venerdì 16 maggio 2008

LETTERA APERTA AI DIRIGENTI DELL’UNIONE AUTONOMISTA LADINA (U.A.L.)

LETTERA APERTA AI DIRIGENTI DELL’UNIONE AUTONOMISTA LADINA (U.A.L.)

Sono da sempre convinto assertore dei valori veri e dell’identità di un popolo; e quindi del senso di appartenenza ad una comunità, alla sua cultura, alle sue radici. Tantopiù in presenza di minoranze linguistiche, come nel caso di specie.

In questi giorni oggetto di particolare attenzione è il vostro mondo, quello ladino, che vede andare a Congresso la propria rappresentanza politico-culturale (U.A.L.) in un frangente quantomeno delicato, anche alla luce dei recenti esiti elettorali.

Così vi state interrogando, a partire da quegli esiti, sui “punti deboli”, sugli “eventuali errori di comunicazione”, sul “rilancio del Movimento ladino”, ecc.. Tralasciando, peraltro, a mio avviso, alcuni elementi importanti, fors’anche decisivi ai fini di quello che personalmente considero un concreto rilancio della comunità ladina, che possa contribuire a darle rinnovato slancio e reale speranza, che in questi ultimi tempi sono stati spesso offuscati, non per colpa degli elettori della Val di Fassa.

Non ritengo che i ladini abbiano smarrito il senso di appartenenza territoriale ovvero i valori della propria identità. Anzi. Non vi pare invece che una delle cause del loro “allontanamento politico” possa rinvenirsi proprio nell’assistere a manovre che hanno facilitato operazioni speculative, spesso depauperando anche il territorio o comunque avvantaggiando i soliti noti? Con la conseguenza di prezzi degli alloggi semplicemente inaccessibili per la gran parte della popolazione locale, a partire dalle coppie che intendono metter su famiglia?

Non potrebbe quell’“allontanamento” trovare radice anche nello scarso interessamento che la gente lamenta di incontrare sui problemi di lavoro, di casa, ecc., cioè su temi essenziali che vive sulla propria pelle? Ancora, perché non interrogarsi a fondo su speculazioni edilizie che vedono cittadini di fatto spesso “costretti” a vendere il proprio terreno – per cui non riescono ad ottenere la concessione ad edificare – a realtà cui invece detta concessione viene successivamente rilasciata? E perché si assiste talvolta all’attuazione di regolamenti edilizi comunali – su passaggi delicati o controversi – prescindendo dall’interpretazione chiarificatrice degli uffici della Provincia, spesso la sola capace di evitare facili abusi o discriminazioni a danno di cittadini? E come mai aumentano le lamentazioni di censiti, sovente i meno abbienti, circa insensibilità o invadenze di alcuni pubblici uffici locali nei loro confronti?

Non intendo dare lezioni a nessuno. Ho solo ritenuto doveroso esprimere alcune valutazioni a mo’ di apporto, con l’unico scopo di contribuire ad avvicinare cittadini e reggitori della cosa pubblica , per il bene della valle.

Cordiali saluti.

Pino Morandini

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