed il Trentino

Forse, nemmeno una cantica dantesca servirebbe ad aprire gli orecchi di chi, per ragione di varia convenienza, s’ostina a non sentire.

Interrogazione “ Com’è possibile che a Dasindo, in oltre tre mesi, non sia stata risolta la carenza idrica che minaccia l’integrità dei cittadini?”

Trento 13/10/09

Al Presidente del Consiglio Provinciale

Giovanni Kessler

SEDE





Interrogazione





“ Com’è possibile che a Dasindo, in oltre tre mesi, non sia stata risolta la carenza idrica che minaccia l’integrità dei cittadini?”




Quella degli abitanti di Dasindo, ultima frazione del Comune di Lomaso, è ormai un’odissea. Da oltre tre mesi, infatti, oltre centotrenta residenti, pressoché ignorati dalle istituzioni, hanno dovuto fare i conti con incessanti e continue sospensioni del servizio idrico, con conseguenti ed esasperanti disagi.

Anche perché, quando l’acqua nei rubinetti non è sospesa, spesso esce comunque con scarsissima pressione, rendendo gravemente deficitario e carente un servizio indispensabile e, per molti versi, più essenziale di quello dell’elettricità e del telefono.

A questi continui disservizi, che hanno messo a dura prova i nervi degli abitanti di Dasindo, si è aggiunto un apice di inaudita gravità: dalle 18 di sabato scorso, 10 ottobre, alle ore 4 di domenica 11 ottobre, i rubinetti sono rimasti interamente a secco, scatenando, com’è comprensibile, indignazione e nervosismo tra i cittadini della zona.

Quel che più sorprende, oltre alla gravità del singolo episodio, è la disattenzione delle istituzioni provinciali e comunali verso detto disservizio, perdurante ormai da oltre tre mesi.

Trattasi, infatti, non di una carenza accessoria per la vita dei cittadini di Dasindo, bensì di una gravissima deficienza che, tra le altre cose, mette a rischio l’integrità stessa dei cittadini; basti pensare agli innumerevoli utilizzi che l’acqua spesso riveste in situazioni di emergenza.

Si auspica pertanto che chi di dovere si prenda le proprie responsabilità e, una volta risolte le urgenze in parola, renda le ragioni di un disagio perdurante da mesi e colpevolmente ignorato.









Ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:



1) se è a conoscenza della situazione descritta in premessa;



2) in caso affermativo, come spiega che da oltre tre mesi gli abitanti di Dasindo patiscano, inascoltati, un disservizio così grave e pericoloso come quello della mancanza d’acqua;





3) per quali ragioni, senza il benché minimo preavviso, dalle ore 18 di sabato 10 alle ore 4 della domenica successiva, i rubinetti di centinaia di residenti sono rimasti a secco;



4) se non reputa urgente individuare delle responsabilità per una carenza di servizi così abissale ed inspiegabile;





5) come intende attivarsi per far sì che, in futuro, simili episodi non si ripetano più e soprattutto che agli abitanti di Dasindo sia garantito l’utilizzo normale di quella fondamentale risorsa che è l’acqua.

Interrogazione sulla Valdastico

Trento12/10/09

Al Presidente del Consiglio Provinciale

Giovanni Kessler

SEDE



Interrogazione

“Qual è il reale intendimento della Giunta provinciale in ordine alla realizzazione dell’A31 della Valdastico e agli eventuali pedaggi?”




I continui tentennamenti non piacciono più ai sindaci della Valsugana, che ora chiedono a gran voce a chi amministra la Provincia di darsi una mossa: nel senso prolungamento dell’A31, strada che, favorendo uno strategico collegamento viario col Veneto, contribuirebbe non poco al decongestionamento del traffico della Valsugana, che da tempo sta scontando pesanti conseguenze: sia in termini di vite umane vittime d’incidenti automobilistici (dell’ordine di otto o nove all’anno), sia in termini di inquinamento.

E’ chiaro che per procedere alla realizzazione della Valdastico occorre, prima di tutto, che la Giunta provinciale metta in chiaro ai cittadini della Valsugana e non solo, quali forme di accordo si intendono stipulare o si stanno per stringere col la regione Veneto, accordi che com’è evidente potrebbero riguardare anche un eventuale pedaggio.

Infatti, uno dei nodi critici che in molti, inascoltati, stanno sollevando, è proprio quello degli eventuali e futuri pedaggi.

Gli amministratori del Veneto, già due giorni fa, hanno fatto sapere della realizzazione di un collegamento a pedaggio verso il Trentino ma, a questa notizia, non è corrisposta alcuna smentita o conferma da parte dei nostri amministratori.

Il che, com’è comprensibile, accresce la tensione tra i sindaci della Valsugana, già ansiosi, come si rammentava poc’anzi, di conoscere i tempi della realizzazione di un progetto che agli occhi loro, come a quelli di tutti i trentini, assomiglia sempre più ad un rebus.

Si fatica infatti a comprendere per quali ragioni il Presidente ed il vicepresidente della Giunta provinciale con delega alla viabilità, già ampiamente sollecitati dai primi cittadini della Valsugana, non diano risposte chiare ai quesiti che vengono loro sottoposti.

L’urgenza della realizzazione del prolungamento del’A31, giorno dopo giorno, si fa più grande, così come aumenta la curiosità su modalità e criteri con i quali questa verrà realizzata.

Trattandosi di un progetto che, se realizzato, potrebbe conferire sollevare da una serie di disagi una zona , quella della Valsugana, ampiamente vessata da incidenti, traffico ed inquinamento, non si fatica a comprendere l’ansia di chi, a proposito di questo progetto, è stanco di non avere risposte.

E’ tempo pertanto che chi di dovere faccia chiarezza, e lo faccia il prima possibile.





Tutto ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:





1) qual è il reale intendimento della Giunta provinciale in ordine al prolungamento dell’A31, che dovrebbe collegare Trentino e Veneto;

2) in caso di orientamento positivo, a che punto è il progetto relativo a detto prolungamento;

3) entro quali termini pensa che i lavori di realizzazione di detto progetto avranno inizio;

4) entro quali scadenze stima che siffatti lavori saranno terminati;

5) se saranno o meno predisposti pedaggi per coloro che, imboccando il prolungamento dell’A31, vorranno recarsi in Veneto partendo dal Trentino;

6) in caso affermativo a quanto crede ammonteranno tali pedaggi;

7) se reputa che detti pedaggi siano necessari.

“Occorre predisporre specifiche campagne di formazione ed informazione contro l’abuso di alcolici per i più giovani”

Trento, 8/10/2009

Al Presidente del Consiglio Provinciale

Giovanni Kessler

SEDE



Proposta di mozione



“Occorre predisporre specifiche campagne di formazione ed informazione contro l’abuso di alcolici per i più giovani”




Come ogni dipendenza, anche quella da alcolici rappresenta una minaccia sociale molto seria, soprattutto per i più giovani.

Se infatti l’alcolismo è purtroppo piaga nota, decisamente inedite sono invece le forme mediante le quali detta dipendenza sta prendendo piede, andando a colpire in modo consistente fasce di giovani un tempo estranee a questo problema, come per esempio i giovanissimi e il pubblico femminile.

Ad aver determinato questo devastante fenomeno sono diversi fattori.

Certamente non ha giovato un’ormai decennale cultura dello sballo, che ha promosso, anche a scapito della stessa tutela della salute, una sfrenata rincorsa alla trasgressione in quanto tale ed al rifiuto sistematico del buon senso, additato come imposizione autoritaria dalla quale prendere le distanze, in nome di una non meglio definito senso della ribellione.

A questo si aggiunga la distribuzione commerciale, sempre più capillare, dei cosiddetti “alcopops”, le bevande a basso tasso alcolico, il cui aumento, dal 1997 al 2001, è stato del 32,7%.

Trattasi di bevande che, pur contenute nelle ricadute che possono arrecare, rappresentano ugualmente una pericolosa minaccia per i più giovani, che ricorrendovi vengono, anche in età giovanissime, iniziati agli aperitivi, rituali da tempo trasformatisi da occasioni di saluto preserali quali erano, a momenti di trasgressione.

Come accennavamo poc’anzi, anche il pubblico di utenti degli alcolici, cambiato rispetto a quello di pochi anni addietro, sembra diversificarsi: lo psicobiologo americano Robert Cloninger, studioso della Washington University, a questo proposito ha messo in luce come, mentre i ragazzi sarebbero più orientati al consumo di birra, le ragazze, le vere nuove protagoniste della crescita di diffusione dell’alcool, sarebbero più orientate al ricorso a vino e ad aperitivi, bevande aventi notoriamente una più elevata gradazione alcolica.

