Trento, 4 agosto 2006
Sull’indulto
E così, a mo’ di colpo di spugna, il Parlamento ha disposto l’indulto. Il quale, è noto, condona la pena, ma non estingue il reato. Con la conseguenza, fra l’altro, che chi è responsabile di recidive (più reati dello stesso tipo), si vedrà aumentata la pena.
Vien da chiedersi subito per quale motivo razionale, essendo invariato il quadro normativo, uno che ha commesso reati entro maggio, esce di carcere, nel mentre chi li ha compiuti dopo, resta dentro! Ma, a parte l’anzidetta discriminazione tra i rei – cosa tutt’altro che irrilevante in uno Stato che intenda definirsi di diritto – non vedo perché, se il Parlamento non intende applicare una legge, non la cancelli, anziché creare disuguaglianze tra i rei.
La pena, a mio avviso, va applicata, per il principio c.d. della certezza della pena, specie per i reati gravi. E non si capisce perché l’omicidio doloso non sia stato considerato atto grave, visto che pure su di esso interviene il colpo di spugna dell’indulto! “Certezza della pena”, si diceva: non solo per un criterio generale di tipo preventivo, che funge da deterrente in vista di eventuali reati, ma pure per la funzione pedagogica della pena stessa e della sua caratteristica “rieducatrice”. Oltrechè per un’integrità razionale del sistema: il sistema deve essere effettivo.
Si dirà che detta funzione “rieducativa” la pena rischia di perderla stante il sovraffollamento delle carceri. Ma a questo non si può rimediare in fretta e furia con un colpo di spugna. E basta. Senza prevedere seri programmi di reinserimento sociale per i detenuti. O di reinserimento lavorativo per chi già è pronto per esso (quali lavori si possono trovare ad agosto?). E pure senza una revisione organica del codice penale, già pronta in virtù del lavoro prezioso redatto dalla Commissione incaricata dal precedente Governo. Per non contare il preoccupante innalzamento dell’allarme sociale e di vera e propria paura che quest’indulto genera in molti cittadini!
Si dirà che è un dovuto atto di clemenza, sostanzialmente invocato da Giovanni Paolo II, allorquando visitò lo scorso 14 novembre 2002 i parlamentari riuniti in seduta comune. A parte il fatto che quell’invocazione già ottenne di lì a poco una risposta (il c.d. indultino) vien da chiedersi perché mai il Pontefice lo si ascolta solo là e quando lo si vuole e non invece su questioni ben più dirimenti e che attengano a valori non negoziabili, quali la vita umana e la famiglia, su cui pure chiese in quell’occasione al Parlamento provvedimenti chiari e tempestivi per il bene di tutti.
Cons. Pino Morandini
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