venerdì 16 maggio 2008

ancora sui "D.I.C.O."

Trento, 20 febbraio 2007

“ SUI DICO ”

Ogni legge, si sa, riveste quantomeno due funzioni: una politica, normalmente contingente e mirante ad obiettivi occasionali o strumentali; l’altra, più profonda e destinata a perpetrare nel tempo i suoi effetti. Così è pure per la proposta di legge governativa sui DICO , la quale, ad un esame approfondito, rivela sempre più la sua natura di proclama ideologico di alcuni principi e non di risposta a bisogni concreti. E ciò anche alla stregua dell’obiettiva nutilità di gran parte dei suoi articoli e del carattere contraddittorio di altri.

I cennati principi ispiratori, desumibili dal comune denominatore delle singolo norme sono sostanzialmente questi. In primo luogo, quello per cui relazioni sessuali, indipendentemente dalla natura e dagli effetti, rivestono interesse pubblico. Non è più, quindi, la generazione dei figli a rendere la famiglia “nucleo fondamentale della società e dello Stato” – come statuisce la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo (art. 16) –. Sarebbe invece la relazione affettiva, connotata sessualmente, il bene che merita protezione pubblica. Infatti assicurare a due persone dello stesso sesso diritti perché hanno tra loro una relazione sessuale continuativa, sebbene non possano dar vita alla continuità delle generazioni, vuol dire ritenere di pubblico interesse la soddisfazione delle persone stesse.

E non è un caso che la sollecitazione verso una disciplina di legge – per l’appunto, i DICO – venga quasi esclusivamente dagli omosessuali. Quasi inesistente è la relativa domanda da parte delle coppie eterosessuali. D’altronde, una donna ed un uomo possono decidere liberamente o di sposarsi o di convivere di fatto. A conferma di quanto si sta affermando sta, per esempio, l’art. 1 del disegno di legge sui DICO, che parla di “persone anche dello stesso sesso, unite anche da vincoli affettivi”. Vien subito da chiedersi perché, se il pubblico interesse intende dare rilievo all’affetto in quanto tale, non possono ricomprendersi nei DICO (ed invece ne sono esclusi) le molte convivenze durature che si fondono su comuni ideali e si esercitano con la messa in comune di proprietà, attività, risorse finanziarie (come, ad esempio, le Case d’Accoglienza, le Case famiglia, ecc.), destinate ad investire il pubblico interesse in modo assai più incisivo di quelle caratterizzate da una relazione sessuale?

Ed invece no: gli artt. 1 e 2 della citata proposta determinano limiti analoghi agli impedimenti che il Codice civile pone al matrimonio, che presuppongono necessariamente una relazione sessuale tra i conviventi.

Il secondo principio di cui il d.d.l. sui DICO intende farsi “manifesto” – pure esso desumibile da varie sue norme – è quello per cui la relazione sessuale, anche se accompagnata da convivenza ed affetto, ha valore sulla sua provvisorietà, sciolta da qualsiasi impegno di durata. Infatti, il rapporto definito “DICO” può essere interrotto in ogni momento con decisione unilaterale, senza che sia necessario nemmeno un dato formale. Nel DICO la normalità e la possibilità quotidiana del ripudio.

La funzione della proposta in esame starebbe quindi nel far prevalere una certa visione ideologica, nonostante la Costituzione (artt. 29 e seguenti), ed il reale bene comune vadano in tutt’altra direzione. Proclamare con forza di legge quale valore pubblico la convivenza omosessuale e la sessualità come giustificazione affettiva priva di impegni, fa pensare ad effetti devastanti specie sui giovani i quali, per ragioni pienamente laiche, hanno il diritto ed il bisogno di vedersi proporre una visione impegnativa del matrimonio e della famiglia.

Confermano la natura di manifesto ideologico, da un lato, l’inutilità di molte norme (cfr. artt. 4,5,7,8,10); d’altro lato, la contraddittorietà di altre (per esempio, l’art. 11). Ma su ciò ritorneremo.

Quel che rileva è il “messaggio” legislativo che se ne ricava: quello per cui l’amore familiare sarebbe autodeterminazione quotidiana, non dono totale di sé, e che ogni esercizio della sessualità sganciato da qualsiasi responsabilità sia un bene di rilievo pubblico!

Cons. Pino Morandini

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