Trento, 11 gennaio 2008
Giuliano Ferrara e Mario Giordano hanno gettato un macigno nello stagno. Finalmente infatti ora iniziano nuovamente a ribollire le acque del dibattito biogiuridico in Italia, con grandi piovaschi e tremori previsti a destra ed a manca. Purtroppo, tuttavia, pare di rivedere e, soprattutto, di risentire, i soliti frusti slogan già sentiti triti e ritriti quarant'anni fa. Senza che si possa cogliere alcuno sforzo ulteriore per tentare di comprendere il nocciolo degli innumerevoli problemi sollevati.
Tuttavia, a differenza del 1978 e del 1981, sono profondamente diverse le forze culturali che animano il fronte che si propone come primo ed imprescindibile obiettivo la tutela dell’essere umano sempre e comunque. E' infatti con forza dal mondo laico, da chi ragiona scevro da ogni proiezione confessionale (in particolar modo cattolica) che provengono i pungoli più fecondi. E ciò a testimonianza di un profondo mutamento della società civile, in particolare per l'insorgere d'una visione profondamente umanista che si va facendo strada in una pletora di teste pensanti. E' palpabile un'ansia volta alla ricerca ed alla tutela dell'uomo che, fondandosi su argomenti prettamente razionali ed a-confessionali, toglie alla propaganda abortista o, comunque “pro choice” uno degli argomenti più sbandierati nei decenni passati. Nonostante infatti taluno ancora ci provi, non si può, senza negare la palese realtà delle cose, tacciare questo “rinascimento umanista” come “cattolico”. A conferma di ciò, lo smacco subito dai pugnaci sostenitori del referendum sulla legge 40 del giugno 2005 non è probabilmente mai stato elaborato fino in fondo in tutta la sua scioccante complessità da chi continua a gridare allo scandalo ed all'ingerenza della Chiesa nelle faccende politiche nostrane. Pensare che il 75% degli italiani abbia fatto spallucce dinanzi ad una roboante campagna mediatica solo per seguire il card. Ruini è francamente ridicolo e naufraga nella mistificazione del reale.
Tuttavia la scissione che in continuazione intercorre fra la società civile e coloro che dovrebbero rappresentarne istanze, opinioni e poteri, è drammaticamente sempre più profonda.
L'Italia cambia, e pochi se ne accorgono.
Lo testimoniano, ancora una volta, le reazioni alla proposta di moratoria venuta da Giuliano Ferrara (che, per incidens, non è di certo un cardinale di Santa Romana Chiesa, e non è nemmeno cattolico), e ripresa da Mario Giordano, che hanno opportunamente scomodato certi ambienti che, pur autonominatisi “progressisti”, hanno preferito tornare ai bei tempi delle barricate sessantasettine.
Innanzitutto trincerandosi dietro una logora sacralizzazione della l.194/78. Alla faccia del proclamarsi “laici”, essi continuano ad adorare le sue norme, manco si trattasse di tavole scritte di proprio pugno da chissà quale divinità. Certo, v'è chi sostiene, con un pizzico di macchiavellismo, che “vox populi, vox Dei”, corroborando tale tesi con la constatazione che la normativa in esame è stata addirittura confermata in via referendaria dallo stesso popolo sovrano. Il quale, tuttavia, potrebbe senza dilemma alcuno procedere all’abrogazione od al mutamento della stessa, senza che ciò possa attirare le ire di qualche divinità. O sbaglio?
Ma i druidi della 194 di ciò non vogliono manco sentire parlare. E, come il ministro Turco insegna, si scagliano lancia in resta contro chi ha osato bestemmiare la loro “divinità”.
A proposito della signora Turco, strombazzare che “Il Re è Nudo” mi appassiona non poco. Specialmente quando ne va della salute fisiopsichica e dell'esistenza di donne e bambini. Ed allora, mi sorge, spontaneamente, da chiedere al Ministro: “Dov’è che è “applicatissima” la legge 194?”. Nei consultori, ove spesso la libertà femminile è conculcata al punto da non lasciare alle malcapitate altra scelta se non abortire? Ove, di fatto, se si rifiuta l’i.v.g. non v’è alcun aiuto concreto? E’ questa la libertà sostanziale di scelta per cui s’è stracciata le vesti più d’una generazione?
