venerdì 16 maggio 2008

Risposta a Dino Pedrotti

Trento, 17 luglio 2006

Con intenti tutt’altro che polemici, bensì realmente costruttivi, vorrei brevemente esprimere talune considerazioni in merito all’articolo vergato da Dino Pedrotti in risposta a Francesco Agnoli. Rinnovo anche pubblicamente un sincero apprezzamento per quanto da anni Pedrotti costruisce a sostegno dei bambini e per la caparbietà e l’onestà intellettuale con cui si scaglia da tempo, in materia di bioetica, contro vetusti ideologismi

Il suo scritto peraltro, appare a mio parere viziato da una sorta di “immobilismo concettuale” tendente ad incasellare il tutto in categorie, superate. Tanto per dirla con Gaber, si parla ancora di “Destra – Sinistra” come di simulacri immutabili della realtà politica, dimenticandosi quant’essa sia cangiante, pure sotto i nostri occhi, e quanti cambiamenti abbia dovuto sopportare negli anni. Oggigiorno, ad esempio, cosa sarà mai la destra, cosa sarà mai la sinistra? Mah….

A sentire Pedrotti si potrebbe azzardare una visione della “sinistra” quasi eroica: volta cioè alla strenua difesa d’ogni ingiustizia, disuguaglianza, sperequazione sociale, attacco ai deboli, agli indifesi, ecc. ecc. Una sorta d’allegoria dell’equità terrena che, dal fumo delle barricate, sventola il suo vessillo salvifico in faccia ai potenti, agli orridi capitalisti, agli sfruttatori, agli omicidi d’ogni sorta... Purtroppo, non è così, e, probabilmente, mai fu così.

Tanto che lo si potrebbe dimostrare partendo dalla banale considerazione che ciò su cui io e Pedrotti siamo assolutamente d’accordo, cioé la difesa dell’essere umano in tutto l’arco della propria esistenza (ossia, a partire dal concepimento), è qualcosa su cui gran parte della “sinistra” mondiale è tuttora sorda in maniera drammatica. Dovrebbe esser noto che tale atteggiamento mortifero ha causato un genocidio di proporzioni immani che ogni giorno di più va ingrossando le file delle vittime (più di un miliardo nel XX secolo). Ora, ha ricordato giustamente il mio virtuale interlocutore, che nella contrapposizione all’origine di tutto ciò, mamma/essere umano adulto – essere umano allo stadio embrionale del proprio cammino terreno, è proprio quest’ultimo a detenere la posizione più sfavorevole.

Obiettivamente.

Tuttavia gran parte della classe politica (sinistra in senso classico in primis) non fa che difendere a spada tratta una posizione che è palesemente di potere. E ciò senza dare giudizi di merito su situazioni drammatiche cui va tutta la mia solidarietà, tragedie che nessuno può permettersi di giudicare. E’ tuttavia un dato di fatto percepibile che, seguendo il pensiero dell’ala “progressista”, si finisce per difendere gli interessi dei più forti fra gli individui coinvolti, gli interessi di coloro che detengono una posizione che li rende oggettivamente capaci di incidere a propria discrezione sugli altri soggetti! Basterebbe probabilmente il solo criterio quantitativo, cui ho sopra accennato, per smontare il teorema che vuole la sinistra paladina degli indifesi. Non me ne voglia Pedrotti, lo ringrazio anzi per aver riconosciuto che egli ed il sottoscritto sono in materia di bioetica “molto più a sinistra” di molti sinistroidi, più o meno riformisti. Comprendo che, proveniente da lui, tale constatazione si risolva in un complimento alla nostra posizione e al nostro agire, che cerca di fondarsi sulla libertà e sulla dignità d’ogni essere umano.

Tuttavia non comprendo proprio come possa e debba essere attratto a sinistra ogni tentativo di tutela dei soggetti più deboli, in contrasto plateale con ciò che il politically correct di marca mancina professa da sempre!