A smentire chi tenta di minimizzare il problema vaneggiando talora di presunti benefici che porterebbe l’uso di alcool, ci hanno pensato le stesse riviste scientifiche.

Sulle pagine dell’autorevolissima rivista inglese Lancet, Ian Gilmore del Royal College of Psysicians ha affermato testualmente:”Non è vero, o meglio non è dimostrato, nonostante che si provi da molti anni a dar credito alla colorita diceria degli effetti benefici sul cuore e sui vasi. Non c’è un livello di alcolici scevro di rischi: nessuno lo ha scovato. E anche il privilegio, tutto francese, di non avere il colesterolo sopra le righe nonostante il gran numero di burro, attribuito al potere antiossidante dei polifenoli del vino rosso, è solo un’ipotesi affascinante”.

Se non abbiamo notizia di effetti benefici dell’alcool, conosciamo invece molto bene le devastanti conseguenze negative che arreca praticamente su quasi tutti gli organi e i tessuti del corpo: cirrosi epatica, epatiti alcoliche, varici esofagee anche sanguinanti, gastriti e ulcere, polinevriti a carico degli arti, infarto cardiaco, ipertensione e formazioni cancerose su bocca, esofago, stomaco sono solo alcuni di questi effetti.

Tornando alle mutate forme dell’alcolismo, Franca Beccaria dell’Università di Torino, in occasione del recente convengo “Alcol e generazioni: continuità e cambiamenti”, tenutosi nell’ex capitale d’Italia lo scorso 15 maggio, ha sottolineato con singolare chiarezza come le nuove forme rituali del problema siono riconducibili ad abusi di bevande che si consumano quasi esclusivamente in gruppo, che svolge simultaneamente il ruolo di nocciolo identitario e di nucleo di controllo, ad una sorta di nuova Sindrome di Stendhal che riconduce il disagio alla precarietà di scelte che investe l’attuale generazione di giovani, ed un ricorso ansiolitico e anestetizzante degli alcolici, che diventerebbero in questo modo l’estremo rimedio a squilibri affettivi e relazionali altrimenti percepiti come incolmabili.

Nel medesimo convegno, il professor Franco Prina si è interrogato su un altro aspetto spesso poco considerato dalle istituzioni, ovvero un orientamento che enfatizza, a scapito di un progetto educativo più organico e compiuto, la sola dimensione prescrittiva come disincentivo al ricorso all’alcool.

Del resto, se si lancia uno sguardo al panorama internazionale, si segnalano numerosi tentativi, taluni anche assai originali, per arginare la diffusione dell’alcolismo.

Il più curioso fra questi è certamente la Security Feel Beer, conosciuta come “bibita anti-sbornia” e già diffusa in Francia, Germania, Svizzera, Russia e Cina.

Trattasi di una bevanda al gusto di mela e pera e a base di acido asorbico e acido citrico, che sarebbe in grado di ridurre addirittura del 50% in soli 40 minuti.

Ma promuovere soluzioni come queste, com’è evidente, significa solo riconoscere una pesantissima sconfitta educativa che le istituzioni non devono per nessuna ragione accettare.

Anche perché in gioco non ci sono astratte considerazioni, bensì la vita dei nostri giovani che, in seguito all’uso di alcool, mettono sempre più a rischio la loro vita e quella di chi come loro si mette al volante.

A questo riguardo, come si dice, sono i numeri a parlare: in Trentino, nel solo primo semestre del 2009, sono stati 47.196 le infrazioni registrate in seguito a guida in stato di ebbrezza.

Nel medesimo periodo, gli incidenti mortali sono stati ben 16: un vero bollettino di guerra per una Provincia con un contenuto numero di abitanti, anche perché molto spesso si tratta di vittime giovani, con davanti a sé tutta la vita nonché risorse insostituibili anche per il Trentino, oltre che per l’affetto dei loro cari.

Ragion per cui urge l’immediata predisposizione di un progetto educativo che sappia, entro breve, potenziare in modo efficace la finora troppo debole campagna di sensibilizzazione su queste tematiche.

Un esempio da imitare, a questo proposito, è quello posto in essere dalla Asl di Milano, che ha deciso di inviare i propri operatori nelle scuole al fine di insegnare ai giovani come affrontare e motivare gli opportuni rifiuti all’alcool.

Ecco come Riccardo Gatti, direttore del dipartimento Dipendenze dell’Asl di Milano spiega detto piano educativo:”Noi abbiamo messo a punto un metodo che si basa sulla drammatizzazione delle situazioni […] il problema maggiore è sapere dire di no ai suoi amici senza per questo sentirsi discriminato o isolato dal gruppo. Noi insegniamo questo, a rifiutare l’offerta e a proporre alternative. Insegniamo a dire di no”.

E’ evidente come siffatti progetti rispondano in modo molto più diretto di molta cartellonistica, anche perché mirano ad intercettare direttamente i giovani, senza affidarsi a strategie esterne quali sono le campagne di sensibilizzazione, troppo spesso ignorate.

Di qui l’esigenza, anche per il Trentino, di mobilitare i propri esperti secondo un programma ed un calendario prestabilito che possa consentir loro di portare nelle scuole e non solo, le ragioni che un giovane dovrebbe far proprie per dire di no allo sballo, e per seguire una crescita ed una maturità più piena e lungimirante.

Anche perché, accanto a quelle sopraccitate, ci sarebbero diverse modalità con le quali promuovere una sensibilizzazione a questo tema, talune anche gradevoli per gli stessi alunni, come ad esempio l’organizzazione di concorsi dove si premiano i temi ed i disegni migliori in ordine alla prevenzione di alcool.

Così facendo, infatti, si potrebbe ampliare l’opera di prevenzione anche agli alunni più giovani, rinforzando di molto quel progetto educativo del quale le istituzioni dovrebbero farsi carico, in modo da non lasciare alle sole famiglie - che pure ne sono le prime interessate – e alle comunità che operano già da decenni nel settore, l’onore e l’onere di far capire ai giovani l’importanza di una vita sana, nella quale i valori principali non siano la trasgressione e lo sballo, ma l’amore per sé stessi e per il prossimo.

Benché possa apparire un’opera titanica, la posta in gioco è troppo alta per rinunciare preventivamente a questa scommessa: ne va del nostro futuro, oltre che del nostro presente.









Ciò premesso il Consiglio della Provincia Autonoma di Trento impegna la Giunta a:



1) predisporre quanto prima un calendario organico e completo di lezioni ed incontri formativi ed informativi secondo le linee di cui in premessa all’interno di scuole, gruppi di volontariato, oratori, per divulgare con forza il messaggio di rifiuto e di prevenzione nei confronti dell’abuso di alcolici ;

2) accrescere le misure di sostegno alle comunità che seguono ragazzi con problemi di alcolismo;

3) indire appositi concorsi presso le scuole che, mediante premi per i migliori temi e disegni, valorizzino anche tra i più giovani la cultura della vita e dell’amicizia in antitesi alle culture della trasgressione e dello sballo.

..a Proposito di Chico Forti

Caro De Battaglia,

Le scrivo per sottoporre all’attenzione del “Diario”, finestra attenta e quotidiana sul mondo trentino, un’importante e coraggiosa presa di posizione del nostro Consiglio Regionale che, in data 22 settembre, ha approvato all’unanimità una Mozione proposta dal sottoscritto con la quale ha inteso “adoperarsi, unitamente al Presidente della Giunta, presso le competenti Istituzioni nazionali - Capo dello Stato e Presidente del Consiglio - affinché possa essere chiesta alle Autorità statunitensi quantomeno una revisione del processo che ha visto la condanna dell'imprenditore trentino Enrico Forti”.

L’approvazione di questa mozione segna un importante passo in avanti per la vicenda di Enrico “Chico” Forti, imprenditore trentino implicato, processato e condannato come colpevole in una vicenda torbida quanto ambigua, che ha visto un processo assai sommario della cui trasparenza, per innumerevoli motivi, è oltremodo ragionevole dubitare.

A tutt’oggi, ed ormai da nove anni, Chico Forti è richiuso in un carcere della Florida, senza che più nulla si sia mosso. Lodevolmente sono sorte spontanee aggregazioni di cittadini sia negli Usa che in Italia – qui un apposito Comitato –ma le competenti autorità statunitensi, a tutt’oggi, non hanno ritenuto di riaprire il caso giudiziario, nonostante le molte ombre che lo hanno accompagnato.

Benché non si intraveda, quindi, un’immediata risoluzione dell’”odissea” dell’imprenditore, confesso d’aver provato immensa soddisfazione finalmente la politica impegnata in modo diretto, concreto e trasversale per la difesa dei diritti dei propri cittadini,in questo caso anche sul versante di questioni di rilievo internazionale.

