venerdì 16 maggio 2008

d.d.l. 136 sulle alternative all'aborto respinto: considerazioni

Trento, 26 gennaio 2006

La Quarta commissione permanente del Consiglio provinciale ha respinto questa mattina un provvedimento da me presentato assieme ai consiglieri Bertolini, de Eccher, Andreotti e Delladio, con il quale si voleva dare piena attuazione a quanto disposto dalla legge 194 in materia di tutela sociale della maternità e interruzione volontaria della gravidanza, favorendo ed estendendo il diritto all’informazione con la finalità di aiutare tutte le donne che per le più svariate motivazioni si trovano in difficoltà con l’accettazione della gravidanza.

La proposta, mirante a dare attuazione alla parte preventiva della legge 194, è stata ritenuta non solo inaccoglibile, ma nemmeno degna di discussione nel merito, in quanto bloccata da un ordine del giorno (presentato dal gruppo dei DS e votato anche dalla Margherita) che ne ha impedito la discussione articolata.

Tutto ciò nonostante il sottoscritto si sia mostrato disponibile – attraverso la presentazione di emendamenti – a modificare il testo nelle parti che avevano sollevato qualche riserva, relative alla presenza dei volontari per la vita nei Consultori e alla garanzia della riservatezza.

A fronte di questa apertura e disponibilità, la maggioranza di governo ha anteposto la logica dell’appartenenza e del pregiudizio ideologico, nonostante l’evidente disagio in cui si sono trovati i consiglieri della Margherita Viganò e Lunelli che pur hanno condiviso la delicatezza dell’argomento ed il dramma in cui si trovano molte donne, lasciate sole ad affrontare una decisione dai risvolti umani e psicologici dirompenti.

Nel rispetto della superatissima logica di schieramento, tantopiù su temi di tale portata, si è voluto impedire la discussione su un problema che, per entità numerica (1.316 aborti nel solo Trentino nel 2004) e risvolti umani, ha estremo bisogno di provvedimenti legislativi precisi e chiari al fine di garantire alla donna che chiede l’aborto il diritto ad una completa informazione (c.d. consenso informato) sia sugli aiuti possibili sia sui rischi fisici e psichici dell’aborto, ecc. e ad una maggiore attenzione al problema della prevenzione.

In presenza di dati allarmanti e della situazione per la quale nella stragrande maggioranza dei casi a chi ricorre al consultorio non viene prospettata alcuna alternativa, non bastano impegni verbali, occorrono strumenti legislativi che garantiscano informazione, tutela e soprattutto aiuto a superare lo stato di tremenda solitudine in cui viene a trovarsi la donna. E debbono essere legislativi, considerata la posta in gioco sia per la madre sia per il figlio.

E’ quanto si proponeva la legge da me presentata. Ha invece davvero stupito e amareggiato la chiusura ideologica e preconcetta dimostrata da D.S. e Margherita, il cui esito ricade ancora una volta sulle donne in condizioni di particolare difficoltà, cui viene in tal modo negato quel diritto ad una compiuta informazione, che è ormai richiesto ovunque per pratiche mediche ed anche per molte pratiche farmacologiche.

Pino Morandini

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