Trento, 02 marzo 2005
Esprimo sincero apprezzamento per il dibattito avviato da questa testata in merito alla fecondazione artificiale ed auspico che esso sia caratterizzato dalla varietà delle opinioni e dal rispetto della “par condicio”, vista l’importanza della posta in gioco. In proposito, con riferimento ad un recente intervento (dott. a Beccara), ritengo di dovere esprimere alcune considerazioni, per le quali vi chiedo ospitalità.
1. La paura del c.d. integralismo.
E’ noto che è considerato integralista l’atteggiamento che tende a trasporre “pari pari” le posizioni della fede nelle leggi e nei provvedimenti. La cultura dominante definisce “integralista” l’azione di chi, in particolare sulle frontiere iniziali e terminali della vita umana, tende ad attivare, anche nel campo politico ed amministrativo, iniziative tese a promuovere e a tutelare i diritti dei soggetti coinvolti. Mi permetto di dissentire convintamene da questo atteggiamento culturale. Infatti, qui non c’entra la fede. Non intendo sminuirne la funzione. Anzi essa illumina d’Immenso ogni impegno per la vita umana.
Ma su questo versante non è necessario scomodare la fede. Perché la presente questione si colloca sul versante, squisitamente laico, della tutela e della promozione dei diritti umani fondamentali, a partire dal diritto alla vita. Per cui battersi a vari livelli affinché quei diritti siano riconosciuti anche ad esseri umani prima di nascere, non mi pare né posizione integralista od oscurantista né atteggiamento ideologico. Anzi, in un’epoca contrassegnata dall’estensione dei diritti di cittadinanza, essa si situa nel cuore della modernità, allargando il riconoscimento di quei diritti a soggetti cui a tutt’oggi essi sono negati.
2. L’embrione umano. Anche qui non c’entrano le ragioni della fede, bensì della biologia e della medicina. La quasi totalità della classe medico-scientifica dichiara che fin dal momento della fecondazione si è in presenza di un essere umano, in atto, non solo in potenza. Vedasi, in proposito, la dichiarazione medico-scientifica e quella giuridica, sottoscritta da più di 300 tra rettori universitari e cattedratici italiani nel campo della scienza e della medicina e da altrettanti cattedratici nel campo del diritto, di cui ha dato ampia pubblicazione il quotidiano il “Corriere della Sera” il 22/04/2002. Lo stesso Rapporto edittato dalla Commissione Wornock (commissionato dal Parlamento inglese), che formulò la tesi del pre-embrione (fino al 14° giorno dal concepimento), dichiarò che non si trattava di una tesi avente fondamento scientifico, ma solo del frutto di una mediazione per coinvolgere per intero i membri di detta Commissione.
Taluno, peraltro, arriva a negare la qualifica di persona per quegli esseri umani, in quanto caratterizzati da vita unicamente vegetativa e comunque non razionale, ecc..
Accade purtroppo a molte persone di dover condurre una vita vegetativa, non razionale, o simili (si pensi a che è in rianimazione, a certi tipi di handicap psichico, ecc.). Forse che per questo esse cessano di essere persone? Analogamente, appare datata la “tesi dell’anima” formulata da S. Tommaso, in quanto, all’epoca, non esistevano né l’ecografo né la conoscenza del DNA ecc…
Quanto agli embrioni “costruiti” prima della legge e conservati da allora nel congelatore, può apparire suggestiva la tesi di coloro che ne propongono l’utilizzo per guarire adulti affetti da varie patologie, considerato che comunque si tratterebbe di embrioni destinati a perire o ad essere gettati. A parte il fatto che la ricerca è tutt’altro che certa, sino ad oggi, circa l’efficacia terapeutica di quanto ricavato dagli embrioni, tantopiù da quelli congelati, resta dirimente la questione etica concernente l’utilizzo di esseri umani per curarne altri. Né rileva il fatto che quelli sono destinati alla morte, sorte a cui è destinato ogni essere umano e che non per questo ne giustifica l’utilizzo (per quanto a fin di bene) fino al punto di anticiparne l’“esodo terreno”. Mi permetto infine di annotare che in vari pareri (vedansi per tutti quelli formulati il 22/6/96 e nel 2003) il Comitato Nazionale di Bioetica ha decretato che l’embrione umano va trattato “come persona”.
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