In tempi di crisi economica e di comprensibile disaffezione sociale verso il mondo della politica, vedere un Consiglio regionale che approva all’unanimità una mozione atta a difendere la dignità e la vita di un proprio concittadino, è un segnale importante, che fa bene sperare. E che risponde concretamente a chi, per fede o per tenacia, non ha mai perso la speranza, come il sottoscritto. Auspico vivamente che i vertici nazionali tengano in somma considerazione il voto unanime della massima Autorità regionale, per il quale ringrazio ciascun componente.

Pino Morandini

“A Ciré urgono misure anti inquinamento per la Vetri Speciali Spa che tutelino i residenti della zona”

Trento 7/10/09

Al Presidente del Consiglio Provinciale

Giovanni Kessler

SEDE





Interrogazione



“A Ciré urgono misure anti inquinamento per la Vetri Speciali Spa che tutelino i residenti della zona”



La “Vetri Speciali Spa”offre certamente impiego a numerosi lavoratori e contribuisce i in modo determinante alla produttività industriale della provincia.

La ripresa della sua attività è quindi salutata positivamente considerate le numerose famiglie che vino sul lavoro presso detta azienda.

Quando, tuttavia, è in gioco la salute dei cittadini, che viene prima d’ogni cosa, è bene che le istituzioni si attivino con urgenza per appurare se effettivamente vi siano rischi per la loro salute ascrivibili ad emissioni inquinanti da parte di qualche attività industriale.

A ciò si collega l’iniziativa dei residenti di Ciré, che sono organizzati in un apposito gruppo denominato “Comitato residenti Ciré”avente come scopo quello di tutelare la loro salute.

Per far definitivamente luce sulla reale nocività di queste emissioni, i cittadini organizzatisi nel “Comitato residenti Ciré”hanno chiesto a gran voce delle verifiche da parte dell’Azienda sanitaria e dell’Agenzia provinciale per la tutela dell’ambiente.

Che la battaglia degli abitanti di Ciré non sia campata in aria lo dimostra la fase di fermo disposta dalla magistratura alla citata ditta, fase di fermo che a detta di qualcuno sarebbe riconducibile proprio alle sospette emissioni inquinanti.

E’ quindi urgente che la Giunta provinciale disponga dette verifiche. Non solo.

Ma pure di dare immediato ascolto alle problematiche sollevate dal “Comitato residenti Ciré”, e di disporre tempestivi controlli concernenti la contestata regolarità delle polveri emesse dalla “Vetri Speciali Spa”.





Ciò premesso, si interroga l’Assessore competente per sapere:



1) se era a conoscenza della situazione descritta in premessa;

2) se non reputa urgente disporre delle ispezioni o sollecitare chi di competenza a farlo, al fine di far luce sulle sospette emissioni di polveri da parte della “Vetri Speciali Spa”;

3) se non reputa prioritario attivarsi con immediatezza, visto e considerato che in gioco non ci solo semplici lamentale, ma la salute stessa dei cittadini di Ciré, che potrebbe risultare minacciata;

4) entro quali termini pensa di attivarsi;

5) qualora le emissioni di polveri da parte della “Vetri Speciali Spa” risultassero oltre i limiti consentiti, quali provvedimenti intende adottare.

Altra interrogazione sull'inceneritore

Trento 2/10/09

Al Presidente del Consiglio Provinciale

Giovanni Kessler

SEDE





Interrogazione



“Come mai per lo studio di fattibilità dell’inceneritore ci si è rivolti ad un esperto proveniente da fuori Regione, anziché valorizzare risorse personali locali che sono certamente all’altezza?”




Data la rilevanza del problema inceneritore, e data i rischi sulla salute dei cittadini che la realizzazione e soprattutto il funzionamento di questo comporta, la maggioranza che governa questa comunità pensato, per metterne a fuoco la fattibilità, di rivolgersi a degli esperti con lo scopo, appunto, di meglio comprendere quali siano gli effettivi rischi che questa modalità di smaltimento dei rifiuti comporta o potrebbe comportare.

Detto studio di fattibilità, reperibile sul sito del Comune di Trento e consistente in ben 232 pagine, ha visto la consulenza e la firma di cinque esperti tra i quali si segnala un noto docente dell’Università di Udine.

Assolutamente nulla contro quel docente né tanto meno contro la credibilità dell’Università di Udine, sia chiaro; solo si sottolinea la singolarità di detta consulenza quando in città la presenza di esperti di almeno pari competenza non manca.

In terra trentina, e con posti di responsabilità alta, annotiamo la presenza di persone assai esperte epidemiologia, ed in grado di avere uno sguardo d’insieme sulle malattie tumorali nel Trentino.

Ebbene, nonostante la comprovata esperienza di esperti locali, si è pensato bene di cercare consulenze altrove, addirittura in altre regioni.

Il che, se non è sospetto, suona quanto meno singolare.

Anche perché gli esperti locali , non hanno mai fatto mistero del proprio scetticismo circa la presunta non nocività delle emissioni inquinanti degli inceneritori, aspetto che incrementa ulteriormente il dubbio che le istituzioni, anziché di un’opportuna verifica delle effettive problematiche connesse all’inceneritore, si siano invece fatte promotrici di questo per partito preso.

E’ un dubbio, questo, che merita chiarimenti, anche perché in gioco, in questo caso, non c’è “una” questione politica, bensì “la” questione politica, ossia la salute dei cittadini.



Ciò premesso, si interroga l’Assessore competente per sapere:



1) sulla base di quali motivazioni per lo studio di fattibilità operato dal Comune di Trento sull’inceneritore si siano consultati esperti provenienti da fuori Regione omettendo, invece, di sentirne altri non meno titolati che risiedono a Trento;

2) se non giudica - dal momento che sono molti degli esperti locali sono assai scetticismi sull’innocuità dell’inceneritore – quanto meno singolari questo consulenze esotiche;

3) se non crede singolare che, a fronte di un dibattito scientifico tutt’ora in corso, si voglia far passare l’idea, del tutto fuorviante, di un accordo da parte degli ambienti scientifici circa la non pericolosità degli inceneritori:

4) come intende attivarsi per garantire pluralismo nel dibattito pubblico sull’inceneritore, opera che, semmai verrà realizzata, toccherà da vicino tutti i trentini e la loro salute.

“ Quando aprirà la Casa di riposo di Lisignago?”

Trento1/10/09

Al Presidente del Consiglio Provinciale

Giovanni Kessler

SEDE



Interrogazione



“ Quando aprirà la Casa di riposo di Lisignago?”




Si sta seguendo con apprensione la vicenda legata all’auspicata apertura della Casa di Riposo di Lisignago, decisa con forza ancora negli anni ’90 da chi, tra gli scriventi, gestiva l’Assessorato alla Sanità ed alle Politiche sociali e dalla Giunta provinciale del tempo al fine di dotare finalmente anche la comunità della Valle di Cembra almeno di una Casa di Riposo, per evitare l’”emigrazione” dei propri anziani verso Case di Riposo situate in altre valli del Trentino.

Si sono purtroppo verificate successivamente diatribe tra alcuni esponenti politici in valle, che hanno ritardato l’inizio dei lavori.

Quanto, poi, ai lavori protrattisi per oltre dieci anni hanno dovuto registrare in ordine il fallimento della prima ditta costruttrice ed il ricorso, poi respinto dal Tar, sull’aggiudicazione degli arredi.

Il tutto ha ritardato l’apertura della Casa di riposo (Rsa) di Lisignago, struttura strategica (può ospitare oltre 70 anziani) per la Valle di Cembra, ed a tutt’oggi si accumulano rinvii sulla data d’apertura.

Data d’apertura sulla quale in molti non mancano di esprimere serie riserve, soprattutto in considerazione del fatto che pare che all’interno di detta Casa di riposo manchino a tutt’oggi diversi arredi e attrezzature; si parla di letti, mobili e cucina che, nonostante la conclusione degli appalti di fornitura, rimarrebbero da installare.

Tiepide rassicurazioni parlano di un’apertura alla volta del prossimo inverno, ma i gravi ritardi già maturati alimentano perplessità oramai diffuse.

L’importanza strategica della struttura, unitamente alla sua generosa capienza, deve indurre le autorità ad accelerare quanto più possibile la sua apertura. Anche perché, com’è evidente, la riapertura della Casa di riposo di Lisignago non rappresenta solo una preziosa opportunità per tanti anziani della Valle di Cembra, che avrebbero occasione di essere accolti e assistiti con attenzione, evitando di cercare ospitalità presso le Case di Riposo dislocate qua e la nel Trentino, ma anche una possibilità lavorativa per tanti operatori socio sanitari, ed infermieri ed altre eventuali figure professionali!





