Trento, 31 luglio 2006
Nel mentre riconosco al collega Zorzi un approccio meditato alle questioni oggetto del dibattito consiliare, non posso condividere le sue valutazioni sul disegno di legge – scuola, di recente approvazione da parte del Consiglio provinciale.
Vorrei preliminarmente evidenziare come il diritto – dovere all’istruzione e alla formazione si configuri, a mio avviso, alla stregua del vigente ordinamento (d.d.l. nr. 76/2005), come un diritto soggettivo e si fondi sulla libertà di apprendimento. Correlativamente il diritto – dovere dei genitori all’educazione dei figli, di cui all’art. 30 della Costituzione, si caratterizza come sussidiario al suaccennato diritto dei figli all’apprendimento.
Se così stanno le cose, la scuola non mi pare possa ritenersi attività della Provincia, bensì dei genitori e, in base al principio di sussidarietà orizzontale (art. 118, comma 4° della Costituzione), delle istituzioni scolastiche e formative. Il potere della Provincia è invece quello di garanzia ai cittadini e, sulla scorta del principio di sussidiarietà, di servizi alla funzione dell’istruzione.
Ciò che invece purtroppo emerge dalla legge in esame (che, lungi dall’essere di riforma, appare piuttosto di riordino della materia) è, a mio avviso, un centralismo della Provincia, che, sostituendosi a quello dello Stato, rischia di divenire ancora più asfissiante. E’ vero che alle istituzioni scolastiche viene richiesto uno statuto, ma da vari passaggi contenuti nella legge, si evince come quasi tutti gli spazi di autonomia siano limitati da una serie di vincoli: così, il revisore dei conti delle istituzioni scolastiche è proposto dalla Provincia; così, la Provincia determina la situazione complessiva del personale assegnato alle istituzioni scolastiche nonché la spesa massima; così, la Provincia determina gli organici e provvede alle selezioni dei dirigenti, dei docenti e del personale amministrativo, tecnico, ausiliario assistente educatore alle singole istituzioni scolastiche; definisce modalità e criteri per la determinazione dell’organico di ciascuna istituzione scolastica; individua i criteri di programmazione dell’assunzione del personale docente a tempo indeterminato e determinato; etc.
A conferma di ciò, che poi è suscettibile di generare una fitta burocratizzazione sta la previsione di numerosi organismi di supporto alle funzioni di governo (addirittura 18 quali, ad esempio, il Consiglio delle autonomie scolastiche e formative; il Consiglio del sistema educativo provinciale; il Comitato provinciale di valutazione del sistema educativo; il Nucleo di controllo; etc. Permane quindi una forte limitazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche: il personale assunto è retribuito dalla Provincia (come accade nelle scuole di Stato) e non dalle istituzioni scolastiche a carattere statale autonome. Chi assume il personale dirigente e docente è il proprietario dell’attività scolastica e formativa. E in proposito, le norme contenute nella sezione terza del titolo secondo della legge documentano come la Provincia si ritenga proprietaria del servizio erogato dalle istituzioni scolastiche: essa, tramite il finanziamento, di fatto “appalta” il servizio provinciale di istruzione e formazione alle istituzioni scolastiche. Per quel che concerne, poi, le istituzioni scolastiche paritarie, esse vengono pur sempre mantenute in regime di concessione – e quindi di appalto – e non di diritto, come conferma il regime concessorio degli interventi a favore degli studenti di istituzioni paritarie e delle stesse istituzioni (lo scrivere “la Provincia può affidare” o “può concedere” anziché “affida” o “concede” è sintomatico).
Il sistema concessorio indebolisce progressivamente le scuole paritarie, perché le lascia sempre alla mercé delle decisioni della Giunta o dell’Assessore di turno. Ed invece esse, in particolare le famiglie che hanno deciso di avvalersi del loro servizio (che è servizio pubblico a tutti gli effetti, come ha più volte ribadito il Consiglio di Stato (vedasi V° sezione, 3 aprile 1990 nr. 319) dovrebbero essere collocate in un regime di diritto , discendente dal diritto soggettivo all’apprendimento e al diritto – dovere dei genitori di istruire ed educare i figli, cui sopra si è fatto cenno.
