giovedì 15 maggio 2008

Lettera al Papa

Trento, 1° aprile 2005

Caro Giovanni Paolo II°,

in queste ore angosciose di attesa, nella speranza che qualche buona nuova venga dal bollettino medico, il cuore e la mente si stringono in un abbraccio di sofferenza non disgiunta da serenità. Il pensiero corre a quell’ultima indimenticabile lezione che ci hai dato nella tua sofferta domenica di Pasqua: a quel silenzio eloquente che parla ancora di più, e più forte, a mostrare quasi il significato delle parole pronunciate negli anni del tuo pontificato. Hai parlato come un profeta in tutti quegli anni, alzando alta la tua voce, per richiamare i popoli ai valori della vita umana e cristiana, a quelli della pace e della giustizia, a quelli capace di elevare la persona umana. Implorando di desistere dalla violenza, di evitare le guerre, di non calpestare la dignità dell’uomo, dal concepimento all’ultimo respiro.

Molte volte non sei stato ascoltato ed ora questo silenzio assomiglia tanto a quello di Cristo che stende le braccia sulla Croce, offrendo se stesso. Forse che il tuo forzato silenzio da qualche giorno non potrebbe significare che l’umanità, che spesso non ha saputo ascoltare, ora, di fronte al silenzio di Dio, può finalmente apprezzare il valore della Parola cha ha ignorato? Non è forse questo silenzio la sintesi di tutti i “silenzi” dei poveri senza voce e senza difesa, delle vittime dell’odio e della guerra, degli innocenti soffocati e uccisi? Di tutti coloro che sono condannati all’immobilità o imprigionati in un corpo, di coloro che si sentono deboli ed inutili?

Quanta grazia e quanta forza di salvezza scaturiscono dalla tua sofferenza.

E quel volto sfigurato ricorda davvero il brano del servo di Jahvè, di cui parla Isaia, controluce della figura di Gesù.

Questa sofferenza e questo silenzio forzato hanno la stessa efficacia della voce tuonante con cui iniziasti il tuo pontificato, invitando con voce virile ogni uomo a spalancare le porte a Cristo. Per questo, dobbiamo ricordarci che la tua fatica non è solo di oggi. Il tuo pontificato è stato un continuo consumarsi per gli altri sulle strade del mondo, anche se oggi nell’uomo dei dolori questa fatica è maggiormente visibile. E proprio in una società che rimuove il volto sfigurato e che considera la salute quasi l’unico bene, la tua è una testimonianza indimenticabile: si incide nel nostro cuore come un forte invito a volgere lo sguardo su tanta umanità malata che incontriamo ogni giorno, e ci mostra un volto del mondo che abbiamo sempre la tentazione di rimuovere. E ci insegna che non è solo ciò che ha prestanza ad avere valore davanti agli occhi di Dio.

Ti accompagniamo pregando, con affetto e con ammirazione. Memori di questo tuo silenzio pieno di significati, silenzio di cui proprio l’odierna società ha particolare bisogno, come antidoto alla cultura della banalità che spesso la domina; ma silenzio accompagnato dal gesto della benedizione, quasi a voler sempre dire il bene dell’umanità, raggiungendo in tal modo, come hai sempre fatto, ogni persona indipendentemente dalle appartenenze ideologiche o religiose. Grazie, anche perché ti sei fatto prossimo fino al dolore fisico profondo, esperienza, questa, che tutti ci accomuna.

E grazie perché con la tua immagine ci mostri come pure nell’umana fragilità rimanga potente l’azione di Cristo.

Pino Morandini

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