Trento, 11 luglio 2008
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Eluana Englaro versa in una drammatica situazione sin dal 1992, aggravata da una degenerazione del quadro clinico che la ha condotta in uno stato vegetativo permanente. Da qui l'istanza del padre-tutore di porre fine alle sofferenze della figlia...
Ritengo che dinanzi a queste situazioni, ormai sempre più frequenti, non si possa far altro che astenersi da ogni giudizio, mostrando invece la vicinanza anche concreta ai soggetti coinvolti ed ai loro cari. Dolore infinito...
Ma rimane una domanda di fondo, per non abdicare dinanzi all’emotività, che spesso porta a decisioni antiumane: nella sentenza che, in nome dell'autodeterminazione, permette il distacco del sondino nasogastrico che alimenta la Englaro, non v'è forse una contraddizione di fondo, che comporta, qualora assunta nella sua interezza, la disgregazione non solo dello Stato di diritto, bensì della convivenza umana?
Mi spiego...
Si dice che Eluana avesse manifestato in altre circostanze, ovviamente precedenti all’incidente che l’ha immobilizzata, (e presumibilmente in momenti in cui esso con le sue conseguenze non veniva rappresentato in maniera compiuta, mica si trattava d'una veggente...), la considerazione che, qualora si fosse ritrovata in una situazione analoga a quella in cui a tutt'oggi versa, avrebbe preferito interrompere i trattamenti che la tenevano in vita, onde accelerare il proprio decesso.
Che sia condivisibile o meno, tale idea non è assolutamente sufficiente, a parer mio, a fondare una decisione quale quella contenuta nella sentenza milanese.
Che da frasi pronunciate in occasioni diverse, reinterpretate a distanza di anni da soggetti terzi, per di più estrapolate dal contesto in cui furono declamate, possa desumersi una volontà attuale da parte della Englaro in ordine all'interruzione dell'alimentazione, pare francamente troppo. E ciò, mi sembra, è la negazione dell’autodeterminazione, non la sua attuazione. Infatti, affinché un soggetto si “auto-determini”, occorre che l'atto volitivo promani da sé medesimo. che sia chiaro e che sia attuale. Altrimenti verrebbe da ammettersi che il soggetto sarebbe in taluni frangenti vincolato ad un suo volere precedentemente manifestato. Ma che allora rischierebbe di non essere più autodeterminato, bensì...eterodeterminato. Peggio, si avrebbe che in quel momento (successivo), il principio di autodeterminazione per lui non sarebbe più invocabile...
Inoltre, perché molti non si chiedono se non sia un dubbio legittimo che un soggetto, al mutare delle proprie condizioni, muti pure il parere manifestato un tempo (corollario pur questo della libertà individuale che fonda l'autodeterminazione)? Basta entrare in un ospedale e ci si rende conto di come molti si riattaccano alla vita, pur contro ogni speranza o ragionevole parere medico in condizioni deplorate poche ore prima. Ed ancora, se un soggetto cambiasse parere e tale cambiamento però rimanesse interiore, o velato, come si potrebbe sostenere che una scelta impostagli sulla base delle sue convinzioni passate sarebbe frutto della sua scelta e non un'imposizione esterna, di forza?
Non si sta parlando di diritti patrimoniali, si parla di vita umana…
Stupisce che molti cultori dell'autodeterminazione, del soggettivismo più estremo (fra i quali non mi annovero) non riconoscano tale contraddizione nel loro argomentare. Che dimentichino in questo settore così delicato il basilare principio di precauzione, che invece invocano in altri ambiti, ad esempio quello ecologico. Giusto richiamarlo in detto ambito, ma allo stesso modo pure in quello che qui ci occupa.
Ma una ragione c'è. E credo di scorgerla nel fatto che per quella corrente di pensiero non è l'autodeterminazione ciò che realmente conta. E' una visione della persona umana, in base a cui si può dedurre (oggettivamente, dunque a priori...) quale vita è degna o meno d'essere vissuta, in un ottica utilitaristica dell'essere umano. E chi vede l'essere umano come il fine, pur nello strazio delle sofferenze cui c'incappa ad ogni piè sospinto, nel rispetto delle intime ed insindacabili scelte dei singoli, non la può appoggiare. Anzi, la può e la deve contestare con tutte le forze, pena la disgregazione della società umana, che deve invece fondarsi sull'uguaglianza morale e giuridica di ogni uomo. Perché la pericolosa conseguenza che da ciò trae Enghelhardt (uno dei maitre a pensier del movimento pro - choice mondiale) ha solcato la storia riempiendola di vittime innocenti. E contro ciò va posta ogni forza legittima.
Pino Morandini
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