venerdì 16 maggio 2008

Sulla Moratoria sull'Aborto di Giuliano Ferrara

Trento, 20 febbraio 2008

La moratoria di Giuliano Ferrara sta scaldando un po’ troppo gli animi. Però, almeno, fa sì che si parli dell’argomento aborto, che non è qualcosa di isolato, una tematica come tante, ma un problema delicatissimo che se ne porta dietro molti altri. Ferrara viene da una formazione laica, ed ha espresso la sua critica sulla modalità con cui oggi, in Italia e nel mondo, si abortisce. In questo si è richiamato ad un analogo pensiero, espresso in passato da laici, come Pasolini, Bobbio, Abbagnano, Amato, e Claudio Magris, per citarne solo alcuni. Costoro hanno affermato in diverse occasioni che la sacralità della vita è un concetto prezioso, che non appartiene solo ai credenti, ma a tutta la nostra civiltà giuridica. In effetti il rispetto del fanciullo è una grande conquista della nostra civiltà, dal momento che nel passato, da Roma a Tebe, dall’India alla Grecia, l’infanticidio era considerato legittimo in molte circostanze. Anche oggi in verità infanticidio e aborto vengono utilizzati, in Cina e India, per eliminare le donne: si parla di aborto selettivo, quando va “bene”, di infanticidio selettivo, in altri casi. Fatto sta che mancano all’appello circa 100 milioni di donne tra cinesi e indiane, causa una mentalità di morte che è giusto stigmatizzare e combattere.

Chiarito questo, la posizione di Ferrara è molto semplice. Mi permetto di riassumerla: lui dice di non voler toccare la legge 194, essendo la sua posizione un po’ diversa da quella cattolica, ma solo di voler togliere all’aborto il terreno sotto i piedi. Come? Anzitutto tornando a chiamare le cose col loro nome, e cioè ridando al nascituro la sua dignità di essere umano e di figlio. Qualsiasi ecografia oggi fa vedere che il feto è un bambino, a tutti gli effetti, e che le parole embrione, feto, neonato, infante, bambino, adolescente, giovane, anziano sono espressioni diverse per indicare lo stesso essere umano. Sappiamo ugualmente che l’aborto è sempre un dramma, per la donna che lo subisce, un dramma che prende via via nomi scientifici diversi: sindrome post aborto, stress post aborto, psicosi post aborto. Un testo uscito recentemente in libreria, “Quello che resta”, riporta le testimonianze di donne che hanno abortito, e, in appendice, diversi studi di psichiatri e ginecologi sugli effetti della IVG sul fisico e nella psiche delle donne.

Se le cose stanno così, dunque, non è possibile che la società non si faccia carico del problema, aiutando le coppie anzitutto a non ricorrere all’aborto, per doversene poi pentire. Ma il problema non è solo quello dell’aborto come atto in sé. Cosa si fa in Italia, nel nostro Trentino, per aiutare le giovani coppie, tanto a farsi una casa quanto a tenere un figlio magari non “programmato”? Quali sono i sussidi economici e non solo, che vengono offerti ad una ragazza madre in difficoltà? Quali sono oggi le politiche per i giovani e per la famiglia? Perché le proposte che andavano in questa direzione sono state sistematicamente bocciate? Cosa si fa per evitare che l’accesso al mercato del lavoro per i nostri giovani sia così tardivo e quindi penalizzante? A ben vedere dibattere sull’aborto significa dunque andare a indagare su una società che rende difficile a tutti crearsi una famiglia ed accogliere un figlio. Significa discutere sulla responsabilità dei maschi, che spesso spingono le loro mogli o compagne ad un gesto estremo, sottovalutandone la portata, aiutati in questo anche dalla cultura dominante, che banalizza e minimizza la realtà dell’aborto; significa parlare di asili nido, e dei loro costi impossibili, di prevenzione e di quegli articoli sulla tutela della maternità, presenti nella 194, che non sono quasi mai stati resi operativi. Si può fare questo, senza inveire, senza urlare improperi, senza agitare fantasmi? La verità è che da trent’anni a questa parte in Italia sono diminuiti gli aborti, ma solo perché sono diminuiti i matrimoni, la fertilità, i figli in generale…Il tasso di abortività (aborti ogni 100 nati vivi) e il rapporto di abortività (aborti ogni 1000 donne), che sono le due grandezze oggettive utilizzate dai demografi, sono rimasti invariati, proprio perché per i giovani e per la famiglia non si è fatto nulla. Ed intanto la nostra società invecchia, le pensioni traballano e la sanità pure, perché mancano i giovani…Non è un’emergenza importante?

Per queste ragioni esprimo piena e convinta solidarietà all’Assessore della Provincia di Verona Maria Luisa Tezza.

dott. Pino Morandini

Consigliere regionale

del Trentino – Alto Adige

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