Tutto ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:



1) quando prevede che sarà effettiva l’apertura della Casa di riposo della Val di Cembra, di cui v’è da anni particolare necessità ed urgenza, anche per altri “lidi” lontani del Trentino;

2) che cosa intende attivare la Giunta provinciale per garantire che della apertura avvenga quanto prima;

3) quanto personale verrà assunto per lavorarvi ed a quali figure professionali appartiene;

4) in base a quali modalità detto personale verrà assunto.

Interrogazione sugli effetti dell'inceneritore sulla salute pubblica

Trento 1/10/09

Al Presidente del Consiglio Provinciale

Giovanni Kessler

SEDE



Interrogazione



“ Perché la Giunta provinciale non si attiva per far conoscere ai cittadini le ricadute sulla loro salute dovute alla presenza dell’inceneritore?”




Le inchieste giudiziarie in corso sui siti inquinanti e i ripetuti confronti a livello politico non hanno di fatto permesso di chiarire un interrogativo di primaria importanza concernente anch’esso, fra le altre cose, lo stato di salute dei trentini, ovvero: quali ricadute avrebbe sui cittadini la realizzazione di un inceneritore?

Teniamo presente che esiste una pesante emissione, da parte degli inceneritori, di polveri sottili, il cui solo 10% delle quali risulta noto e classificato.

La stessa norma che regolamenta le emissioni degli inceneritori non tiene conto delle innumerevoli tipologie – qualcuno azzarda il numero di 5000 – di polveri sottili che la Legge vigente ignora e che sarebbero altamente inquinanti.

Riprova ne sarebbe il caso di Trieste, dove uno studio compiuto dal CIGRA (Centro Interdipamentimentale per la Gestione e Recupero Ambientale) dell’Università di Trieste su commissione del Comune ha avuto come scopo il rilevamento di una serie di inquinanti, tra cui le poveri sottili PM2.5: gli strumenti dei CIGRA sono stati posti a fianco della centralina di rilevamento inquinanti.

Ebbene, in un mese di misurazioni, dal primo febbraio al 5 marzo 2006, gli analizzatori hanno rilevato bene sei sforamenti del livello delle polveri sottili [PM10] e ben 17 (in pratica ogni due-tre giorni) di quello delle polveri sottilissime [PM2.5].

Sempre a Trieste, nel 1995, venne condotto uno studio epidemiologico che metteva in relazione le sorgenti di inquinamento (inceneritore, porto merci, ferriera, centro cittadino) ai casi di tumore al polmone, studio che dimostrò al di sopra di ogni ragionevole dubbio una correlazione assai elevata tra prossimità delle fonti inquinanti e rischio di ammalarsi di cancro al polmone.

Volendo dare uno sguardo al panorama internazionale, si può ricordare come nel 1996 venne pubblicato uno studio relativo al Regno Unito (basato su dati di decessi per cancro dal 1974 al 1987) nel quale si confrontavano i casi di cancro registrati entro 7,5 Km da 72 inceneritori.

Detto studio conteneva dati su oltre 14 milioni di persone per un periodo di 13 anni.

Orbene, venne riscontrato un rischio aggiuntivo che andava dal 2-4% per i più distanti, all’5-8% per i residenti entro i 3.5 Km dall’inceneritore: gli autori stessi affermarono che una parte di questa percentuale può essere dovuta a fattori sociali non ben considerati, ma che forse un residuo era da considerare come causato dagli inceneritori stessi.

Erano dati, come ebbero a riconoscere i ricercatori inglesi, che mettevano in luce come vi fossero comunque 11.000 morti per cancro in più rispetto al totale nazionale del Regno Unito.

Questi ed altri esempi debbono indurci a chiedere a gran voce alla Giunta provinciale di fare urgentemente chiarezza in ordine alle ricadute sulla salute dei cittadini e sulla sicurezza ambientale.

Si ricorda, inoltre, come con legge provinciale 10/2004, il Consiglio provinciale abbia modificato l’art. 72 del testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell'ambiente dagli inquinamenti, affidando ai Comuni, in forma associata, le fasi del trattamento e smaltimento dei rifiuti, comprese la realizzazione e della gestione del futuro impianto di incenerimento.

La modifica di legge, a detta della Giunta provinciale, si è resa necessaria per permettere l’affidamento diretto a Trentino Servizi della progettazione e gestione dell’inceneritore, senza passare attraverso le procedure europee d’appalto.

Fino alla stipula di una formale convenzione tra i comuni, le competenze riguardo alla realizzazione ed alla gestione dell’impianto, restano in capo al Comune di Trento.

A distanza di anni, è tempo di capire, in proposito, a che punto sia lo stato di convenzionamento dei 222 Comuni del Trentino, se non altro per appurare con quale efficacia si stia seguendo la politica di tutela ambientale e della salute dei cittadini.





Tutto ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:





1) se non ritenga doveroso ed urgente che la Giunta provinciale si adoperi fattivamente per far conoscere alla popolazione le ricadute sulla salute dei cittadini causate da un impianto comunque inquinante qual è quello dell’inceneritore;



2) se non reputa lesivo del principio di precauzione la realizzazione di un inceneritore in una provincia, come il Trentino, già virtuosa in fatto di gestione dei rifiuti, soprattutto per quanto concerne la raccolta differenziata;





3) a che punto è il convenzionamento sulla gestione dei rifiuti previsto dalla L.P. 10/2004 tra Provincia e Comuni.

domenica 27 settembre 2009

Mozione su Chico Forti approvata all'unanimità dal Consiglio Regionale

“Enrico Forti ha diritto ad un processo”



Dopo appena venticinque giorni di processo sommario, il 15 giugno del 2000, Enrico Forti, imprenditore trentino recatosi all’estero per ragioni di lavoro, venne condannato per omicidio.

L’intera vicenda ha dell’incredibile: costui, secondo la giuria popolare della Dade Country di Miami, sarebbe il mandante dell’omicidio di Dale Pike, figlio di Antony Pike, conoscente di Forti a quel tempo in gravi difficoltà economica.

Per comprendere l’inconsistenza delle accuse mosse a Forti, non occorre scendere nei particolari e basta rammentare, com’è stato ampiamente provato, che l’intero contatto tra Forti e Dale Pike è durato appena mezz’ora, che i due non si erano mai incontrati e che l’imprenditore trentino non aveva alcuna ragione per vendicarsi col padre del ragazzo, che, anzi, avrebbe dovuto incontrare di lì a poco, vale a dire il 18 febbraio, a New York.

Inoltre - a parte il fatto che non è mai stata trovata l’arma del delitto, che nessuno ha mai provato in alcun modo il contatto tra l’assassino di Pike, tutt’ora senza nome, e Forti - ulteriore prova dell’innocenza dell’imprenditore trentino è riscontrabile nel fatto che costui, convocato come persona informata dei fatti poco dopo l’omicidio, si recò spontaneamente e senza avvocato al dipartimento di polizia. Comportamento assai singolare, per un potenziale mandante d’omicidio.

A questo si aggiunga la totale assenza a suo carico, escluse quelle “circostanziali”, la cui inconsistenza è denunciata dallo stesso vocabolo, che rimanda a circostanze, coincidenza, ma certo non a certezze o a fatti.

L’assenza di prove a carico di Forti fu tale che il pubblico ministero locale, Reid Rubin, impiegò ben ventotto mesi per predisporre la sua arringa finale, un vero e proprio record, tipico di chi è costretto a costruire un impianto accusatorio sulle sabbie mobili.

Paradosso finale dell’intera vicenda, fu che la parola finale, al processo, venne concessa proprio al pubblico ministero Rubin, che fu pertanto libero di avanzare la più strampalata delle teorie, consapevole del fatto che né Forti, né il suo avvocato avrebbero potuto opporre replica alcuna.

Questo l’incredibile pronunciamento, dopo appena poche ore di ritiro, della Corte:

“La Corte non ha le prove che lei sig. Forti abbia premuto materialmente il grilletto, ma ha la sensazione, al di là di ogni dubbio, che lei sia stato l’istigatore del delitto. I suoi complici non sono stati trovati ma lo saranno un giorno e seguiranno il suo destino. Portate quest’uomo al penitenziario di Stato. Lo condanno all’ergastolo senza condizionale”.





Ciò premesso il Consiglio regionale della Regione Autonoma Trentino- Alto Adige/Südtirol impegna il Presidente del Consiglio e l’Ufficio di Presidenza



ad adoperarsi, unitamente al Presidente della Giunta, presso le competenti Istituzioni nazionali – Capo dello Stato e Presidente del Consiglio – affinché possa essere chiesta alle Autorità statunitensi quantomeno una revisione del processo che ha visto la condanna dell’imprenditore trentino Enrico Forti.

martedì 22 settembre 2009

Interrogazione:Quale futuro per i sessanta lavoratori della ex Lovara?

