venerdì 16 maggio 2008

Crocifisso e laicità dello Stato

CROCIFISSO E LAICITA' DELLO STATO

Non intendo soffermarmi, Direttore, ringraziandola per l’ospitalità, sulla disputa circa l’obbligatorietà o meno dell’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche (anche perché definita, nel senso dell’obbligatorietà, da autorevole giurisprudenza del TAR e del Consiglio di Stato); ma cercare di dimostrare come proprio la croce sia espressione, fra gli altri, del valore della laicità dello Stato.

È notorio che il crocifisso non può essere considerato semplicemente un arredo, ma pure un simbolo, cioè un oggetto che richiama significati diversi rispetto alla sua materialità, come la bandiera o l’anello nuziale.

La laicità o aconfessionalità dello Stato - che rappresenta secondo la Corte Costituzionale, un principio supremo, emergente dagli art. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, nel quale “hanno da convivere, in eguaglianza di libertà ,fedi, culture e tradizioni diverse” (v. sent. n.440/1995) – non significa l’opposto di religiosità, bensì che lo Stato riconosce una sfera autonoma in campo religioso alla libera scelta del singolo. Per cui l’atteggiamento dello Stato deve essere “di equidistanza ed imparzialità” nei confronti di ogni fede (sent. n. 925/1988). Con la conseguenza che “credenti e non credenti si trovano sullo stesso piano” e che compito dello Stato è quello di “garantire le condizioni che favoriscano l’espansione della libertà di tutti e, in questo ambito, della libertà di religione” (Corte Cost., sent. n. 334/1996).

Va solo aggiunto come sia naturalmente essenziale in questo campo il principio di libertà; per cui non può trovare ingresso il criterio dell’opinione della maggioranza ovvero di una minoranza oppure di un singolo (cfr. Corte Cost. sent. n. 440/1995; 329/1997 e 501/2000). Con l’unica eccezione, in Europa, dell’Austria che, per una sua legge del 1949, collega l’esposizione della croce nelle scuole alla volontà della maggioranza degli alunni.

Ciò premesso, non pare dubbio che il crocifisso rappresenti anche un simbolo storico - culturale, che esprime l’identità del nostro popolo ed è sintesi efficace del percorso storico e culturale caratteristico del nostro Paese. È difficile negare che la nostra storia tormentata sia impregnata di cristianesimo; ed a cancellarla non basteranno certo una sentenza o un atto di volontà sovrana. Tant’ è che la stessa legislazione ha recepito ciò, laddove – art. 9 l. 121/1985, fonte di diritto rafforzato rispetto alla legge ordinaria - ha stabilito con contenuto generale che i principi cristiani “fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano”. Per cui, se si volesse considerare il crocifisso unicamente come simbolo storico culturale nel senso suddetto, non si avrebbe violazione della laicità dello Stato.

Ma il crocifisso non può oggi essere considerato mero simbolo storico – culturale, ma pure un simbolo religioso. Sarebbe peraltro limitativo correlare automaticamente la qualifica di tale simbolo come religioso con il divieto di collocarlo nelle aule di una scuola pubblica, senza prima approfondire la sua particolare incidenza sul concetto di laicità che si intende promuovere.

In proposito, va preliminarmente evidenziato come la croce si erga a simbolo del cristianesimo in generale, non solo del cattolicesimo, riassumendo in sé, accanto a questo, anche i valori delle altre confessioni cristiane: da quella valdese a quelle scaturite dalla riforma, da quelle ortodosse a quelle di più recente diffusione.

Ciò posto, è necessario verificare come il cristianesimo si ponga verso alcuni valori sanciti giuridicamente dalla Costituzione. È noto che il cristianesimo ed il suo fratello maggiore, l’ebraismo ( almeno da Mosè in poi), hanno fatto della tolleranza dell’altro e della difesa della dignità dell’uomo, il centro della propria fede. Specificamente il cristianesimo, contenendo “in nuce” le idee di tolleranza, eguaglianza e libertà che sono alla base dello Stato laico moderno, in particolare italiano, ha contribuito alla laicità dello stesso, come dimostrano inconfutabilmente gli stessi lavori preparatori della Costituzione. Ciò spiega pure come molti giuristi di fede cristiana siano stati in Europa e in Italia tra i più strenui assertori della laicità dello Stato.

Non è quindi azzardato affermare che la secolare contrapposizione tra Stato e Chiesa, oggi superata, abbia condotto ad un principio comune e benefico per entrambi : la laicità dello Stato, espressione in un settore particolare del precetto di tolleranza contenuto nel kerjgma (annuncio) della fede cristiana. E ciò evidenzia una consonanza tra quelle due Autorità sull’aspetto centrale rispettivamente della religione cristiana e dello Stato: per il cristianesimo, il metodo, cioè la carità, prevale sui presupposti, cioè sulla fede, e sulle finalità, cioè sulla speranza, e ciò rappresenta un “unicum” fra le religioni; per uno Stato maturo, il metodo democratico prevale sui fini, per definizione mutevoli, e sui presupposti, ormai acquisiti al senso comune dei cittadini.

Si può quindi affermare che, nell’attuale realtà sociale, il crocifisso può essere considerato non solo come simbolo di un’evoluzione storica e culturale e quindi dell’identità del nostro popolo, ma pure quale simbolo di un sistema di valori di libertà, dignità umana, eguaglianza e quindi anche della laicità dello Stato, principi questi che innervano la nostra Costituzione.

In tal modo, il crocifisso in classe presenta una valenza formativa e va considerato anche come simbolo religioso del cristianesimo, nella misura in cui i suoi valori fondanti di accettazione e rispetto del prossimo sono stati trasfusi nei principi costituzionali di libertà dello Stato. Tanto più che il simbolo della croce, diversamente da quello di altre religioni, non esclude nessuno ( se lo facesse sarebbe la negazione dello stesso cristianesimo); anzi rappresenta il segno universale dell’accettazione dell’essere umano indipendentemente dal suo credo.

Diversamente, quindi, dal pensiero di molti, che annettono alla croce un significato riduttivo, il crocifisso in classe, rettamente inteso, prescinde dalle libere convinzioni di ciascuno, non esclude nessuno, non impone e non prescrive nulla a nessuno. Ma implica solo una riflessione, necessariamente guidata dai docenti, sulla storia italiana e sui valori condivisi della nostra società come recepiti dalla Costituzione, fra cui “ in primis” la laicità dello Stato. Per fare un paragone, nessuno contesterebbe il senso simbolico dei versetti del Corano inneggianti alla misericordia divina esposti in bell’ evidenza nell’università statale di Tunisi – frequentata da cristiani, ebrei, indifferenti ed atei – oppure della mezzaluna che spicca nella bandiera della pur laica Turchia.

Pino Morandini

Nessun commento: