Trento, 5 gennaio 2007
Dopo la morte di Piergiorgio Welby non si può non fare una riflessione: ancora una volta i radicali hanno saputo condurre una battaglia amaramente "vincente". Il loro obiettivo è stato raggiunto. Poco importa se la morte fosse per Welby il suo vero bene. Welby era servito, sebbene in subordine rispetto a Luca Coscioni, che allora dominava la scena, per fare pressioni contro la legge 40, all'epoca in cui i radicali spiegavano che i cattolici si opponevano a far vivere i malati. Da mesi è stato utile per una battaglia opposta: per spiegare al mondo, icasticamente, col suo corpo, col suo dolore, con le fotonotizie enormi pubblicate spessissimo sul Corriere, che qualcuno vuole santificare la vita a tutti i costi. La campagna mediatica è stata, come sempre, superba: da almeno due anni un partito piccolissimo, senza numeri, occupa le pagine dei giornali, di solito le prime pagine, mentre attraverso Radio Radicale, lamenta una sottoesposizione mediatica. Piangere, lamentarsi, fare le vittime…è un sistema che paga, anche se chi lo utilizza assomiglia poco al buon bambino, vittima dei compagni cattivi, e molto ai coccodrilli…anche se chi lo utilizza arriva ad usare lo strumento un tempo nobile dello sciopero della fame con la funzione del ricatto: o fate come dico io, o proseguo sino a morire…Pannella, Bonino, Capezzone, Cappato, in realtà, sono solo quattro moschettieri, che fanno i radicali di professione: una vita impegnativa, che richiede la capacità e la grinta di parlare ad ogni ora del giorno, di lanciare ogni momento comunicati stampa, di creare prediche laiche a ritmo continuo, di spacciarsi per "non violenti", salvo poi appoggiare entrambe le iniquissime guerre del Golfo, facendo un po' come usavano una volta alcuni generali: far vedere o capire che si è in tanti, tantissimi, che il paese è con loro, anche quando non è assolutamente vero…Far vedere che si è in tanti moltiplicando di continuo le sigle, le associazioni, i contenitori senza contenuto: associazione Luca Coscioni, associazione Nessuno tocchi Caino, Coordinamento radicale antiproibizionista, Associazione per lo sbattezzo, Associazione anticlericale, lista Pannella, Lista Bonino… L'abilità propagandistica, lo ripeto, è il cuore di un gruppo di amici, che ogni tanto si scomunicano a vicenda, e che potrebbero stare tutti in un bar di provincia, però con consumazioni illimitate, causa l' immenso patrimonio: un partito leggero, quello radicale, quanto al numero di iscritti, ma non quanto alla pecunia, alla potenza della loro radio e dei loro siti internet. "La miracolosa macchina che dal giugno 1996 autofinanzia i pannelliani alla media di 4 miliardi l'anno (aumentati a 6 nel 2000) si chiama Call center. Si tratta di 28 operatori che telefonano di continuo ai simpatizzanti radicali e firmatari delle loro richieste di referendum e di petizioni". Così scrive Mauro Suttora in "Pannella & Bonino Spa", (Kaos edizioni), dopo aver spiegato che nel 2001 il partito radicale transnazionale e transpartitico aveva un patrimonio stimabile in 150 miliardi di lire e più di 200 dipendenti. Nel 1999, per fare un altro esempio, la Lista Bonino dichiarava di aver speso ben 24 miliardi di lire per la pubblicità elettorale: avevano tappezzato le città di manifesti, ben più di partiti assai più grandi, inondato le buchette con 45 milioni di lettere, oltre ai 318 spot televisivi…Nel referendum dello stesso anno, nonostante la spesa sostenuta, i radicali acquistarono intere pagine di quotidiani nazionali e locali, e si permisero di arruolare centinaia di "acchiappafirme", cioè di ragazzi pagati centomila lire al giorno, da piazzare presso i banchetti, al posto dei sostenitori disinteressati e veramente convinti (la Repubblica, 29/6/99). Ma i soldi non sono tutto: i radicali sanno anche mescolare con abilità le loro campagne più controverse, con pseudo campagne veramente umanitarie: mentre parlano di diritto all'aborto, all'eutanasia, non dimenticano di dire che sono per diminuire la fame nell'Africa o per dare ai disabili i diritti che loro competono…E' poi tutto da vedere che per battaglie come queste ultime vengano utilizzati gli stessi soldi, la stessa grinta, lo stesso numero di invettive, di cui fanno invece grande uso per la loro lotta contro la vita, dal concepimento alla morte. Eppure Marco Pannella, nel 1975, scriveva: "E l'eutanasia, per quando?, m'è stato chiesto in un recente dibattito sull'aborto. Deluderò i nemici in agguato e amici impazienti, ma io sono contro. Nessuno ha il diritto di compiere la scelta della morte dell'altro finchè in chi soffre e fa soffrire ci sia un barlume, o la speranza di un barlume, di volontà o di coscienza" (L'Espresso, 1/2/75). Ma anche questa è propaganda: ogni cosa a suo tempo, per gradi, per abituare le masse poco a poco, per rompere gli argini con prudenza…
Fatto sta, infine, che i radicali pur essendo pochi, sono ben sparpagliati, sia a destra che a sinistra: anche in questo, con grandissima abilità, sono riusciti ad influenzare parte di entrambi gli schieramenti, dividendosi per la bisogna in Rosa nel pugno (il nucleo più grosso, a sinistra) e Riformatori. In questa duplice veste, in realtà, non cresce il loro numero, né il numero degli elettori, ma aumenta la loro capacità di influenzare la politica italiana e di moltiplicare, tramite il sistema dell'alleanza politica bipolare, il numero dei deputati. Quanto alla stampa, sono dovunque, come radicali, ex radicali, simpatizzanti radicali… Chi non è passato di lì, almeno un po', negli anni del Sessantotto, quando la lotta comunista diveniva, assai spesso, "lotta dura contro natura", lotta contro le "convenzioni borghesi", trasgressione morale e sociale? Quando il materialismo di stampo liberale si sposava molto spesso col materialismo marxista? Ora che hanno vinto, a modo loro, la prima battaglia, speriamo che non riescano a proseguire: altrimenti avremo anche in Italia i serial killer alla Kevorkian, o alla Shipman, oppure le associazioni come la svizzera Dignitas, che fornisce a chiunque lo voglia, da ogni parte d'Europa, aiuto a pagamento, per un suicidio assistito, in caso di malattia, di vecchiaia, ma anche di depressione, o semplicemente di tristezza. Perché infatti, una volta introdotta per legge l'eutanasia, chi potrà dire che un malessere psicologico, una delusione amorosa, la morte di un proprio caro, è meno dolorosa di un male fisico? E' già successo in Olanda…. Anche se in questi tempi hanno smesso di parlarne, per non turbare troppo le coscienze, lo scopo dei radicali non è l'eutanasia per i casi estremi, alla Welby, ma arrivare al punto in cui ognuno, anche un giovane sano e forte, possa decidere di farla finita, quando e come "vuole", in nome del diritto alla autodeterminazione. E i loro alleati, come Umberto Veronesi, non sono molto più moderati: " bisognerebbe che le persone a cinquanta o sessant'anni sparissero….". Con tipi simili è difficile discutere sui confini tra accanimento terapeutico ed eutanasia…
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