giovedì 15 maggio 2008

Lettera aperta a Margherita Cogo e Fulvio Ceol

Trento, 2 agosto 2005

LETTERA APERTA A MARGHERITA COGO E FULVIO CEOL

Il dispositivo della mozione che ha visto insieme nella votazione e nel dibattito, parte della maggioranza e della minoranza, relativamente all’annoso problema della parità scolastica, con riferimento alla diversità di punteggio tra docenti delle scuole statali e docenti delle scuole non statali, ha rinfocolato il dibattito.

Cogo e Ceol, rispettivamente Assessore alla cultura e responsabile del settore scuola della C.G.I.L., non hanno esitato ad intervenire, ribadendo posizioni sì legittime, ma che mi sembrano ormai superate e a tutti non fondate sul piano giuridico.

Preliminarmente ritengo davvero perdente per tutti il contrapporre la scuola statale a quella non statale. Non “scuola privata”, come molti amano ancora definirla, ma “non statale”, atteso che anch’essa offre alla comunità un servizio di pubblica istruzione riconosciuto dalle istituzioni.

Quanto al dato legislativo, è noto come la Provincia di Trento, fin dal 1990 (l.p. n. 29), avesse riconosciuto come al nostro sistema scolastico partecipano a pieno titolo anche gli istituti non statali parificati, tant’è che concede ad essi contributi in presenza dei requisiti contemplati dall’articolo 15 della citata legge provinciale.

Analogamente, la legge (statale) n. 62/2000, definendo il sistema scolastico integrato, sancisce che “il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall’art. 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali”. Tant’è che è spettato alle Regioni – per noi, alla Provincia Autonoma – recepire siffatta disposizione dello Stato. E la Giunta provinciale lo ha fatto con deliberazione 31/08/2000 n. 2171, riconoscendo la parità scolastica agli istituti in possesso dei relativi requisiti.

Per quanto poi attiene all’aspetto più propriamente religioso, mi pare siano assai importanti le norme sul Concordato contenute nella Costituzione.

Mi pare fuori discussione che l’obiettivo di detto sistema scolastico sia quello di porgere alla comunità un servizio di qualità, che significa avere di mira la formazione integrale della persona umana. Con la conseguenza che l’attribuzione di identico punteggio significa riconoscimento della stessa professionalità.

In conclusione, vorrei porre ai miei interlocutori alcune domande:

1) Il docente nella scuola paritaria non è un “estraneo”; perché, in un contesto culturale teso a conferire pari opportunità agli stranieri, si fa discriminazione tra lavoratori connazionali dello stesso comparto (scuola) e sulla scorta di motivazioni di parte?

2) Il fatto che le famiglie richiedano diffusamente la scuola paritaria per i propri figli, talvolta mutando scuola anche in corso d’anno, non è segno che individuano in essa un ambiente particolarmente adatto alla loro crescita armonica?

3) I docenti delle scuole paritarie sono spesso sostenuti nel loro cammino di apprendimento della didattica “sul campo”; sovente si inseriscono nelle scuole provinciali con un sostanzioso bagaglio di esperienza e di preparazione; non è forse questo un vantaggio per le scuole provinciali? Perché non si riconosce il ruolo di supporto che le scuole paritarie svolgono in questo senso?

4) E’ possibile avere la parità di contributo per i docenti degli alunni diversamente abili? Perché solo un contributo parziale e non pieno, nonostante la summenzionata enunciazione “paritaria” contenuta nella legge 10/03/2000, n. 62?

5) Se vogliamo davvero “essere europei”, perché non si garantisce una parità anche finanziaria alle scuole paritarie, come accade nel resto d’Europa? Se così avvenisse, in quelle scuole si potrebbero accogliere pure alunni e studenti extracomunitari, che oggi spesso non sono in grado di sostenere il relativo onere economico a causa della mancata parità finanziaria.

Cons. Pino Morandini

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