Una seria applicazione della l.194 dovrebbe mirare a dare una libertà effettiva alle donne, a partire dalla libertà di non abortire. Ponendo in bilanciamento almeno tendenzialmente paritario gli interessi dei due soggetti (madre e figlio) coinvolti in questa drammatica scelta.
Per esperienza pluriennale nel volontariato posso spingermi ad affermare che realmente solo in casi estremi, se la gestante è sorretta da una rete assistenziale di comprensione, aiuti e concreta vicinanza, ricorrerà alla soppressione del figlio che porta nel grembo. Ed è ciò quanto dovrebbe essere attuato proprio nell’ottica della divinizzata 194. Quantomeno per evitarne la disintegrazione da parte di eventuali e fondate declaratorie d’illegittimità costituzionale….
Si afferma, poi, che legittimando l’interruzione volontaria di gravidanza, si sarebbe annullato il numero di aborti clandestini, nonché pure ridotto il numero degli aborti tout court.
Innanzitutto, personalmente, ritengo che legittimare un comportamento semplicemente per sottrarlo all'area dell'illecito sia, per principio, una follia. In quanto, in ultima analisi, ciò non conduce ad altro che ad una strumentalizzazione dell'essere uomo per raggiungere una perfezione utopica da ordinamento giuridico perfettamente effettivo. Il fatto che avvengano gli omicidi non lo si risolve di certo “legalizzando” le condotte che recano la morte. Non ritengo plausibile contrabbandare una riduzione del formalmente illecito con una lesione sostanziale dei diritti fondanti, propri di ogni essere umano. Al di la di ciò, tuttavia, a sostegno del tanto sbandierato abbattimento del numero degli aborti, clandestini o meno, non c'è un serio dato probatorio. Anzi, rimando all'indagine di Antonio Socci per scoprire quanto erano destituiti di fondamento i dati usati qualche decennio fa da Pannella & co.
Mi meraviglio soltanto di come un tentativo di andare (laicamente) a fondo di queste asserzioni non faccia altro che sollevare gli strepiti di tutta una serie di soggetti. Misteri della dogmatica laicista, senza dubbio. Sui quali, non posso fare a meno di sollevare un sano scetticismo cartesiano...
Dubbio che rimane proprio sulla centina che sorregge tali argomenti. Mi pare difficile infatti cogliere il nesso eziologico che legherebbe l'entrata in vigore della legge 194/78 alla diminuzione degli aborti. Per quanto mi sforzi, non colgo alcuna plausibile ragione a sostegno di ciò.
Sono del parere, in definitiva, che la levata di scudi che fronteggia la coraggiosa apertura di Giuliano Ferrara, nasconda un quid più profondo. Ossia che essa, pone un dilemma sempre più taciuto in quest'epoca moderna catturata dalla frenesia del mercato. Pone il dilemma dell'intangibilità dell'uomo. Ancor più profondamente, spinge a chiedersi chi sia, “l'essere umano”. Ed è un interrogativo che scaturisce da un pulpito laico, liberale, che non trae le proprie ansie di ricerca da un approccio religioso.
Per tale motivo, specie sulla scena italiana, risulta decisamente spiazzante.
Perché dopo tanti deliri superomistici tenta di mettere alle spalle al muro con delle questioni che rimandano ad alcuni “ultimi” interrogativi.
Tenta almeno d'insinuare un dubbio: se sia l'uomo il fine di tutto, oppure sia solamente un accidente. Se, cioè, in ossequio al soggettivismo sfrenato che pone ogni essere umano divinità di se stesso, in lotta con altre divinità a lui pari, tutti a contendersi il pianeta in una disperata lotta più che ferina, sia lecito che i più deboli (in senso fisico e/o giuridico) debbano rimetterci la pelle.
Per il mero arbitrio dei più forti.
Oppure se un limite dev'essere posto, per una tutela degli ultimi al delirio dei singoli. siano essi stati, donne o uomini. Perché l'uomo è da salvaguardare, in quanto unità fondante e preesistente ad ogni organizzazione sociale
Con buona pace di tutti gli Scalfari, i Pannella e le Turco dell'universo.
Pino Morandini
Vicepresidente Movimento per la vita italiano
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