Centralismo quindi, anziché parità. Ho comunque votato positivamente le norme sulle scuole paritarie, ma come male minore, suscettibili come sono di configurare per il prossimo futuro uno scenario tutt’altro che realmente paritario (vedasi revisori dei conti nominati dalla Provincia; introduzione dei cicli con una seria messa in discussione dei progetti educativi di istituto; etc.).
Analogamente, centralismo anziché autonomia. Come ebbi modo di sottolineare in tema di conferenza di informazione sulla scuola, una reale autonomia delle istituzioni scolastiche non può, a mio avviso, prescindere da due punti essenziali:
- l’assunzione dei docenti tramite bando pubblico realizzata dalle singole istituzioni scolastiche attraverso l’istituzione di un albo provinciale dei docenti, già previsto dall’art. 5 del decreto legislativo 227 del 2005; in tal modo superando l’autentica aberrazione delle graduatorie permanenti, perché spesso non garantiscono né le istituzioni scolastiche né la professionalità dei docenti al momento dell’assunzione (in quanto la permanenza in graduatoria assicura che prima o poi uno avrà il posto, ma non dà assicurazioni circa la permanenza delle competenze professionali e l’assunzione di professionisti più competenti);
- la disponibilità di un budget senza vincoli di destinazione: esso dovrebbe essere direttamente proporzionale al numero di alunni della scuola, iscritti e frequentanti, con un algoritmo che tenga conto di varie esigenze, a seconda del tipo di scuola.
Sugli anzidetti due punti, a stregua della legge in questione, non sussiste alcuna autonomia delle istituzioni scolastiche: sono state infatti respinte le proposte emendative miranti all’introduzione dei punti suddetti.
L’assenza di una reale autonomia delle istituzioni scolastiche trova un’ulteriore conferma nella valutazione. In proposito si distinguono almeno tre livelli di valutazione:
a) la valutazione di alcuni risultati dell’ apprendimento degli alunni;
b) la valutazione delle istituzioni scolastiche: esse non possono essere valutate dalla Provincia, perché la valutazione implica la gestione;
c) non è stato ancora affrontato sistematicamente il problema della valutazione dell’organizzazione della pubblica amministrazione dell’istruzione e della formazione.
Si deve distinguere tra la valutazione professionale degli alunni (da parte dei docenti) e dei docenti (da parte delle istituzioni scolastiche) e valutazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio.
Come dato positivo annoto l’approvazione di un emendamento che introduce all’interno delle istituzioni scolastiche l’educazione ai principi della vita umana.
Mentre è mancato il coraggio in ordine al riconoscimento legislativo della situazione esistente. Faccio riferimento all’insegnamento della religione cattolica. Il sistema attuale prevedeva un’unica pagella, in virtù della deliberazione della Giunta provinciale del 28/10/1994, ed il riconoscimento del credito scolastico (fino al massimo di un punto) che non faceva “media” e che era stato definito dall’ordinanza ministeriale 04/05/’99, n. 128, e successivo regolamento. La formulazione legislativa che ne è uscita sul punto appare piuttosto insoddisfacente, avendo di fatto tolto il credito scolastico, in controtendenza rispetto alla normativa nazionale e non essendo aliena dal rischio che possa essere cancellata la summenzionata pagella unica.
Conclusivamente, siamo di fronte ad un riordino della scuola – che dovrebbe rappresentare l’agenzia educativa più importante dopo la famiglia – che enfatizza il centralismo e la burocrazia della Provincia e che appare, specie sulle questioni più “chiacchierate” (a torto) – quali le scuole paritarie (solo il 2% dei finanziamenti alla scuola!) e l’insegnamento della religione cattolica – un compromesso al ribasso che, teso a soddisfare sensibilità differenti, molto probabilmente non accontenta nessuno.
Cons. Pino Morandini
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