venerdì 16 maggio 2008

Sul dopo-elezioni 2006

12 aprile 2006

Sul dopo – elezioni

Il susseguirsi di risultati sempre più sul filo di lana, sempre più contrastanti coi rosei sondaggi che da un anno a questa parte lenivano le afflizioni del popolo left winged oppresso dal “Caimano”, hanno ad ogni piè sospinto gli exit – poll, che parevano in effetti esser stati rilevati su di un altro pianeta.

Il conseguente poter avere un risultato sicuro solo a notte fonda, e solo per un ramo del Parlamento ( seppure il più politicamente significativo), è indubbiamente una sonora sconfitta. Sul fronte della società civile, prima di tutto. La qual sconfitta fa pendant (ed è da esso acclarata) con l’esiguo vantaggio garante del numero di 340 deputati alla coalizione di centrosinistra, stimabile in circa soli 25.000 voti. Vantaggio praticamente irrilevante, come incidenza percentuale sul numero degli aventi diritto (40 milioni)!!

E così Prodi e i suoi si sono inventati una vittoria del centrosinistra. Che peraltro pare pur sempre opera di svilimento del responso delle urne. Non certo di buon gusto è stata l’autoproclamazione che Prodi ha fatto assai prima di riconoscere i risultati definitivi del Senato.

Il cuore della triste vicenda si riassume nell’ovvia constatazione che l’Unione si trova fra le mani la patata bollente d’un Paese diviso nettamente in due blocchi pressoché paritari. Divisione difficilmente ignorabile, e rafforzata dall’elevata affluenza alle urne, le quali hanno regalato un responso alla vigilia, almeno per il sottoscritto, difficilmente immaginabile. Lo scarto di uno 0,1% a vantaggio dell’Unione ed a scapito della Cdl è una velleità utile in sostanza solo a svelare la nudità di Romano II.

L’Italia è spezzata, scissa da sostanziale divergenza nella visione della società; anche se un’analisi più attenta consiglierebbe quantomeno prudenza nello sposare tale tesi: varie e molto diverse si palesano infatti le anime politico- sociali dei vari schieramenti, soprattutto per quanto concerne la compagine autoproclamatasi vincente. Se infatti all’interno della Cdl si potrebbe scorgere nell’ umanesimo liberale e democratico un ideale di fondo (marcato pure da un influsso in senso lato popolare e cattolico), impresa assai più ardua sarebbe tentare di scorgere una comune partecipazione ideale nell’Unione. Al di fuori infatti dell’antiberlusconismo più o meno ossessivo, l’interrogativo sul collante capace di sostenere Mastella e Diliberto, Fassino e Rutelli, Pannella e Bertinotti, Di Pietro e Pecoraro Scanio, rimane ancora privo di convincente risposta. Tale certamente non può infatti esser considerato il programma dell’Unione.

La foga antiberlusconiana ha contribuito, secondo il modesto parere di chi scrive, ad esacerbare il confronto, a gettarlo su di un piano meramente denigratorio. Finendo, paradossalmente, per fare il gioco del “Caimano” ( la neo-liberista Unione è caduta malamente sul terreno fiscale, ad esempio…), il quale, dopo essersi lasciato attaccare per un più d’un decennio, s’è deciso a passare al contrattacco.

Alla fine, comunque, la platea elettorale ha finito per disinteressarsi assolutamente dei programmi, trasformando lo Stivale in un enorme calderone al centro del quale, stretti in un ring, alcuni figuri si disputavano le istituzioni. E così l’Italia s’è ricompattata in un voto di duplice appartenenza, di cuore, più o meno consapevole…ed una metà esatta dei partecipanti alla consultazione s’è vista bloccare a 25000 voti dal traguardo!

In ogni caso, Prodi ha accusato il colpo.

L’ha dato a vedere: urticanti più del pareggio sono di certo lo smacco patito per aver ignorato una parte dell’Italia chiaramente divergente rispetto a certi metodi di ostracismo politico che si commenta da solo. Nel guidare una crociata contro i c.d. potenti finanziariamente, trascura forse il prof. di constatare che i potentati economici che sostengono la sinistra non son propriamente assimilabili ad una pia caritativa da oratorio. Tutto ciò in aggiunta alla comprensibile sorpresa nel vedersi sfuggire una vittoria, preannunciata come certa e debordante, osservandola mentre muta in un risultato al fotofinish.