Alle continue rassicurazioni, ancora una volta, non sono seguite risposte concrete.

Accade così che a Malè ben sessanta lavoratori ex Lowara siano ancora in attesa di essere assunti dalla Sitos Srl, azienda che ha rilevato lo stabile e che, in seguito ad accordi stretti con la Provincia, entro pochi mesi avrebbe dovuto provvedere alla loro assunzione.

Gli accordi prevedevano che l’azienda assumesse trenta lavoratori entro la fine del 2008, per poi, entro il 2009, arrivare a quarantacinque ed infine, nel 2010, dare un lavoro a tutti e sessanta.

Purtroppo, i ritardi maturati sinora lasciano supporre che non solo le tempistiche accordate in precedenza tra la Sitos Srl e la Provincia non saranno rispettate, ma che vige forte incertezza anche su una futura assunzione di molti dei sessanta lavoratori visto e considerato che, allo stato, appena sei di loro sono stati riassorbiti.

Si susseguono assemblee pubbliche ed incontri, ma cresce, tra i sessanta lavoratori, la comprensibile sensazione che ben poco degli accordi tra la Sitos Srl e la Provincia, alla fine, troverà concreto riscontro. Ora, se da un lato è comprensibile che i rappresentanti della Provincia, tanto più in una così difficile stagione economica, che vede il prodotto interno lordo italiano in grave recessione, incontrino effettive difficoltà a restituire un lavoro ai sessanta lavoratori ex Lowara o comunque ad indirizzarli verso un possibile nuovo impiego, dall’altro, è bene che le istituzioni, specie se hanno già raggiunto accordi, com’è per il caso della Sitos Srl, facciano tutto il possibile per farli onorare.

Ne va, infatti, non solo della credibilità istituzionale della Provincia, bensì del futuro di almeno sessanta famiglie trentine che, come molte altre, non hanno responsabilità per questa crisi economica, e che pertanto meritano tutto l’impegno e l’aiuto possibile.



Tutto ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:



1) per quale ragione l’accordo stretto tra Provincia e Sitos Srl, che prevedeva che, in modo progressivo, ai sessanta lavoratori ex Lowara fossero garantite assunzioni, allo stato non viene rispettato nelle tempistiche concordate;

2) come intende attivarsi per fare in modo che detto accordo venga rispettato;

3) entro quali termini ritiene che a tutti i sessanta lavoratori ex Lowara potrà essere assicurato un impiego;

4) se non ritiene urgente, qualora scemassero gli accordi stipulati tra Provincia e Sitos Srl, valutare strade alternative per cercare nuovi impieghi ai sessanta lavoratori dell’ex azienda di Malè.

lunedì 21 settembre 2009

Proposta di mozione : “Enrico Forti è innocente, aiutiamolo”

Dopo appena venticinque giorni di processo sommario, il 15 giugno del 2000, Enrico Forti, imprenditore trentino recatosi all’estero per ragioni di lavoro, venne condannato per omicidio.

L’intera vicenda ha dell’incredibile: costui, secondo la giuria popolare della Dade Country di Miami, sarebbe il mandante dell’omicidio di Dale Pike, figlio di Antony Pike, conoscente di Forti a quel tempo in gravi difficoltà economica.

Per comprendere l’inconsistenza delle accuse mosse a Forti, non occorre scendere nei particolari e basta rammentare, com’è stato ampiamente provato, che l’intero contatto tra Forti e Dale Pike è durato appena mezz’ora, che i due non si erano mai incontrati e che l’imprenditore trentino non aveva alcuna ragione per vendicarsi col padre del ragazzo, che, anzi, avrebbe dovuto incontrare di lì a poco, vale a dire il 18 febbraio, a New York.

Inoltre - a parte il fatto che non è mai stata trovata l’arma del delitto, che nessuno ha mai provato in alcun modo il contatto tra l’assassino di Pike, tutt’ora senza nome, e Forti - ulteriore prova dell’innocenza dell’imprenditore trentino è riscontrabile nel fatto che costui, convocato come persona informata dei fatti poco dopo l’omicidio, si recò spontaneamente e senza avvocato al dipartimento di polizia. Comportamento assai singolare, per un potenziale mandante d’omicidio.

A questo si aggiunga la totale assenza a suo carico, escluse quelle “circostanziali”, la cui inconsistenza è denunciata dallo stesso vocabolo, che rimanda a circostanze, coincidenza, ma certo non a certezze o a fatti.

L’assenza di prove a carico di Forti fu tale che il pubblico ministero locale, Reid Rubin, impiegò ben ventotto mesi per predisporre la sua arringa finale, un vero e proprio record, tipico di chi è costretto a costruire un impianto accusatorio sulle sabbie mobili.

Paradosso finale dell’intera vicenda, fu che la parola finale, al processo, venne concessa proprio al pubblico ministero Rubin, che fu pertanto libero di avanzare la più strampalata delle teorie, consapevole del fatto che né Forti, né il suo avvocato avrebbero potuto opporre replica alcuna.

Questo l’incredibile pronunciamento, dopo appena poche ore di ritiro, della Corte:

“La Corte non ha le prove che lei sig. Forti abbia premuto materialmente il grilletto, ma ho la sensazione, al di là di ogni dubbio, che lei sia stato l’istigatore del delitto. I suoi complici non sono stati trovati ma lo saranno un giorno e seguiranno il suo destino. Portate quest’uomo al penitenziario di Stato. Lo condanno all’ergastolo senza condizionale”.

Non fosse vero, questo terribile responso sarebbe perfetto sulle labbra di un comico televisivo: come può, in totale assenza di prove, bastare una “sensazione” che pur essendo tale appare, non si capisce come, fondata “al di là di ogni dubbio”, al punto di condannare, senza appello, una persona al carcere a vita?

L’intera vicenda, con ogni evidenza, ha dell’incredibile.

Ragion per cui le istituzioni del Trentino – Alto Adige, regione da cui Forti proviene, non possono prolungare la propria indifferenza davanti alla grave condanna comminata senza prova alcuna a un proprio concittadino, e debbono invece sollecitare il Governo Italiano a prendere quanto prima provvedimenti in difesa di un innocente incarcerato a vita.





Ciò premesso il Consiglio regionale della Regione Autonoma Trentino- Alto Adige/Südtirol impegna il Presidente del Consiglio e l’Ufficio di Presidenza



ad adoperarsi, unitamente al Presidente della Giunta, presso le competenti Istituzioni nazionali – Capo dello Stato e Presidente del Consiglio – affinché possa essere chiesta alle Autorità statunitensi quantomeno una revisione del processo che ha visto l’assurda condanna dell’imprenditore trentino Enrico Forti.

Interrogazione sugli effetti dei siti inquinanti presenti in Valsugana

“Qual è l’incidenza dei siti inquinanti presenti in Valsugana sulla salute dei relativi abitanti e quali rimedi tempestivi intende predisporre la Giunta provinciale?”



Se la crisi occupazionale che sta colpendo la Bassa Valsugana pare sia da considerarsi, come si augurano in tanti, un fenomeno temporaneo cui farà seguito un riequilibrio, i danni arrecati negli ultimi anni sul piano ambientale e paesaggistico a quella zona sembrano destinati, purtroppo, a perdurare a lungo.

Ci riferiamo in particolare ai nuovi casi di tumori maligni, leucemie, bronchiti croniche, sindromi di non-Hodgking dei quali si verifica, nella Bassa Valsugana, un costante aumento.

Aumento che con ogni probabilità è da ascriversi a molte e complesse cause, ivi compresa la conformazione stessa della Valle, chiusa e pressoché blindata da venti che potrebbero garantire ricambio atmosferico.

Ma pure l’ingente presenza di industrie e discariche, talvolta illegali e spesso fortemente inquinanti, come documentano inchieste recente, pare costituisca una causa importante delle anzidette patologie.

Nonostante la gravità del problema, vale a dire la sensazione che gli abitanti della Valsugana, stiano scontando sulla loro salute le infauste conseguenze di inquinamenti frutto di speculazioni, dei quali non sono responsabili, manca a tutt’oggi una verifica che censisca e fotografi la situazione.

Sarebbe pertanto tempo che le istituzioni provinciali facessero luce su questo aspetto oscuro quanto inquietante dell’inquinamento in Valsugana.

In questo modo sarà realmente possibile predisporre rimedi concreti ed efficaci che si che a questo punto si fanno sempre più urgenti e indilazionabili.





