venerdì 16 maggio 2008

Considerazioni sul Darwinismo

Ancora? assolutamente sì, dal momento che il tema mi sta molto a cuore...

Parlo, ovviamente, dei decrepiti dei della modernità. Essi, infatti, pur se da decenni miserabilmente rantolanti, recano ancora in sé una forza dogmatica, assolutistica, un'aura d'indiscutibilità francamente inquietante. Per questa mia breve dissertazione a loro sfavore, m'avvarrò pure dell'ispirazione (..ed anche di qualcosa in più..) fornitami da un'eccezionale lectio magistralis operata sul tema “Darwin e Darwinismo” dal card. Schonborn, arcivescovo di Vienna. Tenterò inoltre d'astrarre queste mie elaborazioni su di un piano più generale, sperando di contribuire con queste poche righe a vibrare ad essi il colpo di grazia.

Dunque, come, ho già avuto occasione di rilevare recentemente con alcuni miei brevi scritti, dei cadaveri ambulanti s'aggirano nei cervelli del mondo. Annebbiano le intelligenze. Confondono, obnubilano i ragionamenti. Vetuste divinità decadute continuano, imperterrite, a dettar legge. A destra ed a manca. Tra di esse, il darwinismo...

...Giunti a tale asserzione tuttavia già s'ode la levata di scudi degli scienziati per forza, di coloro che nulla è se non è dimostrabile “scientificamente”, ove per “scienza” decidono loro cosa contrabbandare. Dunque, in buona sostanza: “Darwin non è smentito non in quanto insuperabile sul piano argomentativo, bensì in quanto non postulato non smentibile a priori”.

Beh, nulla di più falso.

Lor signori infatti non avvertono che v'è uno smacco logico allorquando decidono di spostarsi dal piano descrittivo, fenomenico, per adire il livello proprio del senso ultimo, ( obiettivo che, consapevoli o meno, è decisamente ciò cui mirano). Darwin ( e chi come lui) tuttavia, percorre tale interstizio convintamente, conscio di voler non soltanto dare una spiegazione più o meno plausibile all'evoluzione delle specie sul pianeta, bensì pure a forgiare, in ultima analisi, una sorta di “cosmogonia”, di teoria ricostruttiva del fine supremo degli esseri. Ma ciò, rientra, come del resto affermato da pilastri del pensiero scientifico umano a lui precedenti (che ne so, un Galileo ed un Newton, tanto per nominarne qualcuno...), nell'orbita di competenza della filosofia morale, financo della religione. Ciò che impinge tale indagine al punto da farle traboccare rispetto al piano fenomenico, alla mera percezione della realtà, seppur essa possa dirsi possibile (e ci sarebbe da discuterne).

E' altro da quest'ultima.

Risalendo infatti a ritroso di gradino in gradino sulla scala dell'evoluzione delle specie, si giunge ad una materia informe, vera “creatrice del cosmo”, arbitra del “marchingegno” evoluzionista.

Ma se già s'indaga ciò, e s'afferma che l'operare di tale primigenio stadio non agisce che in forza di leggi meramente meccanicistiche, già s'è esorbitato il confine spettante ad un'analisi scientifica in senso stretto. E' infatti una scelta ideologica (in senso lato, s'intende), che ha la stessa dignità d'un'ipotesi fideistica, pur non conservando nulla del fascino di quest'ultima...

Scelta ideologica che, tra l'altro, postula delle leggi supreme già rinvenibili “In re ipsa”, “In rerum natura”. A cosa si riducono tali leggi se non a delle “divinità” (!!)??

Ma allora per quale motivo criticare tale ipotesi creazionista rivolta al senso ultimo dell'universo pare integrare un “reato” di lesa maestà??? Con quale bizantinismo si può supporre che solo tale ipotesi ideologico-religiosa abbia diritto di cittadinanza, e poi pretendere di mascherare tale evidentissimo dogmatismo sotto le mentite spoglie del progresso scientifico? Tra l'altro, contrabbandando pure lì una scelta di campo teoretica come presunta, asettica descrizione della realtà!!! Come se non bastasse, se taluno osa mettere in discussione tale catafalco d'idiozie traballanti (già fallaci a livello logico) , si sente pure dare del retrogrado...

