Trento, 18 agosto 2006
“Su De Gasperi e la Regione”
L’interessante contributo storiografico offerto da Maurizio Gentilini e la “lectio magistralis” tenuta dal prof. De Siervo rappresentano un particolare arricchimento sia del contesto politico – culturale in cui De Gasperi ebbe ad operare sia delle ragioni che hanno accompagnato il suo impegno convinto nella costruzione dell’autonomia regionale e provinciale.
Dal canto suo, De Siervo si conferma. Non solo come insigne giurista (che abbiamo avuto modo di apprezzare fin dagli anni della sua docenza in diritto costituzionale), ma pure nella linea, già anticipata in un’intervista di qualche giorno fa, che delinea De Gasperi quale convinto assertore dell’ente Regione Trentino – Alto Adige. Questa, dotata di poteri forti, finanche legislativi (novità quasi assoluta, in quegli anni), avrebbe costituito il quadro (“frame”) entro il quale le due Province, anch’esse titolari di funzioni legislative, avrebbero operato, in spirito di reale collaborazione. Il tutto non per una sorta di buonismo istituzionale di maniera, ma per creare le condizioni migliori al fine di assicurare davvero una pacifica convivenza tra i diversi gruppi linguistici residenti nel territorio regionale.
Allo stato attuale, purtroppo, la situazione pare essere ben lungi dal progetto regionale degasperiano. L’ente Regione Trentino – Alto Adige appare sempre più atrofizzato e, stando agli scenari disegnati dagli attuali governi regionale e provinciale (com’è noto, a turno i due presidenti delle Giunte provinciali si alternano a svolgere pure le funzioni di presidente della Regione; il che si commenta da solo), sembra inesorabilmente destinato a rinsecchirsi sempre più. Con gran piacere per il presidente della Provincia di Bolzano, che vede finalmente realizzasi il suo progetto di destrutturazione dell’ente Regione perseguito coerentemente negli anni. E con la complicità della maggioranza che sta governando il Trentino, la quale sul punto sta esprimendo una miopia politica senza precedenti.
Perché indebolire – forse, stando alla spoliazione di competenze effettuata nei confronti della Regione, sarebbe più consono il termine “svuotare” – l’ente regionale così come lo si è fatto negli ultimi anni, nonostante una minoranza vivace che abbia tentato in ogni modo di opporvisi, anche formulando proposte alternative, è un’azione che si risolverà a danno della stessa autonomia del Trentino. Infatti, da sempre, quantomeno sin dall’intuizione degasperiana, il “frame” regionale si è rivelato elemento forte di legittimazione dell’autonomia del Trentino. Tantopiù varrebbe oggi rafforzare il “quadro regionale” in un contesto in cui l’autonomia della provincia di Trento appare tutt’altro che scontata, a fronte delle iniziative di autorevoli presidenti di Regioni confinanti, iniziative tese a mettere in discussione non solo il nostro sistema autonomistico, ma talora perfino le ragioni che lo hanno determinato. E ad inserire questa nostra realtà nella categoria dei “privilegi” istituzionali e, più ancora, finanziari. Destinati ad ingolosire vari Comuni delle anzidette Regioni, che si sono affrettati a chiedere l’ “annessione” al Trentino autonomo ed opulento.
Per tornare al “frame”regionale, ratificato nell’Accordo di Parigi, il suo mantenimento – o comunque la sua attualizzazione, conferendo alla Regione nuovi poteri in luogo di quelli espropriatile, come si conviene ad un Ente autonomo, cioè dotato di competenze legislative – avrebbe assicurato quella funzione (tipicamente regionale) di riequilibrio della situazione. Sia nel senso di una reale tutela delle minoranze sia soprattutto per la garanzia di un equanime svolgersi dell’autonomia nei confronti dei due maggiori gruppi linguistici (italiano e tedesco), che invece oggi sembra segnare il passo (la minoranza italiana in Alto Adige non sempre è adeguatamente tutelata).
Non solo. Il reale mantenimento – se non era possibile il suo rafforzamento – del “quadro” regionale è sicuro indice di interpretazione dello spirito europeo (dovuto all’intuizione di De Gasperi, Schuman e Adenauer), che è contro le c.d. “gabbie etniche”.
In tal modo l’ente Regione rappresenta, se adeguatamente riconosciuto, tutto il suo carattere europeistico, quale istituzione capace di garantire davvero pari dignità ed eguaglianza a tutti i cittadini delle due province residenti sul suo territorio, indipendentemente dall’appartenenza al rispettivo gruppo linguistico.
Diversamente operando, come sta avvenendo ad opera delle due province, è alto il rischio di realizzare una chiusura allo spirito europeista sopra ricordato, non un’apertura, come una Regione istituzionalmente autorevole avrebbe assicurato. E’ sintomatico che siffatto quadro istituzionale regionale, ritenuto desueto dalle due province autonome, sia invece guardato con ammirazione da tutto il mondo e, in varie realtà, addirittura additato come esempio da seguire. Così, ad esempio, il “Times of India” informa che Pakistan ed India stiano pensando per il Cashmire ad una soluzione analoga a quella pensata da De Gasperi per i nostri assetti autonomisti regionale e provinciale.
Cons. Pino Morandini
Capogruppo U.D.C. Regione Trentino – Alto Adige
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