Ciò premesso, si interroga l’Assessore competente per sapere:



1) a quanto ammontano, da cinque anni ad ora - e distinti per voci - i nuovi casi di tumori maligni, leucemie, bronchiti croniche, sindromi di non-Hodgking verificatesi presso gli abitanti della Bassa Valsugana;

2) a quanto siano, per l’anzidetto periodo, i casi delle patologie elencate nel precedente punto 1) registrati negli altri Comprensori della Provincia di Trento;

3) se non ritenga utile,qualora le suaccennate rilevazioni evidenziassero per la Bassa Valsugana una quantificazione superiore, predisporre interventi sanitari adeguati per tutelare la salute degli abitanti della Valsugana.

Come mai, a due anni di distanza, manca l'ennesimo regolamento attuativo?

”Come mai, a due anni di distanza, manca il regolamento attuativo che consenta agli imprenditori agricoli la realizzazione di una seconda unità abitativa nell’ambito della medesima impresa ?”



A quasi due anni dall’approvazione della Legge n.1 del 2008, il regolamento attuativo previsto dal terzo comma dell’articolo 63 non è stato ancora licenziato.

Tale regolamento dovrebbe predisporre le modalità mediante le quali stabilire “i casi e le condizioni per consentire l'eventuale realizzazione di una ulteriore unità abitativa nell'ambito della medesima impresa agricola al fine di garantire la continuità gestionale, anche in presenza di ricambi generazionali, nonché per l'utilizzazione di fabbricati esistenti come foresterie per i lavoratori stagionali”, detto regolamento esecutivo non è ancora stato licenziato.

L’assoluta importanza di questo regolamento risiede nel suo ruolo di tutela e promozione della trasmissione generazionale di un’esperienza lavorativa agricola, quella agricola, che unisce tradizione e rispetto per l’ambiente.

Purtroppo, come si diceva, detto regolamento rimane tutt’ora da emanare.

Si tratta di un ritardo assai grave, anche perché è già stato istituito un apposito comitato tecnico e sono già pervenute diverse richieste che, allo stato, non possono trovare risposta proprio per la mancanza di detto regolamento.

Per questa ragione si sollecita la Giunta ad emanare quanto prima il regolamento in parola, in modo che gli imprenditori agricoli possano finalmente beneficiare di quanto la “Pianificazione urbanistica e governo del territorio” approvata prevede per loro, in modo da fornire loro un utile strumento di trasmissione generazionale del loro lavoro, lavoro che a causa dell’industrializzazione degli ultimi decenni risente non poco di un progressivo abbandono da parte dei giovani, che preferiscono sovente costruire altrove il proprio futuro.

Tra l’altro agevolare le imprese agricole e garantire loro un futuro, come ci dimostra l’esperienza intrapresa dal vicino Alto Adige, significa anche promuovere la tutela dell’ambiente, e quindi assicurare un paesaggio degno di questo nome alle nuove generazioni.









Tutto ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:



1) per quali ragioni, a distanza di appena mesi, non è stato ancora emanato il regolamento esecutivo cui la Legge n.1 del 2008, all’articolo 63, comma terzo, fa esplicito riferimento;

2) se non reputa grave detto ritardo;

3) in caso affermativo come intende attivarsi per fare in modo che quanto previsto dall’articolo 63 della Pianificazione urbanistica e governo del territorio possa trovare attuazione;

4) entro quali termini;

5) quante domande sono già pervenute al comitato tecnico;

6) quante sono già state prese in esame.

Quali aiuti eroga la P.A.T. alle famiglie che iscrivono i figli alle scuole paritarie?”







Le famiglie trentine che decidono di iscrivere i propri figli alle scuole paritarie, anziché a quelle statali, incorrono in spese talora esorbitanti. Non certo per responsabilità delle scuole paritarie, ma a causa di un sistema scolastico che non realizza a tutt’oggi una reale parità scolastica, a differenza di quanto accade in tutto il resto d’Europa, Grecia esclusa.

Si parla, per render l’idea, di rette che impegnano le famiglie per importi anche di 1.500,00 Euro all’anno, cui vanno aggiunti i costi dei pasti, e che quindi risultano spesso difficili da sostenere.

Anche perché da quel che ci è dato sapere spesso una sovvenzione di 300 euro annui a fronte di detti costi per le famiglie non certo abbienti, risulta essere di ben scarso aiuto.

Ora, ferma restando l’importanza di un valore indisponibile e fondante quale è quello dell’educazione, sarebbe tempo di capire quanto la libertà educativa, espressione cardine di un Paese che voglia dirsi compiutamente democratico, sia effettivamente tutelata e promossa da chi amministra il Trentino.

Non sostenere sufficientemente le famiglie che decidono di iscrivere i propri figli alle scuole paritarie che - lo ricordiamo, svolgono a tutti gli effetti un servizio pubblico assimilabile a quello erogato dalle scuole statali - rappresenterebbe pertanto uno sfregio alla democrazia.

Tanto più che dette famiglie sollevano le scuole statali da un peso non indifferente.

Infatti, per evidenti ragioni di capienza, queste difficilmente potrebbero ospitare tutti gli studenti oggi iscritti alle scuole paritarie.

Ne va sottaciuto che il costo di ciascuno studente frequentante questa scuola è di gran lunga inferiore al costo di uno studente che frequenta le scuole statali.

Ragion per cui urge far luce su quali forme di sussidio e sovvenzione vengono erogate dalla Provincia alle famiglie che decidono di iscrivere i propri figli alle scuole paritarie, sollecitando, qualora detti sussidi fossero inadeguati o insufficienti, un loro concreto aumento, sì da essere adeguati al fine di concretizzare davvero il c.d. diritto allo studio.



Tutto ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:



1) Quali forme di sussidio e sovvenzione eroga la P.A.T. per le famiglie che decidono di iscrivere i propri figli alle scuole paritarie ed in base a quali criteri detti sussidi o sovvenzioni vengono erogati;



2) se non ritenga urgente rivedere l’attuale sistema e garantire adeguatezza ai cennati sussidi;



3) se non reputi meritoria la scelta delle famiglie che iscrivono i propri figli alle scuole paritarie, alleggerendo così il carico alle scuole statali, che spesso già versano in situazioni difficili.

Cosa impedisce la realizzazione barriere antirumore per la badia di S. Lorenzo?

Non c’è mai silenzio alla badia di S. Lorenzo, anche se una delle regole monastiche è, com’è noto, il silenzio.

E treni, annunci dagli altoparlanti e traffico nella confinante stazione autocorriere, ai frati di S.Lorenzo, impediscono da tempo anche la possibilità di un riposo sereno.

Certamente, per amore del prossimo, e del proprio servizio pastorale, i frati si sono resi disponibili, sacrificando spesso il loro riposo.

Peraltro, le stesse celebrazioni sono frequentemente disturbata dal fracasso.

E ciò è oltremodo grave, quando si pensa che la semplice installazione delle barriere antirumore toglierebbe detti disagi.

Centinaia di treni al giorno fanno, a dir del vero, la differenza.

Il rumore prodotto distoglie l’attenzione dei fedeli e del celebrante, non consentendo quella profonda comunione di spirito che, in momenti come la Messa, il cristiano cerca. Non basta.

Già anni fa, il Priore della Badia fece propria la richiesta di collocare, lungo il muro perimetrale ad ovest del tempio, una barriera antirumore, dal costo sostenibile. E, a suoi tempo, qualche consigliere comunale provinciale e qualche consigliere comunale portarono le istanze dei frati nei rispettivi Consiglio comunale, incontrando la sordità di chi era al governo della Provincia e della città.

A dir del vero, si è provveduto alla diminuzione dell’inquinamento acustico dei treni con una nuova protezione delle vetrate della Badia, soluzione buona per la stagione invernale, non per quelle – primavera ed estate – che richiedono l’apertura delle finestre.

Il frequente passaggio dei treni e lo sferragliamento continuo disturbano eccessivamente le celebrazioni liturgiche, al punto da sospenderne perfino la continuità.

È indispensabile, vista l’importanza che la celebrazione del rito e il luogo sacro – la Badia di S. Lorenzo, ricca di una storia millenaria – rivestono per tutta la comunità, che pure la Provincia si faccia garante delle tradizioni e della sacralità dei luoghi che, come la Badia, non rappresentano il culto cristiano, ma sono il segno secolare di una profonda testimonianza e di una significativa tradizione.



Ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:



1) se è a conoscenza del problema in questione;

2) in caso affermativo, se ritiene di intervenire tempestivamente;

2) se sì, quali provvedimenti urgenti ha preso al riguardo, visto che l’inconveniente si trascina ormai da anni;

3) come intende limitare l’inquinamento acustico sofferto dai frati che operano nella Badia di S. Lorenzo;

4) se intende finalmente installare le barriere antirumore, come già da tempo

espressamente chiesto da più parti, non ultimo da parte del priore della Badia;

5) in caso di risposta affermativa al punto precedente, entro quale termine verranno installate dette barriere antirumore;

6) come intende tutelare luoghi simili (aventi problematiche analoghe) presenti sul territorio provinciale.

Verbale dell'interrogazione sui costi di "Life Ursus" (merita!!)

SEDUTA ANTIMERIDIANA/POMERIDIANA DEL 16 SETTEMBRE 2009

INTERROGAZIONE N.782/XIV: "Quanto ci costa il progetto Life Ursus?"



PRESIDENTE: Ora passiamo alle ultime due interrogazioni, siamo più o meno in tempo. Il Consigliere Pino Morandini interroga la Giunta affermando:

(Testo interrogazione)

Risponde il Presidente della Giunta : ne ha facoltà.



DELLAI (Presidente della Provincia – Unione per il Trentino): Devo dire che molti di questi dati sono già stati forniti all’aula ed inoltre tutti i dati dei costi e di ogni altra informazione sono nel rapporto Orso 2008 reperibile in rete all’indirizzo www.orso.provincia.tn.it.

In ogni caso, per quanto riguarda i costi del progetto Life Ursus, possiamo dire questo: c’è la prima fase del progetto, dal 1997 al 2000, e il costo per la Provincia è stato di 526.996 euro; la seconda fase del progetto, dal 2001 al 2004, ha previsto un costo di 1.032.93 euro. Queste spese sopra riportate sono state sostenute dal Parco Adamello Brenta nell’arco di otto anni e sono state coperte con il 51% da contributo dell’Unione Europea.

I costi complessivi annui, invece, della gestione ordinaria della specie sono quantificabili attualmente in circa 135.000 euro. Essi comprendono tutte le spese relative all’applicazione di tutti e sei i programmi d’azione, monitoraggio, gestione dei danni, gestione delle emergenze, formazione del personale, comunicazione e quanto altro.

Con particolare riguardo alla gestione dei danni procurati dagli orsi, negli dieci anni sono stati spesi 226.490 euro per l’indennizzo dei danni, 22.646 euro annui e 12.900 euro in opere di prevenzione all’anno.

Per tipologia, come richiesto: 31.068 euro hanno riguardato il patrimonio agricolo, 3.106 euro all’anno; 88.832 il patrimonio zootecnico, 8.832 euro all’anno, 95.864 il patrimonio apistico, 9.586 euro all’anno; 10.725 euro altre fattispecie di danno, cioè 1.072 euro all’anno. Essi sono naturalmente compresi, questi danni, nei 135.000 euro l’anno di cui ho parlato prima.

Infine l’importo liquidato alla compagnia assicuratrice per i danni conseguenti all’investimento di orso ammontano ad euro 4.110. Il personale della Provincia impegnato nel progetto Orso è pari attualmente a circa tre persone a tempo pieno; tre persone in sede pari a 1,7 persone a tempo pieno e ventitre nelle stazioni forestali pari a 1,3 persone a tempo pieno, quindi diciamo che in totale è pari a tre persone a tempo pieno.



PRESIDENTE: Il Consigliere Morandini intende replicare: ne ha facoltà.



MORANDINI (Il Popolo della Libertà): Mi pare che quanto è stato poco anzi documentato dal Presidente della Giunta, relativamente al progetto Life Ursus, si commenti da solo. Cioè qui siamo di fronte ad una spesa sempre più grande, ad una spesa che, penso, non solo si commenta da sola, ma dice che, con tutto il rispetto per il ripopolamento della fauna, questo non è l’habitat, non è più il Trentino l’habitat per gli orsi, lo era forse qualche secolo fa. Lo sarà la Slovenia, lo saranno altre terre in cui i boschi sono a decine e decine di chilometri senza soluzione di continuità interrotti da abitati. Non lo è più il Trentino.

Allora rincorrere, utilizzando personale, qui si è parlato di migliaia di euro, parecchie di migliaia, centinaia di migliaia di euro solamente per il personale, rincorrere orsi... Ci sono amici che vanno nei boschi, incontrano guardie forestali con tanto di apparecchiature elettroniche che debbono inseguire questi orsi. Sappiamo quanto costano le apparecchiature elettroniche, quanto costa il personale, soprattutto il sabato e la domenica costa il doppio, per inseguire degli orsi.

Per non dire poi di tutti i danni che vengono causati evidentemente per loro istinto (non è colpa loro certamente): automobili, animali, greggi, armenti, capre, pecore, etc., alveari e coltivazioni. Qui ormai le migliaia di euro non si contano più. Penso quanto è stato detto, più di 500.000 euro tra il 1997 e il 2000; 1.032.000 euro vuol dire due miliardi di lire circa negli anni successivi; personale vario a tempo pieno con qualche centinaio di migliaia di euro; 335.000 euro costi annui e avanti di questo passo, beh, penso che questo induca a ripensare a questo progetto. Prima di tutto perché non è giustificabile un costo di questo tipo; secondo perché non fa nemmeno bene all’orso in quanto non è il suo habitat; terzo, è notizia proprio di ieri, di un quotidiano locale, che la compagnia assicurativa Faro di Genova, con cui la Provincia aveva contratto una polizza assicurativa di 390.000 annui, ha dato disdetta in vista della scadenza della polizza stessa che sarà il 31 dicembre prossimo. Perché ha dato disdetta? Perché c’è un disavanzo enorme fra il premio assicurativo ed i rimborsi elargiti ogni anno. Per cui il prossimo anno bisognerà rifare tutta la procedura di indizione di nuove gare d’appalto, di riassegnazione...

Presidente, chiedo scusa, ci sono Consiglieri a cui lei ha lasciato anche due minuti oltre il tempo consentito...



PRESIDENTE: Richiamandoli però. Allora richiamo anche lei per farglielo notare.



MORANDINI (Il Popolo della Libertà): È appena finito il mio tempo, sto finendo il ragionamento...



PRESIDENTE: Diciamo che di due minuti è passato uno in più...



MORANDINI (Il Popolo della Libertà): Chiedo almeno una par condicio e finisco.



PRESIDENTE: Almeno che le ricordi che il tempo è scaduto, lo permetterà al Presidente senza doverlo riprendere?



MORANDINI (Il Popolo della Libertà): D’accordo. Dicevo, il prossimo anno bisognerà rifare tutta la procedura di indizione di nuove gare d’appalto e di riassegnazione, partendo dal doppio. Quindi non più una polizza il cui premio era di 390.000 euro all’anno, ma di circa 700.000 euro all’anno. Questo è dovuto alla vicenda orso, con tutto il rispetto per gli orsi.

Quindi io invito il Presidente della Giunta e la sua Giunta a ripensare a questo, perché se ripopolare la fauna costa in questi termini, non solo, ma se ormai l’habitat, come addetti ai lavori hanno dimostrato, è assolutamente fuori luogo, il nuovo habitat del Trentino...



PRESIDENTE: Adesso le chiedo proprio di concludere, Consigliere.



MORANDINI (Il Popolo della Libertà): Si ripensi questo progetto che è assolutamente fallimentare dal punto di vista dei costi.

mercoledì 16 settembre 2009

Non ci sono alternative all’aumento di oltre 100 Euro delle rette degli studenti iscritti alle scuole professionali che usufruiscono d'un posto letto?

Al Presidente del Consiglio Provinciale

Giovanni Kessler

SEDE



Interrogazione



“Non ci sono alternative all’aumento di oltre 100 Euro delle rette degli studenti iscritti alle scuole professionali del Trentino che usufruiscono di un posto letto?”



Della crisi economica che da mesi affligge gli italiani le istituzioni trentine sembrano non interessarsi al punto che, anziché erogare sussidi, giungono talvolta col disporre aumenti.

E’ il caso della nuova disciplina transitoria che prevede l’aumento da 78 a 200 euro delle rette degli studenti iscritti le scuole professionali del Trentino che usufruiscono di un posto letto.

Dal momento che non si tratta di un semplice aumento, bensì d’una sostanziale triplicazione della retta in parola, e giacché le famiglie che iscrivono i propri figli alle scuole professionali molto spesso sono di un ceto sociale meno facoltoso rispetto a quelle che possono assicurare ai loro ragazzi studi liceali con conseguente laurea, quanto disposto dalla nuova disciplina appare francamente inaccettabile.

Tra l’altro, urge sottolineare che gli studenti iscritti alle scuole professionali, con la loro scelta di studi, si candidano a svolgere impieghi di strategica importanza per il Trentino e non solo, impieghi che la maggioranza dei loro coetanei non vuole più svolgere, ma che conservano una grande dignità e rilevanza sociale.

