Altrettanto sgomento porta con sé il termine “gulag”, che rievoca la follia di chi fece del suo popolo combustibile umano per il socialismo, quello reale.
Ai più, invece, la parola “Laogai” dice poco; eppure, anche se sembra diversa, ha molto a che vedere con lager e gulag: come i campi di sterminio nazisti e quelli sovietici, infatti, i Laogai sono luoghi di morte, posti dove il lavoro diventa incubo e i diritti, tutti i diritti, sono solo lontani ricordi.
Con una fondamentale differenza: esistono ancora oggi, nel 2009.
I Laogai sono i campi di concentramento della Cina, lo Stato che con un miliardo e trecento milioni di abitanti e una vertiginosa crescita economica si candida a diventare, e forse lo è già, la nuova superpotenza mondiale.
A denunciare per la prima volta al mondo intero l’orrore di questi campi di sterminio del nuovo millennio, qualche anno fa, è stato proprio un cittadino cinese. Lì ha trascorso diciannove anni della sua vita, Harry Wu, classe 1937, intellettuale cattolico e ostile al regime.
Dobbiamo a lui, che nel ‘92 fondò a Washington la Laogai Research Fondation e dal ’94 ha ottenuto la cittadinanza statunitense, buona parte di quello che sappiamo su questi campi di lavoro che oggi, in tutta la Cina, si stima siano almeno un migliaio.
Gli storici hanno scoperto che il lavoro forzato risale all’antica Cina: la stessa Grande Muraglia, coi suoi quasi 9 mila chilometri, venne costruita così.
I Laogai, invece, sono un’invenzione relativamente recente: fu Mao, nel 1950, ad istituirli, e ancora oggi, ad oltre mezzo secolo di distanza, sono in piena attività.
Una quantificazione precisa del numero di prigionieri attualmente detenuti in queste prigioni a cielo aperto, purtroppo, non è disponibile: certamente svariati milioni di cinesi, forse di più.
Grazie a testimonianze dei reduci, siamo invece in grado di raccontare in che cosa consista la vita dei detenuti: lavoro forzato fino a 15-16 ore al giorno , alle quali seguono “sessioni di studio” che altro non sono che pratiche di indottrinamento forzato, lavaggi del cervello per clonare adepti di un esperimento politico criminale e liberticida.
A tutto questo si aggiungano, oltre alle migliaia di esecuzioni di massa, forme di tortura inenarrabili, che vanno dall’aborto forzato fino all’espianto coatto di organi a persone vive.
I destinatari di queste pratiche infernali, oltre ai dissidenti politici, sono coloro che aderiscono alle confessioni religiose, il vero incubo di un regime che, per fortificarsi, fa di tutto per eliminare, tra i cittadini, ogni forma di speranza e di riscatto. Di qui l’odio verso le religioni, in particolare verso il cristianesimo, al quale ogni giorno aderirebbero, in clandestinità, svariate migliaia di cittadini cinesi.
Ma la cosa peggiore, in tutta questa vicenda, è l’omertoso silenzio di buona parte del mondo occidentale, che con la Cina delle torture e dei Laogai intrattiene quotidiani e redditizi rapporti economici.
Non fa nessuna differenza, a chi segue il dio danaro, sapere che il suo sia un profitto insanguinato, costruito sulla pelle di esseri umani innocenti.
Ma noi no, non possiamo accettare tutto questo.
E dobbiamo adoperarci con ogni mezzo, dalla divulgazione di testi a conferenze, per smascherare il grande inganno di un impero, quello cinese, che si regge anche sulla schiavitù peggiore, quella che nega agli uomini ogni libertà, fino all’eliminazione fisica.
Dobbiamo farlo con fermezza, nella speranza e nella convinzione che, per quanto oggi possa apparire ardua l’impresa, un domani anche “Laogai”, insieme a “lager” ed a “gulag”, possa diventare una parola del passato, da ricordare come qualcosa da non ripetere mai più
Ciò premesso il Consiglio della Provincia Autonoma del Trentino impegna la Giunta ad:
- adoperarsi per una divulgazione, mediante l’organizzazione di manifestazioni (mostre, convegni, conferenze), della conoscenza della realtà dei Laogai;
- accertarsi su quante siano, in Trentino, le aziende che intrattengono rapporti commerciali con la Cina e di quale natura siano queste relazioni;
impegna la Presidenza del Consiglio provinciale ad attivarsi secondo i canali istituzionali ritenuti più opportuni, per chiedere il rispetto dei diritti umani in Cina, a partire dalla libertà religiosa.
Nessun commento:
Posta un commento