Al di là di ciò, altro dato reale è che con le elezioni appena celebratesi, è probabilmente iniziata la fine politica del prof. Prodi. Al di là delle ovvie disquisizioni sui problemi di governabilità, v’è infatti un dato politico rilevante: se pure i voti degli italiani all’estero hanno dato una maggioranza di qualche seggio all’Unione, e se pure ad essi s’unisse qualche senatore a vita, la coalizione premiata alla Camera d’un filo non arriva ad avere al Senato che un minimo scarto di vantaggio. Inconvenienti del bicameralismo perfetto, certo. Forieri però d’una situazione di forte difficoltà e di un’oggettiva possibilità di paralisi politica; comportante possibili stralci nel programma che Prodi sbandiera da mesi.

Mi spiego. Sarebbe arduo sostenere che riforme intrise d’alta conflittualità (anche solo politica), oppure provvedimenti aventi ad esempio ad oggetto materie tradizionalmente tacciate come afferenti alla “libertà di coscienza”, potrebbero esser deliberati con una sì esigua maggioranza senatoriale. Senza contare che eventuali tentativi di forzare la stessa (porre in tali casi la questione di fiducia sarebbe più che controproducente e farebbe franare la coalizione, provocando in alternativa una frattura insanabile fra alcune ali della stessa ed il proprio elettorato ) andrebbero non solo incontro ad un rifiuto pressoché certo, ma favorirebbero dei ricompattamenti al centro ( e, probabilmente pure tra il centro e le ali moderate del centrodestra), paventati da autorevoli esponenti dell’armata Prodi come un pericolo da evitare ad ogni costo. Probabilmente pure per il comprensibile motivo che un avvenimento del genere significherebbe un ritorno ad una sorta di “pentapartito”, escludente le ali più “focose” (timore rafforzato nell’ala sinistra dell’Unione dall’approvazione della nuova legge elettorale), favorendo altresì una fuga dalla coalizione ed un notevole indebolimento della stessa sul piano politico. Cui farebbe da corollario il profilarsi d’un elastico “grande centro”…Il che, non pareva esser il terreno adatto per “ricostruire l’Italia” come tronfiamente Prodi andava predicando da mesi.

Ovviamente non considero la prassi, pur se talora consolidatasi, di governare a mezzo di decreti-legge. Tale metodo costituzionalmente aberrante, si vedrebbe smascherato in un’eventuale pronuncia della Consulta vertente su una reiterazione dei decreti, come già è avvenuto in passato… E poi, avrebbe bisogno di una forte maggioranza parlamentare.

Così il prof. che afferma di voler ricompattare il Paese, si trova dinanzi ad un bivio: o azzardare una sterzata pro amicis, andando verso la rottura totale e la polverizzazione sociale…; oppure si troverà costretto a fare una politica di obiettivi comuni e il più possibile indolore. Con l’aggravante di doverla render digeribile all’ala alla sua sinistra, nonché alla Rosa nel Pugno!

Soprattutto, si tratta, a mio avviso, dell’ultima possibilità di cui gode l’ex presidente dell’Iri. Infatti, dopo aver proclamato la vittoria, non può più avere alibi. Deve governare. Deve provare a trasformare in realtà il guazzabuglio idelogico che impiastriccia il programma dell’Unione. Deve mostrare di non esser peggio del “Caimano”. Deve almeno tentare di soddisfare la “sua” fetta d’Italia, per evitare un’emorragia di consensi che aggraverebbe il malcontento sociale, già greve. Dovrebbe provare a conquistare, amorevolmente, l’Italia profonda cui non ha ispirato fiducia, tenendo presente che, stando ai dati, non sono con lui tutte le Regioni del Nord (eccettuata la nostra), qualche Regione del Centro e anche del Sud (Sicilia, Puglia, Lazio). E non dimenticando che la vera anomalia, poco italiana, è nella sua coalizione, se si pensa che la Margherita ha il 10%, i DS il 17,5% e quasi tutto il resto dell’Unione è praticamente “antisistema”.

Lavoriamo affinché nascano una seria Casa dei moderati ed un altrettanto serio centrosinistra, che sappiano ricompattare il Paese pur nella dialettica delle diversità, dando all’alternanza una valore sostanziale e non meramente formale, di mera scansione temporale. Coalizioni capaci di basarsi sui contenuti di programmi reali e socialmente fondati, non meramente basati sull’antagonismo e sulla damnatio memoriae…Coalizioni che, per ora, almeno in Italia, appartengono solamente ad un fiabesco immaginario? Parafrasando un cattolico liberale, sarei tentato di dire, non senza rammarico “Ai posteri l’ardua sentenza”.

Cons. reg. Pino Morandini

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