Probabilmente il mio interlocutore ragiona avendo a mente un’idea prescrittiva, di sinistra (ossia, riflettente ciò che la sinistra dovrebbe essere), in palese divergenza rispetto a ciò che la realtà descrittiva (l’unica che, ahimè, conserva una qualche valenza sul terreno degli schieramenti politici, e che poi verrà consegnata alla storia) ci squaderna sotto gli occhi.

D’altronde, ritengo ci sia pure un punto di partenza filosofico che spiega la riluttanza “sinistra” ad abbandonare la difesa di posizioni…“di classe”, tanto per utilizzare terminologie marxiane. La radice filosofica della sinistra è infatti intrinsecamente materialista: partendo dal materialismo dialettico, da una riproposizione in chiave sociale della dialettica degli opposti tratta dall’hegelismo, il marxismo teorizzò la lotta di classe. In vista d’una società finalmente libera, equa, ove la “dittatura del proletariato” avrebbe assicurato un luminoso avvenire alla classe sociale fino ad allora oppressa. Si parla, nei teorici del socialismo classico, di classi sociali, di compagini ove l’individuo non avrebbe avuto altro valore intrinseco se non quello, meramente fattuale, d’appartenere ad una o all’altra delle classi in contrapposizione. Possibilmente a quella vincente nella grande battaglia internazionalista per la riscossa della classe operaia. Si mirava al riscatto della povertà sociale su d’un piano puramente materiale (ossia, sul terreno dell’Avere, per usare la terminologia pedrottiana): “dividere la ricchezza” era, in effetti, l’utopia di Marx ed Engels.

Sull’Essere dei componenti la classe operaia, sui loro diritti, nulla però si diceva. Sarebbe bastato realizzare la società socialista e sarebbe caduta ogni necessità di riconoscere diritti agli esseri umani: con la caduta d’ogni sovrastruttura borghese, semplicemente, non ce ne sarebbe stato bisogno.

Sull’altro versante, il Liberalismo. Con le sue dichiarazioni dei diritti dell’uomo (molto dichiarati e poco rispettati), con l’affermazione inestimabile dell’intangibilità del singolo, esso finiva per mostrare la corda dinanzi ai drammatici conflitti sociali, ove più diritti formalmente inviolabili ed equivalenti entravano in conflitto sostanziale o, comunque, erano messi di fatto a repentaglio, ridotti a format. Con la sua matrice materialista ed antitrascendente esso capitolava, nella sua formulazione pura, dinanzi alle emergenze sociali che la rivoluzione industriale andava creando sempre più; abdicando all’inviolabilità da esso proclamata della persona umana, finiva per rifugiarsi su d’un immaginario aventino, lasciando autoregolamentarsi i componenti la società, dotati in partenza d’ogni crisma di libertà (d’una libertà tuttavia meramente formale) ; e postulando infine che tale processo di “autodeterminazione sociale” potesse generare ex se la soluzione migliore per ogni problema.

La realtà fu ben diversa: tutto ciò non ingenerò altro che disuguaglianze sociali e drammi che ancor oggi non accennano a spirare. Il tutto dettato dall’unica legge capace d’affermarsi nel sostanziale vuoto normativo: la legge del più forte!

Non ho ricordato ciò per sfoggiare erudizioni filosofiche che non posseggo (anzi, chiedo perdono in anticipo degli eventuali strafalcioni), bensì per esprimere una mia personale convinzione, ossia che il pensiero politico e sociale dominante specialmente nella seconda parte del XX secolo, non fu che il frutto dello scontro epocale fra le due visioni socialista- marxiana e liberale, permeate qua e là da frammenti di pensiero sociale cattolico (a partire in particolare dalla “Rerum Novarum”), abilmente secolarizzati. Le due ideologie contendenti uscirono dissanguate dalle tragedie del fallimento dello stato liberale puro e delle due guerre mondiali…E fu così che dall’incrocio in area materialista di Marxismo e Liberalismo…et voilà, ecco che nacque il pensiero “socialdemocratico”.

Almeno in Italia, ritengo infatti il pensiero “socialdemocratico” (in senso lato) il terreno comune delle diatribe politiche. Insomma, tale malconcio melange di socialismo in salsa revisionista; di liberalismo ammortizzato socialmente; di riconoscimenti di diritti inviolabili un po’ sì, un po’ no, molto forse; di materialismo... Tutto ciò credo sia, di fatto, il terreno comune su cui si sfidano gli schieramenti. I quali finiscono per differenziarsi solamente in base al fatto di accentuarne più o meno taluni aspetti. E nel dimenticare, chi più, chi meno, chi sotto certi angoli visuali, chi sotto altri, che le grandi teorie socioeconomiche, nonché filosofiche, della storia umana ebbero tutte una medesima funzione: rendere meno disperata la condizione dell’essere umano. Il quale è purtroppo il grande assente in molti snodi dello svilupparsi delle odierne discussioni politiche ....

Certo, la “sinistra” o, meglio, il Socialismo, ebbe il merito, con l’avvento dei movimenti economico – sociali del XIX secolo, di porre al centro della propria attività politica ed ideologica coloro che pagavano letteralmente con la propria vita o con un’esistenza indegna di tale nome il mito tecnocratico del progresso in piena pubertà. Ma credo che essa non possa che vergognarsi d’aver dimenticato tale vocazione originariamente sì materialista, ma antropocentrica ( meglio, proletariocentrica); d’averla annacquata: col pacifismo a senso unico e discriminatorio; con l’abortismo indiscriminato; con un flirtare con il capitalismo (financo nei sui lati peggiori), con il pretesto d’ammorbidirne gli spigoli.

Tutte opzioni ideologiche ormai nel Dna della moderna ala mancina più o meno riformista. Le quali, curiosamente, non s’allontanano molto da quelle sostenute da gruppuscoli collocati dalla parte opposta dell’emiciclo…e Gaber, con la sua sferzante arringa in “Destra Sinistra” non fece che dar voce a questa realtà, allo smarrimento da ciò ingenerato.

Caro Pedrotti, credo che per codesti motivi sia una forzatura ottocentesca lo schierare a sinistra la difesa integrale della dignità umana, in particolare dal momento del suo concepimento. Lo è proprio perché rappresenta una chiara stonatura rispetto a ciò che quotidianamente ci propina la classe politica. Al punto che, se proprio mi vedessi costretto ad incasellare in tali triti schematismi la tenzone che tanto ci infiamma e ci vede coinvolti fianco a fianco, non la collocherei certamente a sinistra…

Sono fermamente convinto che il dramma della violazione della dignità umana sia uno dei punti nevralgici su cui si gioca ora il nostro futuro. E che la lotta contro fame e guerra indicata dalle Nazioni Unite sia sì una priorità assoluta, ma subordinata alla tutela della vita dai suoi albori al suo crepuscolo. Nel momento in cui questa s’affermerà, vorrà dire che si sarà affermata una concezione “neo-antropocentrica”, volta al rispetto integrale d’ogni essere umano, indipendentemente dal sesso, dalla provenienza, dall’integrità fisica, dallo stadio di sviluppo, dall’orientamento sessuale, exc exc…e ciò travolgerà le ipotesi di disuguaglianza, di guerra, di sperequazione economica foriera della disastrosa spartizione delle risorse alimentari del pianeta…E ciò, non sarà né di destra, né di sinistra…

Caro Dino, nella speranza d’essermi riuscito ad esprimere, concludo parafrasando la tua conclusione e mandandoti un caro saluto. Convinto che continueremo a stare davvero dalla parte dei più deboli, di coloro i quali non possono proferire altro che “un grido silenzioso” e che non conteranno mai nell’urne elettorali.

Certo, staremo dalla loro parte senza proclami né sbandieramenti politici.

Dalla loro parte, però, non certo a sinistra!

Cons. Pino Morandini

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