Trento, 31 marzo 2005
A PROPOSITO DI SCUOLE PARITARIE.
Mi sia consentito di interloquire con Vincenzo Bonmassar, non certo per alimentare la polemica che caratterizza alcune sue affermazioni (financo offensive verso i docenti delle scuole paritarie), ma per controargomentare pacatamente sulla scorta di ragioni che non paiono fuori luogo.
Preliminarmente, ritengo davvero perdente per tutti contrapporre la scuola statale a quella non statale (non “scuola privata” come il mio interlocutore ama definire, atteso che anche quella non statale offre all’intera comunità un servizio di pubblica istruzione, riconosciuto dalle istituzioni) e debbo purtroppo annotare come, diversamente da quanto afferma Bonmassar, non sempre viene onorato nelle scuole statali l’obbligo del rispetto delle opinioni e dei convincimenti degli alunni e delle loro famiglie.
Si commenta, poi, da solo, per la sua infondatezza l’assunto per cui le scuole non statali “non credono ai principi…delle libere scuole pubbliche…” e si rifarebbero “…sostanzialmente al Codice canonico…”. Basta solo rinviare alla abbondante normativa statale, costituzionale e ordinaria, nonché provinciale, che fonda la piena legittimità delle scuole paritarie; per venire alle statuizioni più recenti, la legge n. 62/2000, dispone come “Il sistema nazionale di istruzione…è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie…”. E parimenti decisive appaiono, quanto all’aspetto più propriamente religioso, le norme sul Concordato contenute nella nostra Carta costituzionale.
Quanto poi al personale docente, è notorio che esso è assunto dalle scuole paritarie sulla base di ben precisi requisiti professionali (laurea, ecc.) e di qualità; quindi, alla stregua di criteri oggettivi, conferendo a dette assunzioni quella dignità e quella trasparenza al cui confronto appare ridicola l’affermazione per cui la qualità dell’insegnante sarebbe elemento “accidentale”.
Sostenere, in aggiunta, che la pubblica moralità sarebbe danneggiata dai valori pubblici definiti dal progetto educativo della scuola non statale, induce a ritenere che il nostro o non conosca il contenuto di quei valori (può sempre informarsi) o confonda concetto e sostanza di pubblica moralità. Analogamente è a dirsi a proposito della “libertà”: mi rendo conto che probabilmente io e Bonmassar la concepiamo diversamente. Ma, al di là di ciò, quel che qui rileva è l’esperienza che se ne fa, come famiglia e come istituto scolastico. Avendo avuto figli frequentanti sia la scuola statale che quella paritaria, posso rendere pubblica testimonianza della libertà reale che caratterizza anche la scuola non statale. Semmai “l’illiberalità” sta proprio nel discriminare quest’ultima, sulla scorta di argomenti spesso ideologici, ignorando, fra l’altro, che pure le scuole paritarie annoverano docenti abilitati in scuole statali, ecc..
In conclusione, alcune domande:
1) Il docente nella scuola paritaria non è un extraterrestre; perché, in un contesto culturale teso a conferire pari opportunità agli stranieri, si fa discriminazione tra lavoratori connazionali dello stesso comparto (scuola) e sulla scorta di motivazioni di parte?
2) Il fatto che le famiglie richiedano diffusamente la scuola paritaria per i propri figli, talvolta mutando scuola anche in corso d’anno, non è segno che individuano in essa un ambiente particolarmente adatto alla loro crescita armonica?
3) I docenti delle scuole paritarie sono spesso sostenuti nel loro cammino di apprendimento della didattica “sul campo”; sovente si inseriscono nelle scuole provinciali con un sostanzioso bagaglio di esperienza e di preparazione; non è forse questo un vantaggio per le scuole provinciali? Perché non si riconosce il ruolo di supporto che le scuole paritarie svolgono in questo senso?
4) E’ possibile avere la parità di contributo per i docenti degli alunni diversamente abili? Perché solo un contributo parziale e non pieno, nonostante la summenzionata enunciazione “paritaria” contenuta nella legge 10/03/2000, n. 62?
5) Se vogliamo davvero “essere europei”, perché non si garantisce una parità anche finanziaria alle scuole paritarie, come accade nel resto d’Europa? Se così avvenisse, in quelle scuole si potrebbero accogliere pure alunni e studenti extracomunitari, che oggi spesso non sono in grado di sostenere il relativo onere economico a causa della mancata parità finanziaria.
Cons. Pino Morandini
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