martedì 1 settembre 2009

Risposta all'assessore sulla Ru 486

Non metto in dubbio, egregio Direttore, la buona fede dell’Assessore provinciale alle Politiche sociali e per la salute, ma trovo laicamente contraddittorie e superficiali le sue affermazioni in ordine all’autorizzazione per l’utilizzo e la diffusione della pillola abortiva RU486.

In primo luogo, perché tacciare di demagogia e strumentalità l’iniziativa di un Gruppo consiliare (il Pdl) che ne richiede la sospensione con dati scientifici alla mano – tanto più forniti dalla stessa azienda produttrice del prodotto (la francese Exelgyn) - configura un atteggiamento che si commenta da solo, su cui nulla aggiungo per non scendere nella polemica (l’argomento è troppo serio).

In secondo luogo, perché non appare credibile l’affermazione assessorile per la quale la Provincia sarebbe tenuta ad ottemperare al parere dell’Azienda Italiana del Farmaco (Aifa) che ha autorizzato la commercializzazione della RU486.

Questa Provincia si è permessa di dissociarsi dalla riforma Gelmini accampando le propria potestà autonomistiche; si è distanziata dal divieto nazionale di somministrazione di bevande alcoliche pure facendo leva sulla propria autonomia, e ci vuol far credere che sulla pillola abortiva è tenuta ad ottemperare pedissequamente alle decisioni nazionali. Che, vorrei notarlo, non sono nemmeno espresse con legge, ma unicamente attraverso un parere di un organismo tecnico, la citata AIFA. Se a ciò si aggiunge che in materia sanitaria la Provincia dispone dell’identica competenza riconosciutale in materia di scuola, il suo contraddittorio atteggiamento emerge chiaramente.

Quanto poi alla dichiarazione dell’Assessore di voler “applicare laicamente la legge”, faccio notare che ciò che lui dice di applicare non è la legge, ma un semplice parere, che fra l’altro è proprio in contrasto con la legge. Questa è tenuto ad applicare, la legge 194/’78, ed essa all’art.8 prevede che l’aborto debba avvenire all’interno di una struttura sanitaria pubblica o privata convenzionata.

Poiché la donna, che con l’assunzione della RU486, potrebbe espellere il figlio anche due settimane dopo quell’assunzione, dovrebbe essere trattenuta in ospedale tutto il tempo necessario; diversamente, verrebbe meno la tutela della sua salute e sarebbe violata proprio la legge.

E che dire di questo aggiramento del Parlamento attraverso un semplice parere su un tema così fondante com’è quello di specie? Perché chi ha invocato il coinvolgimento del Parlamento sul tema dell’immigrazione, oggi tace su un tema così vitale, per madri e figli?

E, poi, Assessore, “laicità”non significa cultura e rispetto dei diritti umani, a partire da quelli fondamentali, aiutando invece concretamente, come istituzioni, le madri che fanno fatica?

Fin qui, argomenti laici.

Non posso peraltro, conclusivamente, pensare, dialogando con un cattolico, allo Statuto del PATT, il cui riferimento cardine è alla dottrina sociale della Chiesa. E’ notorio che quella che pone la tutela del nascituro come primissimo compito della società e della politica.

Forse che le funzioni di Assessore consentono di abdicare da siffatto valore “non negoziabile” al punto di disapplicare la legge ed applicare un semplice parere che la viola?

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