venerdì 16 maggio 2008

REFERENDUM: PERCHE’ “SI’ ”

Trento, 23 giugno 2006

REFERENDUM: PERCHE’ “SI’ ”

E’ noto che la Costituzione di uno Stato rappresenta lo specchio delle convinzioni, delle attese, perché no anche delle paure di una comunità in un determinato momento della sua storia.

Allorquando l’Assemblea costituente lavorò attorno al progetto di Costituzione, approvandolo poi definitivamente, la diffusa preoccupazione che animava i costituenti si concentrava sull’intento di evitare il ritorno ad un regime dittatoriale. Non erano certo in primo piano l’attenzione ai poteri del Capo del Governo ovvero all’efficienza dell’Esecutivo od alla sua stabilità.

A distanza di sessant’anni è naturale che proprio le questioni testé accennate – incancrenite da un’esperienza a tratti tutt’altro che esaltante, qual’è quella che ha segnato vari passaggi della vicenda parlamentare, dove si sono visti ribaltoni vari, lentezza nell’approvazione delle leggi, un numero sproporzionato di parlamentari (circa mille; negli U.S.A. sono un centinaio) – si propongono con tutta la loro urgenza alla classe politica ed all’intera nazione.

Non può infatti sorprendere, in queste condizioni, il fatto che l’Italia, si riveli la “Cenerentola” dei Paesi maggiori, allorquando è tenuta ad adeguare al passo dei tempi il sistema economico e sociale del Paese.

Nemmeno può stupire, allo stato dell’attuale Costituzione sui punti suaccennati, l’estenuante lentezza in cui l’Italia approva i provvedimenti legislativi indispensabili per modernizzare una particolare democrazia qual’è quella che connota il nostro ordinamento. Basti vedere, per fare un esempio, il brevissimo lasso di tempo (al massimo qualche mese) cui Germania, Francia, Spagna, Inghilterra approvano le grandi leggi e quello asfittico che serve per analoghi provvedimenti (circa due anni) all’Italia.

Sui temi come, per esempio, cittadinanza, pubbliche libertà, reati, procedure penali, imposte, diritti di proprietà, ecc., il c.d. bicameralismo perfetto ha mostrato di quanta lentezza ed inefficienza è capace. Il fatto cioè che si debba necessariamente avere l’approvazione delle due Camere (e se una cambia anche una sola virgola, si debba ripassare all’altra) per l’approvazione di una qualsiasi legge – salvo eccezioni – ha evidenziato in più occasioni i suoi effetti perversi (lentezza, burocrazia, dispendio di energie e di risorse finanziarie, ecc.).

Per questo considero il votare “sì” l’unico modo per non bloccare (probabilmente per sempre o comunque per lunghissimo tempo) una riforma avviata. Certo suscettibile di correzioni, ma sollecitata proprio dalla vittoria dei “sì”. Questa infatti aprirebbe spazi di reale trattativa tra i due schieramenti (maggioranza ed opposizione). Con il risultato, alla fine, di una riforma condivisa, di cui il Paese ha davvero bisogno

Cons. Pino Morandini

Capogruppo U.D.C. Consiglio regionale

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