Al sottoscritto tale atteggiamento oscurantista, perverso, ottuso, ricorda tanto la caricaturale descrizione dei tribunali dell'Inquisizione spesso appioppata alla Chiesa cattolica...Con buona pace della scienza laica e tollerante!

La presenza di un senso ultimo, nonostante gli sforzi fatti di secolo in secolo per negarla, è infatti sotto gli occhi di tutti. Anche da un punto di vista “scientifico”, e non solamente allorquando taluno scopre e passa a qualcos'altro da sé.

Soffermandoci ancora a calpestare i lidi del darwinismo, come si potrebbe infatti negare che le specie esistono, pur se la forma di esse è difficilmente indagabile? Tuttavia, come scrive, ad es, Adolf Portmann, la biochimica non può ignorare ciò, rinunciando a tale presupposto, a pena di ridursi a “scienza cieca”. A rigor di materialismo, infatti, le c.d. “Specie” non risulterebbero coglibili e, qualsiasi tentativo di categorizzazione volto ad esse verrebbe tacciato seduta stante come “metafisico”. Eppure, è innegabile che un cane sia differente da un albero, che gli alberi stessi fra loro abbiano connotati unitariamente percepibili, e lo stesso valga per i cani, i gatti, gli uccelli fra loro?? Non è percepibile tale reductio ad unum, pur se scientificamente non è coglibile e/o rappresentabile?!?!?!?!

La ristrettezza, d'altra parte, di considerare gli esseri viventi come meri aggregati di frammenti di realtà, credo sia stata pure sotto gli occhi dello stesso Darwin, tanto da indurlo ad intitolare il suo fondamentale trattato sull'evoluzione “L'Origine delle Specie”!!! A voler tornare indietro di qualche migliaio d'anni, potrebbe essere opportuno pure ripercorrere il “Parmenide” di Platone, ove la ragione s'inguaia fino a liberarsi, giunta alla scoperta del proprio limite nel concepire non solo l'altro da sè, bensì pure l'evolversi...

Senza intavolare una critica serrata ai danni dell'evoluzionismo, mi basta ricordare che esso è decisamente criticabile, ancora prima che per il truffaldino scacco epistemico di cui sopra, anche per le numerose falle che ne inficiano l'impalcatura sistematica. Ad esempio, vi sono troppi “missing links”, ossia mancati legami evoluzionisti tra le specie per poter giustificare induttivamente la teoria in esame. Ma lasciamo perdere....

Ciò che più mi preme rimane tuttavia, è il dichiararmi uomo libero. Lo scagliarmi contro i dogmatismi che imbrigliano la libertà, l'intelligenza, l'anima umana. Qualche somma figura chiamava l'uomo “Libero arbitrio”. Per quale motivo noi s'è costretti a sottostare ai diktat “religiosi” di un manipolo di materialisti del XIX secolo? E non si tratta di non riconoscere i meriti ad essi ascrivibili nel campo del metodo descrittivo della realtà fenomenica, bensì di rivendicare con forza il diritto di sottoporre a vaglio critico ogni posizione. A maggior ragione se essa si rivela un presupposto ideologico camuffato da scienza esatta ed intangibile. Non comprendo per quale motivo la cosmogonia – paccottiglia di Darwin debba essere preferibile a quella d'un qualunque curato di campagna che abbia la bontà di fondare decentemente le proprie teorie. O, che ne so, a quella di un Galileo, di un Newton. Che, per incidens, non credo siano proprio i “figli della serva”rispetto all'amico Charles...

Sono posizioni che hanno a che fare con la filosofia morale, con il credo d'ognuno. Imporle per principio, sanzionandone addirittura le possibili critiche, come troppo spesso si tende a fare in certi ambienti, equivale a porre una drammatica ipoteca sulla libertà di pensiero. Chi non accetta il minimo confronto su ciò che è indubbiamente discutibile dialogicamente, è senza ombra di dubbio dogmatico.

Vorrei tanto dunque che si squarciasse il velo che ottunde questa realtà, per poter nuovamente respirare, sino in fondo, la libertà. Perché è chi difende una posizione unilaterale rifiutando il dialogo, che si veste di postulati inverificabili. Non certo chi si oppone a questo asfittico operare. Questi ultimi, consci del dramma e delle potenzialità della realtà umana. sono i veri laici, liberali.

Con buona pace di tutti i Torquemada dello scientismo intransigente.

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