Tornando all’aumento della retta, ha poca importanza, come si premurano di ripetere taluni, che il nuovo sistema di tassazione preveda di fatto un rimborso tramite assegno di studio per gli studenti che, a fine anno, hanno raggiunto buoni risultati.

Il punto è che con questo nuovo sistema di tassazione, che giunge nel bel mezzo di una stagione infausta per l’economia planetaria, di fatto si costringono famiglie non facoltose che vogliono i propri figli iscritti alle scuole professionali, a sborsare anticipatamente una somma quasi triplicata rispetto a quella fissata fino ad oggi.

Sarebbe auspicabile, da parte dell’Assessore competente, una verifica approfondita di tutte le alternative possibili, in modo da evitare alle famiglie trentine che decidessero di iscrivere i propri figli le scuole professionali usufruendo di un posto letto, aumenti pesanti come quelli descritti poc’anzi.



Ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:



1) se non reputa esagerato l’aumento da 78 a 200 euro delle rette degli studenti iscritti le scuole professionali del Trentino che usufruiscono di un posto letto, ancorché temperato dalla possibilità di un rimborso tramite assegno di studio per i più diligenti;

2) se non crede che gli studenti che scelgono le scuole professionali, rispetto ai loro coinquilini indirizzati a studi liceali, compiano una scelta coraggiosa e si candidino, in un futuro prossimo, a svolgere mansioni altrimenti in abbandono ma preziose per la comunità;

3) in caso affermativo, come intende attivarsi per supportare la scelta di studio di questi giovani e delle loro famiglie.

Interrogazione:“ Comun General de Fascia: perché non riconoscere il valore sociale della famiglia?”

Trento 15/9/09

Al Presidente del Consiglio Provinciale

Giovanni Kessler

SEDE



Interrogazione



“ Comun General de Fascia: perché non riconoscere il valore sociale della famiglia?”




L’importanza della famiglia, come documentato da molteplici studi e da innumerevoli trattazioni filosofiche, è fondamentale.

Il nucleo famigliare, infatti, non solo rappresenta l’opportunità educativa e formativa più idonea alla crescita – Tommaso d’Aquino, non a caso, la chiamava “utero spirituale” – ma costituisce anche il pilastro fondamentale della nostra società, anche sotto il profilo economico.

Nonostante i continui tentativi di ridimensionare l’importanza della famiglia, il sociologo francese Jean Stoetzel ricorda come “da più di mille anni l’essenziale struttura che caratterizza l’istituzione famigliare occidentale è rimasto inalterata: la parentela è bilaterale, l’organizzazione matrimoniale resta monogamica; il gruppo famigliare è sempre composto dalla coppia sposata e dai loro figli”.

Insomma, la famiglia è la vera protagonista della storia dell’umanità.

I Padri costituenti, ben consapevoli di questo, nella stesura della Costituzione dedicarono alla famiglia un articolo, il 29, dalla lettura del quale si evince con chiarezza come la famiglia, al pari della persona umana, sia da considerarsi entità pre-politica, da salvaguardare cioè come bene che anticipa, che viene prima della stessa Repubblica.

E nei cui confronti la Repubblica – a partire dalle pubbliche Istituzioni – ha il dovere di predisporre provvedimenti che ne valorizzino le funzioni sociali e che rimuovano gli ostacoli di ordine sociale che ne impediscono il pieno sviluppo.

Ciononostante , accade che la rilevanza anche costituzionale della famiglia sia trascurata dalla politica.

Basti ricordare che, mentre la Gran Bretagna indirizza il 6,8% della propria spesa sociale alla famiglia, la Francia il 9,2 %, la Germania addirittura il 10,2%, l’Italia è ferma ad un desolante 3,7%.

Anche in Trentino, tocca annotare, non mancano casi nei quali la famiglia sia oggetto di dimenticanza.

Uno di essi è quello del Comun General de Fascia, comprensorio Ladino di Fassa, nella cui bozza di statuto, nei primi articoli, quelli più importanti perché inerenti le finalità, manca proprio un riferimento alla famiglia.

Quello del Comun General è un precedente grave, al quale occorre porre tempestivamente rimedio per le suesposte ragioni.

Tanto più in una terra, quella di Fassa, la cui comunità si è sempre distinta per senso della famiglia e cultura dei valori e delle tradizioni locali.



Tutto ciò premesso si interroga l’Assessore competente per sapere:



1) se è a conoscenza del fatto che nella bozza dello Statuto del Comun General de Fascia sia assente, tra le finalità, la promozione sociale della famiglia ;

2) se non giudica questa una grave omissione;

3) se intende ovviare a siffatta omissione;

4) in caso affermativo, in quale modo;

5) se non reputa opportuno vigilare affinché in tutti gli statuti delle comunità di valle, la promozione della famiglia risulti tra gli obbiettivi fondamentali.



A norma di regolamento si chiede risposta scritta.

Interrogazione:“Urge istituire, anche in Trentino, la copertura previdenziale del periodo di assistenza ai familiari non autosufficienti”

Trento, 25/8/2009





Al Presidente del Consiglio regionale

Marco Depaoli

SEDE





Proposta di mozione



“Urge istituire, anche in Trentino, la copertura previdenziale del periodo di assistenza ai familiari non autosufficienti”




La Legge regionale n.1 del 18 febbraio 2005, denominata da chi governa la Regione “Pacchetto famiglia e previdenza sociale”, prevede, all’articolo 2, l’intervento finanziario della Regione stessa al fine di garantire la copertura previdenziale a chi assiste familiari non autosufficienti.

Rappresenta una misura di doveroso sostegno alle persone che prestano della preziosa assistenza oltreché di necessaria attenzione alle famiglie che scelgono, senza gravare nelle strutture pubbliche, di assistere i propri congiunti non autosufficienti.

In tal modo, accollandosi non solo il non facile compito di assistere in casa i propri congiunti, ma pure inducendo un consistente risparmio di pubblico danaro, se si pensa a quanto il costo per l’assistenza in una Casa di Riposo.

Peccato che detta copertura previdenziale, secondo quanto disposto dall’art. 9 del D.P. Reg. 4 giugno 2008, n.3/L, sia assente nella provincia di Trento. E questo nonostante quella copertura sia prevista dalla citata Legge regionale 1/2005 e debba quindi attuarsi in entrambe le Provincia, ivi compresa quella di Trento.

E’ un vuoto, quello in parola, che indubbiamente colpisce numerose famiglie che, di quella copertura previdenziale, avrebbero un gran bisogno, per essere sostenute nella cura e custodia dei loro cari non autosufficienti. E che ricade negativamente in modo particolare sulle persone specificamente impegnate nella relativa assistenza.

Ragion per cui si ritiene quanto mai opportuno, oltre che urgente, che si provveda pure in Trentino, a rendere disponibile il contributo da erogarsi nei periodi di assistenza a familiari non autosufficienti. Anche perché siffatta provvidenza è prevista da una legge regionale in vigore ormai da quasi cinque anni, che attende allora di essere attuata per questa sua parte, anche per il rilievo sociale che essa riveste.



Ciò premesso il Consiglio regionale impegna la Giunta a:



1) rivedere con urgenza il regolamento attuativo della Legge regionale n.1 del 18 febbraio 2005, al fine di dare esecuzione anche alla copertura previdenziale anche per chi assiste persone non autosufficienti in modo che, anche in Trentino, le famiglie che decidono di gestire autonomamente un congiunto non autosufficiente lo facciano con un adeguato sostegno;

venerdì 11 settembre 2009

Quanto sono costati ai trentini tredici anni di “Life Ursus?

Preg.mo signor
Giovanni Kessler

Presidente del Consiglio Provinciale
SEDE
INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA


“Quanto sono costati ai trentini tredici anni di “Life Ursus?”

Avviato a partire dal 1996, il Progetto Life Ursus, sorto al fine di tutelare la popolazione di orso bruno del Brenta, ha impegnato attivamente le istituzioni del Trentino sia nell’impiego di personale utilizzato per vigilare sui plantigradi, sul loro stato di salute e sui loro movimenti, sia nel rimborso dei danni arrecati da questi ad animali, coltivazioni, automobili ed alveari.

Si interroga pertanto l’Assessore competente per sapere di quante unità di personale si ci si è avvalsi e quanto esso sia costato dall’inizio del progetto, e a quanto ammonti il totale complessivo e distinto per voci dei rimborsi erogati in seguito ai danni procurati dai plantigradi ad animali, automobili, alveari e coltivazioni, dall’inizio del Progetto ad oggi.



Il Consigliere provinciale

Pino Morandini