venerdì 16 maggio 2008

L'obiezione di coscienza dei farmacisti ed il suo fondamento

L’OBIEZIONE DI COSCIENZA DEI FARMACISTI HA FONDAMENTO GIURIDICO E SCIENTIFICO”.




L’art. 9 della L. 22/5/78 n. 194 (legge sull’aborto) stabilisce che “il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli artt. 5 e 7 e agli interventi per l’interruzione di gravidanza quando sollevi l’obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione”.

Il farmacista fa certamente parte del “personale sanitario”. Il R.D. 27/07/1934 n. 1.265, contenente disposizioni sulle professioni sanitarie, si occupa dei farmacisti dall’articolo 99 in poi, sottoponendo a vigilanza, fra gli altri, anche l’esercizio della farmacia. Anche il farmacista rientra quindi nel “personale sanitario” di cui all’art. 9 della legge 194/78.

Per completezza, la più recente legge 23/12/78 n. 833 considera sanitaria l’attività di “immissione in commercio e distribuzione dei farmaci” (art. 1) e definisce “prestazione di cura” “l’assistenza medico-generica, specialistica, infermieristica, ospedaliera e farmaceutica”.

L’argomento principale per escludere la facoltà di obiezione di coscienza riguardo alla somministrazione del “Norlevo” entro le 72 ore successive al rapporto non protetto, è che tale preparato non interromperebbe la gravidanza, in quanto la gravidanza comincerebbe con l’impianto dell’embrione in utero. Appare evidente il carattere artificioso della proposta definizione di gravidanza, che contrasta con tutte le definizioni contenute nei vocabolari della lingua italiana, nelle enciclopedie, nei manuali di ostetricia e ginecologia. Quanto ai vocabolari, da Garzanti a Palazzi-Folena, da Zingarelli a Battaglia a Treccani, all’Enciclopedia Medica Italiana, sono tutti concordi nel definire l’inizio della gravidanza dal concepimento (o fecondazione).

La “ratio” dell’obiezione di coscienza di cui all’art. 9 legge 194/78 è la tutela della coscienza individuale rispetto all’azione che sopprime una vita, avvertita come illecita dal singolo. Non a caso l’ordinamento prevede l’obiezione solo per l’aborto e per il servizio militare, quando questo era obbligatorio. Anche quando l’ordinamento ritiene “giusto” consentire l’uccisione, è rispettata la coscienza individuale che ne avverte l’ingiustizia. Ed è di tutta evidenza che nel citato articolo 9 la coscienza dell’operatore sanitario sia tutelata in ordine all’uccisione di un essere umano.

La questione ha anche una autorevole tutela da parte della Corte Costituzionale. Essa, con la sentenza n. 35/97, ha affermato che all’art. 1 della legge 194 (“Lo Stato tutela la vita umana fin dal suo inizio”) va attribuito un vero significato normativo e che in esso trova riconoscimento il diritto alla vita del concepito fin dalla fecondazione.

Analoga tutela si è espressa pure sul versante scientifico. Il Comitato Nazionale di Bioetica, nel suo documento su “Identità e statuto dell’embrione umano” del 28/06/96 dichiara di essere “pervenuto unanimemente a riconoscere il dovere morale di trattare l’embrione umano, sin dalla fecondazione secondo i criteri di rispetto e di tutela che si devono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persone”.

E’ assodato che “Norlevo” è un preparato specificamente diretto ad impedire che, se un embrione si è formato, esso possa annidarsi in utero. Si tratta, cioè, di una sostanza la cui specifica destinazione ed efficacia è quella di provocare la morte. Quindi, l’uso di Norlevo è specificamente diretto a provocare l’interruzione della gravidanza e la consegna da parte del farmacista è un atto necessario affinché l’effetto si verifichi

Che poi la consegna di un farmaco debba qualificarsi “intervento” è altrettanto evidente. Intervento significa “azione umana diretta a”. Non è necessario che quella azione sia chirurgica. Può usare anche preparati chimici. Nessuno dubita che sia interruzione di gravidanza l’aborto indotto, anziché per raschiamento o per isterosuzione, mediante somministrazione di prostaglandine o, come avveniva un tempo, con pozioni abortive di prezzemolo o, come avviene spesso oggi, con la pillola RU486.

Quindi, la vendita di Norlevo o di altre sostanze con identico effetto è attività qualificabile come intervento specificamente diretto a provocare una interruzione di gravidanza.

La norma a cui viene fatto riferimento per negare il diritto alla obiezione di coscienza dei farmacisti è l’art. 38 del R.D. 30/09/38 n. 1.706, secondo cui “i farmacisti non possono rifiutarsi di vendere le specialità medicinali di cui sono provvisti e di spedire ricette firmate da un medico per medicinali esistenti nella farmacia”.

In realtà tale disposizione non può togliere valore all’art. 9 legge 194/78, relativo all’obiezione di coscienza, la cui funzione è proprio quella di limitare l’estensione di tale obbligo. Nessuno nega l’obbligo generale, ma l’obiezione di coscienza è riconosciuta proprio per consentire all’obiettore la non applicazione dell’obbligo generale. Anche il servizio militare era obbligatorio; tuttavia l’obiettore poteva sottrarsi a tale obbligo. Anche il medico ospedaliero è tenuto a rispettare l’organizzazione che gli impone di praticare l’aborto, a meno che non sia obiettore.

L’obiezione di coscienza è quindi riconosciuta proprio come strumento per sottrarsi lecitamente all’obbligo.

Quanto alle modalità per la presentazione dell’obiezione di coscienza, essa, anziché presentata la medico provinciale, di cui al citato art. 9 legge 194/78, quale autorità competente, andrà oggi presentata al Direttore generale dell Azienda Sanitaria. Se il farmacista è dipendente, andrà inviata anche al titolare della farmacia e/o dell’azienda da cui la farmacia dipende. Basta affermare: “Il sottoscritto dichiara di proporre obiezione di coscienza ai sensi dell’art. 9 della legge 194/78”.

Soccorrono infine ulteriori aspetti costituzionali: la Corte ha affermato che il diritto all’obiezione di coscienza trova tutela nell’art. 2 della Costituzione (Diritti inviolabili dell’uomo). Questa sentenza si riferisce al servizio militare, ma il principio è stato confermato, per quanto riguarda le questioni di cui stiamo parlando, nelle decisioni n. 196/87 e 445/88.

Ne consegue che, anche per rispettare la Costituzione italiana, deve essere riconosciuta anche ai farmacisti l’obiezione di coscienza, alla stessa stregua dei medici e degli infermieri. In caso negativo sarebbe violato non solo il citato articolo 2 della Costituzione, ma anche l’articolo 3 della stessa che riguarda il principio di uguaglianza.

Cons. Pino Morandini

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